Capitolo ottantadue

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~~~ STEFAN ~~~

Con il cuore che batte all'impazzata apro lentamente la porta, c'è un silenzio assillante e non capisco se è perché le mie orecchie hanno smesso di funzionare o perché il rumore del mio cuore é talmente forte da oscurare quello dei clacson e delle auto che corrono sull'asfalto cocente.
Le mani mi tremano, abbasso leggermente la maniglia ed entro scaltro. Lento. Come se fossi un fantasma appena uscito dalla casa degli orrori.

<<Sophie sei tu? Come hai fatto ad essere già qui se...>> grida Camilla dall'altra stanza facendosi sempre più vicina, finché non mi vede e resta immobile.
Sgrana gli occhi e mi guarda con uno sguardo misto tra terrore e sollievo.
Deglutisce e poi socchiude nuovamente le labbra per prendere un po' di più di quell'aria che i polmoni necessitano per respirare.
Si, mi sento anche io così, ma non dico nulla, resto fermo a guardarla ancora per qualche secondo.

<<Grazie>> affermo. É la prima cosa che mi viene in mente, e quella più sincera di tutte. Non meritavo nulla, ne io ne il mio cognome da parte sua.

<<Okay ...>> sussurra <<... ora sei libero>> aggiunge, sempre con un soffio di fiato.

Mi avvicino lentamente verso di lei, che prima indietreggia poi si arrende a se stessa e alle sue emozioni perché so che mi ama ancora, ne ho bisogno.
Mi guarda con quegli occhi che tanto ho amato, così belli che sono diventati con il tempo il mio incubo più frequente.

<<Cosa vuoi?>> domanda come se avesse appena corso una maratona di molti chilometri.
Trovare le parole giuste non è facile, sono stato un perenne bastardo con lei anche quando non lo meritava, e pensandoci non é mai stato così.

<<Voglio te>> rispondo sincero.

<<É troppo tardi Stefan...>> sospira <<... mi volevi anche quando mi trattavi come uno straccio? Quando mi umiliavi come donna? O quando l'unica cosa che sapevi dirmi era quanto mi odiassi? Io sono sempre stata coerente con i miei sentimenti, lo sono stata quando me ne andai così come adesso che sono ritornata per aiutarti. Ma questo non cambia le cose, non ha mai cambiato nulla>> aggiunge.
La freddezza che emana pronunciando queste parole é disarmante, mette i brivido e resto pietrificato come un coglione che ha appena ricevuto un pugno in un occhio a sangue freddo.

Parliamoci chiaro, non é che mi aspettassi che lei fosse qui, magari nuda, ad aspettarmi a braccia e gambe aperte con il cuore pronto a resistuirmelo, ma ci speravo, cazzo se ci speravo.

<<Lo so, hai ragione, ma cambia qualcosa se ti dico che ero arrabbiato? La mia vita quando non c'eri più si distrusse, in mille pezzi e l'unica cosa che mi rimase fu la rabbia. Una rabbia potente da proteggermi da tutto, poi però ti ho rivista e il mio mondo ha vacillato. Ho conosciuto Sammy e mi sono affezionato a lui ancor prima che sapessi che fosse mio figlio. Ti ho punita perché ero talmente terrorizzato dall'idea che tu avevi trovato la felicità in una persona che non ero io, da farmi dare di matto. La verità che si celava sotto tutta questa storia mi ha rovinato, mi sono sentito un verme e tutt'ora mi sento così. Forse ti sembro presuntuoso, ma la realtà é che più di volerti è che ho bisogno di te!>> esclamo sincero.

La sua espressione si addolcisce, i suoi occhi diventano lucidi, temo voglia piangere e non capisco se per gioia o amarezza che questa volta sia tutto finito, davvero.

<<La rabbia non basta per giustificare certi comportamenti, perché, diamine Stefan, quella più arrabbiata ero io. Il mio sogno é andato perso così come ogni cosa in cui avevo creduto capisci? Eppure sono sempre stata la stessa persona di un tempo.>>

<<Mi dispiace>> sussurro con un filo di voce.

<<Anche a me ...>> lentamente si avvicina e con le labbra bollenti mi schiocca un dolce e lungo bacio sulle labbra. Nulla di volgare, ma solo triste. Le nostre bocche vengono bagnate da una sua lacrima che riga sul suo viso stanco <<...ma questo é un addio Stefan>> conclude. Si stacca per permettere a quella freddezza di qualche attimo prima di ritornare.

<<É quello che vuoi veramente Camilla?>> domando sperando che cambi idea.
Annuisce, per un istante distoglie lo sguardo ma poi torna a guardarmi dura e capisco che l'unica cosa giusta da fare ora è andare via.

<<Addio>> esalo. Resta ferma, mi guarda allontanarmi senza accompagnarmi nemmeno alla porta.
Lascio le chiavi sul tavolino all'entrata e me ne vado.
Ho il cuore a pezzi, vorrei piangere, ma non ci riesco così l'unica cosa più stupida che riesco a fare é sferrare un pugno contro il muro da spaccarmi tutte le nocche della mano destra.

Il sole sta calando, mi sembrano passi solo pochi minuti in sua compagnia eppure, guardando l'orologio, mi rendo conto di essere stato lì quasi un'ora. Abbiamo speso piu tempo in silenzio che a parlare, ma va bene così. É colpa mia porca puttana e adesso non posso fare nulla per rimediare.
Chiamo un taxi e senza che ce ne sia bisogno di parlare, l'uomo muletto dai capelli brizzolati mi accompagna a casa, perché tutti sanno dove abita questo pezzo di merda ricco sfondato che sono.

Una volta arrivato mi getto sul divano, con la mia solita bottiglia di whisky in mano e lascio che per oggi il mio dolore abbia il sopravvento. Magari domani starò meglio, o forse no.
Il tempo scorre e nessuno si preoccupa di me, sorrido beffardo perché solo ora mi rendo conto di non avere nessuno che ci tenga veramente. Perfino la rossa sembrava volermi bene più di mia madre.
Trascorro qualche altra oretta a distruggermi con l'alcol e con i pensieri finché non mi addormento.

*Drin Drin*
Mi sveglio di soprassalto e mi dirgo mezzo ubriaco e con un mal di testa atroce alla porta.
Spero sia Camilla, ma so che non lo é.

<<Ehi amico, é bello saperti vivo>> scherza Luke con quel suo sorriso da metterti quasi di buon umore.

<<Avrei preferito non esserlo>> rispondo serio facendolo accomodare.

<<Non dire così, sei libero e quella fogna di tuo padre marcirá in galera. L'azienda sarà tutta tua e la tua vita ritornerà ad essere meglio di prima>> esala ovvio.

<< Ma non é quello che voglio>> continuo.

Andiamo in salone, prendo un bicchiere e gli verso del whisky anche a lui senza chiederglielo nemmeno.

<<Se vuoi parlarne sono qui amico>> aggiunge sorseggiando un po' del liquido scuro.

<<Lo so, e tu come te la passi?>> domando.

<< Se ti riferisci a Kelly male, quella é una pazza da far paura. Come hai fatto a starci insieme non lo so>> risponde con una faccia mista al disgusto e sul punto di ridere.

<<Io me la facevo e basta, e poi in pubblico sapeva come comportarsi. In privato, oltre al sesso, non ci ho mai voluto trascorrere più di un'ora solo con lei.>>

<< E ci credo, quando ha saputo che non possedevo i milioni voleva staccarmi il pisello a morsi. É pazza, completamente fuori di testa>> dice scuotendo la testa e svuotando il bicchiere  tutto d'un sorso.

Sorrido e finisco la mia bottiglia in silenzio.
Parliamo della galera, e di quanto faccia schifo, così come del mio futuro sull'azienda e sulla pessima fine che farà mia madre poiché non le darò nemmeno un centesimo.
Fortunatamente l'azienda ha me come successore e non lei, idea nata stranamente da mio padre, poiché  riteneva una donna non in grado di portare avanti il successo da lui creato. Maschilista del cazzo, ma almeno questo é andato a mio favore.

Dopo una mezz'ora a Luke viene la brillante idea di chiamarci una pizza, e un po' controvoglia ma con lo stomaco brontolante accetto.
La serata passa così, tra una chiacchiera e l'altra e il rimorso che non rivedrò mai più la donna della mia vita.

Amami Adesso                                                    Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora