Capitolo sessantasette

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*** CAMILLA ***

Ho la testa che mi scoppia, un vortice inarrestabile che dura da giorni. Non riesco a dormire, e quelle poche ora di sonno che riesco a concedermi sono disturbati da nuovi incubi. Il mostro che un tempo mi assaliva quando andavo a letto è stato sostituito dalla paura, quella per l'uomo che amo. Stefan è in prigione a causa mia, insomma non è per niente merito mio ma so perfettamente che sono l'unica ad avere il potere da farlo scagionare da ogni accusa.

E allora perché sono ancora qui?

Non faccio che ripetermi questa domanda minuto per minuto, ma la parte codarda di me non ha il coraggio di alzare semplicemente il telefono e trovare anche una piccola soluzione a questo grande problema. Insomma, la sua vita è appesa a un filo e io sto qui a rimuginare su cosa è giusto e cosa no.
Non nego che c'è anche un altro lato nascosto che sa perfettamente che Stefan Howard meritava almeno di stare lì dentro qualche ora, giusto il tempo per capire e riflettere su come si è comportato con me durante la mia permanenza a New York. In poche parole, mi sono appena resa conto di essere l'insieme di un puzzle che è appena stato frantumato e riunire pezzo per pezzo è più complicato del previsto.
Sono le otto e mezzo del mattino, Sammy dorme ancora e non voglio svegliarlo, mi sentirei troppo in colpa se dovessi trasmettergli anche una briciola della mia angoscia.
La tazzina di caffè fumante è ancora intatta, così come la brioche alla marmellata di albicocche affianco. Mi sono alzata con molto appetito che, sfortunatamente, è andato a estinguersi non appena la mia mente ha cominciato a mettersi in moto e catapultarsi dall'altra parte del mondo.
Stringo in una mano il cellulare, come se aspettassi una telefonata da un momento all'altro.
"O probabilmente dovresti essere tu a farne una."
Mi ripete, malefica, la mia vocina interiore.

Per scacciare via il dubbio e l'incertezza afferro rapidamente la brioche e l'addento, gustandomi a stento la dolcezza della crema. Sbuffo contrariata, perché non riesco a distrarmi in nessuno modo. Nemmeno con il cibo.
Scocciata per la mia indecisione prendo il cellulare e decido di fare il primo passo, mando un messaggio a Sophie sperando in una buona notizia e che le cose lì per Stefan siano migliorate almeno un po'.
Non mi risponde subito, e nella mezz'ora che mi ritrovo ad aspettare mi sono consumata le dita a furia di mordicchiare le unghie per il nervosismo.
Quando finalmente il mio cellulare vibra sul tavolo, lo afferro al volo e scorro rapida i messaggi della mia amica newyorkese.

" Male. Dopo domani c'è il processo e non so cosa accadrà. Gira voce che Anthony sia talmente accanito contro suo figlio da avere addirittura delle prove che potrebbero incastrarlo. I soldi possono tutto e lui ne ha a miliardi."

Rileggo il messaggio un'infinità di volte, sperando che possa cambiare improvvisamente ma, purtroppo, resta sempre lo stesso.
Faccio un sospiro angosciato, e controllo l'ora. Si sono fatte già le nove e mezza, ho indugiato così tanto lasciandomi trasportare dai pensieri angustianti da non badare al tempo che scorreva veloce.
Vorrei gridare talmente forte da far sentire a tutti la mia disperazione, ma non posso perché a pregar tanto il Diavolo per un po' di pace, si finisce per averla a un prezzo troppo alto.
E il mio ha un nome, Stefan.

Mi allontano riluttante dal tavolo e vado a svegliare Sammy, raggiungo la sua camera passando per il piccolo corridoio dalle pareti gialle, adornate da un'infinità di quadri pieni di foto di Sammy quando era piccolo.

<<Amore buongiorno, è ora di svegliarsi>> annuncio dolcemente. Mi avvicino al suo lettino e gli regalo una scia di carezze mentre lui controvoglia apre i due occhietti già vispi a prima mattina.
Lo guardo incantata, e la mia mente non può che ricordarmi di quando sia identico a suo padre. Proprio ora che l'aveva trovato, proprio adesso che Stefan cominciava a volergli bene tutto è andato a rotoli. Il castello di carta è crollato, è bastato un fievole soffio di vento per andare giù e ricostruirlo uguale a prima sarà impossibile.

<<Mamma...>> sussurra stropicciandosi gli occhi.

<<Dimmi amore.>>

<<Non voglio stare qui>> continua utilizzando il suo linguaggio ancora poco chiaro.

<<Perché? Non ti piace essere tornati a casa?>> domando con il cuore in gola.

<<No>> piagnucola.
E giuro che devo trattenermi molto, per non piangere insieme a lui.
Io mi ci sono abituata, con il tempo ho avuto modo di imparare a riconsiderare casa la mia Napoli, ma ho anche capito che nessun posto sarà mai casa senza Stefan e tutti i miei amici che vivono dall'altra parte del mondo. Qui siamo soli, si abbiamo i miei genitori e li amo da morire ma non basta, perché una volta tornati in questo appartamento io e Sammy continuiamo a restare sempre solamente io e lui. Oggi e probabilmente anche domani.

Amami Adesso                                                    Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora