72. Mio caro angelo senza speranza

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Allora è vero, soffre di amnesia. Non si ricorda nemmeno di me.

Lui continua a guardarmi confuso, così decido di essere disinvolta e stamparmi in volto un bel sorriso, nonostante abbia solo voglia di piangere.

«Signor Albert, sarà affamato, perché non mangia qualcosa?» esclamo entrando nella stanza e appoggiando il vassoio su un tavolino. «Inoltre non dovrebbe alzarsi così presto, è ancora molto debole.»

Si avvicina a me, disorientato.
«Dove mi trovo?» chiede, con voce flebile.

«In America. Siamo a Chicago, nell'ospedale Saint Joan.» rispondo, cercando di non far trapelare agitazione e continuando a sorridere.

«Dunque siamo in America...» sussurra Albert, e noto che le sue pupille si dilatano, come se avesse appena appreso una bellissima notizia. «A Chicago.»

Si porta una mano alla fronte e barcolla, cominciando a farfugliare ripetutamente le parole "America" e "Chicago".

«Signor Albert, stia tranquillo!» lo faccio stendere nel letto, preoccupata. «Non deve affaticarsi così.»

«Chi sarebbe questo Albert? Perché continui a chiamarmi in quel modo?» chiede confuso.

«Mi scusi, Albert è il nome di mio fratello.» mento, con voce tremolante. Devo calmarmi. «Lei gli somiglia molto, e allora ho usato quel nome per identificarla. Le dispiace?»

Si alza a sedere, portandosi una mano in fronte.
«No, va bene... usa pure il nome di tuo fratello.»

Sorrido dolcemente.
«Non si preoccupi, vedrà che quando si rimetterà, le tornerà anche la memoria pian piano. E saprà qual è il suo vero nome.» esclamo, cercando di tranquillizzarlo. «Non sembra, ma le garantisco che sono un'autorità nel campo, studio le amnesie da anni! Faccia come le dico e vedrà che andrà tutto bene.» aggiungo ridacchiando, cercando di assumere un tono saggio.

Lui annuisce debolmente, poi punta i suoi occhi nei miei.
«Invece tu...»

«Il mio nome è Candy White Andrew, ma puoi chiamarmi Candy!»

«Signorina Candy...» ripete lui lentamente.

«Mi chiami solo Candy, la prego.» come hai sempre fatto da quando ti conosco, vorrei aggiungere.

Ad un tratto Popi sale nel letto, ridacchio e le accarezzo la testa.
«E questa bella puzzola invece? Pensavo di chiamarla Popi, che ne dice? Dopotutto anche tu hai bisogno di un nome, giusto Popi?» le faccio l'occhiolino scherzosamente.

Albert comincia a giocherellare con Popi, sorrido teneramente a questa visione. Se adesso gli dicessi che lo conosco, rischierei di confonderlo e basta. Non è ancora il momento. Devo avere pazienza, potrebbe volerci del tempo. Io aspetterò, e gli starò vicino finché non gli tornerà la memoria.

***

Dopo aver bussata Susanna entra di corsa dalla porta, sbuffo scocciato.

«Ho delle fantastiche notizie che non vedevo l'ora di condividere con te!» mi sorride raggiante. «Ah, ti ho portato qualcosa da mangiare. E anche dei fiori freschi.» esclama, appoggiando il tutto su un tavolino.

«Grazie, ma come hai fatto a trovarmi?»

«Ho chiesto al manager della compagnia.» risponde, avvicinandosi a me.

Annuisco con aria distratta.
«E quali sarebbero queste belle notizie?»

«Non mi offri nemmeno qualcosa da bere prima?» ribatte, speranzosa.

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