77. Quei momenti

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Scendo dal treno, e una folata di vento e neve gelida mi investe. Sono finalmente arrivata a New York, il viaggio sembrava seriamente non finire mai.

Mi faccio spazio tra la gente, iniziando a cercare Terence. Ci sono davvero tante persone, spero di riuscire a trovarlo. Il mio cuore batte a mille per l'emozione, sono così contenta. Finalmente potremo passare un po' di tempo insieme.

Però deve essere in ritardo. Mi siedo su una panchina e lo aspetto. Chissà come reagirà alla mia vista? Forse mi farà uno dei suoi soliti sorrisi, e mi chiamerà per nome con la sua bellissima voce...

Qualcuno posa una mano sulla mia spalla, sussulto spaventata e mi giro di scatto, e nell'alzarmi in piedi per poco non scivolo nel pavimento bagnato dalla neve.

Ma la persona che mi ha toccata mi prende al volo, all'inizio non capisco subito chi è, la sciarpa gli copre il volto ed ha un cappello con la visiera. Ma appena incrocio i suoi occhi e mi rimetto dritta in piedi, mi rendo conto che sono i stupendi occhi blu di Terence.

«Terence...» sussurro, in preda all'emozione.

Lui si toglie la sciarpa e il cappello, i capelli castani che ha fatto crescere gli arrivano ormai alle spalle, mi sorride scherzosamente.
«Noto con piacere che sei sempre la stessa, Candy.»

Io non riesco a muovermi, non pensavo di agitarmi così tanto appena lo avrei visto. Ma sono così contenta, ci siamo ritrovati alla fine. È proprio qui, davanti a me, che mi guarda in attesa che io dica o faccia qualcosa. I suoi occhi brillano, è così bello...

***

Dei fiocchi di neve si sono posati tra i suoi riccioli biondi, mi avvicino e gliene tolgo alcuni. Mi sorride imbarazzata e arrossisce leggermente. Quanto vorrei abbracciarla... ma ho paura che se lo facessi, poi non sarei più in grado di lasciarla andare.

Ci avviamo verso un bar qui vicino e ci sediamo ad un tavolo, lei come al solito inizia a parlare ininterrottamente. Quanto mi era mancata.

«Terence, sembri più maturo.» mi fa notare. «E sembri anche cresciuto in altezza.» ridacchia e prende un morso della sua brioche, la osservo mentre i suoi occhi verdi si posano fuori dalla finestra. È così bella. Di una bellezza così pura, che fa male.

«Può darsi, e tu?» chiedo a mia volta, sfiorandole la mano con la mia. Sento dei brividi percorrerle il punto in cui l'ho sfiorata, adoro l'effetto che le faccio. E che lei fa a me.

«Io nemmeno di un centimetro.» esclama, imbronciata. Arriccia il nasino e le sue lentiggini sembrano quasi muoversi.

Scoppio a ridere, era da tanto che non ridevo così.
«Non te la prendere! Sei sempre stata una nana in confronto a me.»

«Ah, ora il nuovo nomignolo è nana? Speravo ti fosse passata l'abitudine dal collegio.» incrocia le braccia al petto, fingendo di essere offesa. «Non ti ricordi? Mi chiamavi sempre "signorina tutte lentiggini" o usavi altri nomignoli odiosi...»

Come potrei dimenticarmi di quei bellissimi momenti.
«Scusa, ora come ora non lo farei più!» sorrido. «Ormai stai studiando per diventare infermiera, non posso più dirti cose del genere.»

«In realtà sono un'infermiera a tutti gli effetti!» mi fa l'occhiolino.

Rimaniamo a fissarci per qualche secondo, sorridendo.
«Non vedevo l'ora di rivederti...» mormora poi lei.

Le sorrido dolcemente, prendo la sua mano appoggiata nel tavolo e la faccio intrecciare con la mia.
«Lo stesso vale per me.»

Ho sempre sognato questo nostro incontro, non voglio più separarmi da lei.

White roses & freckles Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora