Capitolo settantanove

2K 71 12
                                    

*** CAMILLA ***

Maledizione Sophie, rispondi. É la terza volta che provo a chiamarla senza risultato. Voglio sapere come é andata, spero solo di non essere arrivata in ritardo. Mi sono crugiolata nell'incertezza più del dovuto, con il timore di affrontare di nuovo quella sofferenza che sento quando ce l'ho davanti, proprio perché so che non posso averlo. Non completamente almeno.
Dopo essere stata a pranzo da mia madre, la mia giornata è trascorsa tra pensieri su Stefan e lacrime per Stefan, un alternarsi continuo fino a tarda notte. Finché di punto in bianco, sono andata su internet e ho prenotato il primo volo per New York che ci sarebbe stato in mattinata. Ho pagato il doppio dei soldi, ma non mi é importato, nonostante avessi i risparmi contati.
Prepare tutto il necessario in un paio d'ore non é stato semplice e, non sto parlando di una valigia, perché quella non l'ho portata, mi sarebbero bastati due cambi, non ho mai avuto l'intenzione di restare. Questo é certo. Ma di Sammy, tutte le sue cose, giocattoli compresi nonostante dovesse solo passare qualche giorno dai miei genitori. Ho ritenuto opportuno lasciarlo a casa, non volevo stressarlo per un un'ulteriore viaggio e, sinceramente, non volevo che vedesse Stefan. Posso accettare di convivere con il cuore spezzato, ma non potrei sopportare di vedere il suo in mille pezzi.
In tutta questa faccenda, la cosa veramente assurda é stata l'approvazione di Sophie, o meglio il non avermi aggredita e data della pazza o stupida per andare a rincorrerlo ancora una volta.
Credo che dispiaccia anche a lei questa situazione, non solo perché é innocente ma soprattutto perché  nonostante tutto non é una persona che merita una vita simile.
Mentre aspetto che Sophie mi richiami e mi dia la risposta che voglio sentir dire, sono quasi giunta all'appartamento. In queste settimane ho provveduto a fare una copia delle chiavi di casa, per evitare di trovarmi chiusa fuori quando ne lei ne Lucy ci fossero state.
L'autista, di tanto in tanto, cambia stazione radio, incurandosi di infastidirmi. Passa da alcune canzoni classiche, che ascolta sbuffando, a qualcosa di più metal che lo spinge a picchiettare le dita sul volante. Mentre cerca una nuova canzone, per lui accettabile, la mia attenzione schizza alle stelle quando sento nominare le parole "il caso Howard".

<<Non cambi, la prego>> salto dal sedile e mi sporgo in avanti. L'uomo mi guarda confuso dallo specchietto.
<<Sono una fan degli scoop>> mento.
Questo alza gli occhi al cielo e sposta la sua attenzione davanti a lui.
Nella radio é una donna a parlare, adesso insieme a un suo collega ridono e si beffeggiano a vicenda umiliando il tanto denaro di una delle famiglie più ricche di New York.

<<Non mentire però Paula, questa situazione può disgustarti ma mai quanto quel manzo di Stefan Howard>> la prende in giro il ragazzo. Questa Paula ride e senza vergogna ammette di essere del tutto vero. <<Quell'uomo é un Dio sexy e impetuoso da far rizzare i peli anche a una mummia, ma ricordiamolo ascoltatori, anche gli Dei possono cadere dall'Olimpo>> continua. Le sue parole sono uno schiaffo in pieno  viso, che sia andata davvero tutto nel peggiore dei modi? Mi viene da piangere, eppure il giudice e gli altri suoi colleghi sembravano così sicuri dell'innocenza di Stefan. Non posso aver capito male, non posso essermi sbagliata.

Qualche ora prima

Sono da poco arrivata in tribunale, a quanto pare il processo é già cominciato da un bel po'. L'aereo é atterrato da poco e mettermi a correre per l'intero aeroporto e pregare il tassista di andare più veloce mi hanno fatta comunque arrivare in ritardo.
Proprio perché c'era la possibilità di questo rischio ho dovuto pensare anche a un piano B e la migliore idea ha dei capelli rossi e un caratterino particolare. Stranamente Sophie non si è opposta alla mia idea, sembrava intenzionata quanto me a far punire il vero colpevole.

<<Deve pagare per tutto il male che ti ha fatto e, sopratutto, perché potresti non essere stata la prima e non saresti stata di certo l'ultima>> aveva affermato decisa. Tutta questa solidarietà femminile da parte sua mi ha commossa. Sapevo che aveva ragione, ma non nego che la mia priorità é sempre stata Stefan.

Così, ha indossato una parrucca scura di sottomarca comprata in un negozio cinese e vestiti eleganti adatti a una situazione del genere e si é diretta, con Freccia, in tribunale ancora prima che io atterrassi. In questo modo, qualora non fossi giunta in tempo lei avrebbe testimoniato e in quel caso mi avrebbe telefonata e fatto parlare davanti al giudice.
Durante tutto il tragitto mi ha bombardato di messaggi.
- Dove sei?
-Se devo intervenire, questo é il momento.
- Anthony e il suo avvocato sono dei bastardi. Dove sei?

E via dicendo. Per fortuna, il mio tempismo questa volta é stato impeccabile.
Una volta entrata corro verso il grande tabellone che mostra il numero delle aule, quella che mi interessa é la centotre. I miei occhi schizzano da una parte all'altra finché non mettono a a fuoco il numerino che gli interessa.
Terzo piano, sesta porta a destra.
Corro come una forsennata verso l'ascensore, rischiando di inciampare con le mie ballerine azzurri che scivolano da matti su questo pavimento lucido, suppongo che abbiano appena passato la cera, altrimenti non si spiega.
Questo affare sembra non muoversi per niente, guardo impaziente il numero dei piani e saltello da un piede all'altro nervosa.
Quando il tintinnio mi avvisa di essere giunta dove volevo e le porte si spalancano, raggiungo la porta e intravedo la mia amica fuori che mi aspetta.

<<Finalmente. Dietro la seduta del giudice c'è una porta, devi andare lì. Adesso stanno decidendo, e lui non é in aula ma rinchiuso, così come Albert e la moglie, in una piccola stanza adiacente insieme al suo avvocato. Ora vai>> dice rapida. Annuisco e abbassando il capo, sperando che nessuno mi noti o mi riconosca, per quanto questa gente possa avermi vista.
Vedo Luke di sottocchi che chiacchiera con Kelly, le poggia una mano sulla spalla mentre questa sembra stia piangendo. Mi scappa un sorriso, perché credo che quelle lacrime siano vere quanto la bontà della signora Howard.
Vado a passi felpati verso la porta e busso più volte prima che qualcuno mi apra.
Una donna, con una lunga tunica nera mi apre e mi squadra confusa.

<<Signorina cosa c'è? Abbiamo un'udienza in corso e questo è un momento molto delicato, quindi la invito a lasciarci lavorare>> afferma infastidita.

<<Lo so, sono qui per testimoniare>> esclamo sicura.

<<É arrivata in ritardo, le sue parole non sarebbero più molto credibili adesso>> insiste.

<<Inveve penso proprio di sì, perché sono Camilla Esposito.>>

Amami Adesso                                                    Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora