Vent'anni senza vita

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Logan Pov's

Un ringhio basso e dei lemmi poco comprensibili abbondano le mie labbra tremanti e colanti del nettare divino. Cammino barcollante tra i corridoi dell'enorme palazzo infernale, rischiando più volte d'inciampare sui miei passi. Mi accascio contro il muro per qualche istante, guardo il soffitto che vortica e mi rialzo con meno stabilità di prima. Proseguo lungo il corridoio con occhi vacui e lo stomaco sottosopra mentre ingoio del vomito causato dall'eccesso di alcool presente nel mio corpo. Avverto le energie abbandonarmi ed il corpo infiammarsi come se fosse infetto. La camicia malamente sbottonata ed i pantaloni neri leggermente sporchi della vivanda appena ingerita chiariscono meglio la mia situazione di totale instabilità morale e fisica. Tutto ad un tratto i miei piedi s'incastrano ed il mio corpo s'inclina pericolosamente in avanti. Prima però che possa capitombolare per terra, due forti braccia mi sorreggono da sotto le ascelle e due occhi ormai familiari mi scrutano addolorati.

«Ehi Caleb!» Urlo e rido a causa dell'eccesso di alcool presente nel mio corpo. «Credo di star migliorando, sai?»

Di tutta risposta lo sento sospirare pesantemente ed ingoiare l'amarezza ed il dolore causato unicamente da me. Nessuno dei due parla ma entrambi rimaniamo consapevoli del motivo che mi ha spinto a vivere in questo modo. Dopo non so quanto tempo arriviamo finalmente nella mia camera da letto. Caleb tira un potente calcio contro la porta, facendola inevitabilmente sbattere contro la parete. Mazikeen sobbalza per lo spavento, avvicinandosi poi rapidamente a noi. Questa notte indossa unicamente una camicia striminzita color cremisi, lasciando ben in vista le sue gambe sode e lattee, proprio come il suo seno tondo e chiaro come la luce lunare. Immediatamente s'appresta a sorreggermi, aiutando di conseguenza Caleb ormai stremato.

«Non ci credo!» Grida con la sua voce altamente stridula. «È nuovamente ubriaco?»

La succube si finge allarmata dal mio stato e ciò mi provoca unicamente ribrezzo. Con uno scatto deciso m'allontano sia da lei che da Caleb, inspirando a pieni polmoni l'aria malsana infernale.

«Sei pienamente consapevole che mi è impossibile perdere totalmente il controllo.»

La mia voce esce grave ed estremamente aspra, ma non m'importa. Nulla è importante adesso! Sono solo. Lo sono da più di vent'anni.

«Calmati ed ascoltarmi!» Mi rimprovera Mazikeen con sguardo tagliente. «Diamine! Sono tua moglie!»

Avverto il sangue pulsare più rapidamente, gli occhi bruciare per l'ira e lo stomaco arrovellarsi per l'agitazione. Mi avvicino minacciosamente a lei, sputandole quasi sul volto non puro tutto l'odio che provo verso di lei e tutti coloro che hanno partecipato alla mia sua morte. Tutti!

«Tu? Tu! Tu sei solo una spregevole succube! Una demone che si diletta unicamente nell'arte carnale.» Le riverso tutto il mio astio. «Mio padre mi ha costretto a sposarmi con te. Lui! Soltanto lui! Ed ora non illuderti d'esser importante ai suoi occhi in quanto ti scelse unicamente perché mi conoscevi già. Lui sapeva bene che a te non sarebbe importato di andar a letto con un Nephilim che non ti ama perché per te nulla ha prezzo se non la soddisfazione carnale. Nulla!»

Le urlo contro tutto quello che non le ho mai rivelato in tutti questi anni mentre avverto il sangue scorrere irregolarmente nel mio cuore ed il corpo colmarsi di veleno. Veleno puro. Improvvisamente alcune guardie accorrono in camera, ma subito Caleb li blocca sulla soglia, invitandoli ad andar via. I miei occhi sono puntanti ancora sulla succube dinanzi a me che non piange, non urla, non fa nulla se non ricambiare lo stesso sguardo impregnato di sangue. È in momenti come questi che ringrazio colui che è sopra di noi per avermi dato una spalla sulla quale riversare tutti i miei turbamenti e dolori: Caleb. Furioso come non mai, mi volto, dando le spalle alla suddetta moglie.

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