Capitolo settanta

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~~~ STEFAN ~~~

<< Signor Howard, è pronto?>> domanda la guardia. Finalmente queste due maledette ore sono passate, mi sembrava di impazzire e insieme a me anche l'uomo che mi controllava, non ho smesso di chiedergli continuamente che ora fosse. Ma come potete biasimarmi, il tempo sembra fermarsi ogni qualvolta ci ritroviamo ad attendere qualcosa che ci mette ansia e preoccupazione.

<<Sono nato pronto>> mento duro. La verità è che non mi sono mai sentito così insicuro come in questo momento. Ignaro del destino che mi spetta e consapevole che possa solo andare di male in peggio. Lo stridulo delle chiavi che gira nella serratura e il boato chiassoso che fanno gli altri detenuti, tra grida disumane e calci contro il ferro arrugginito delle celle mi fanno venire i brividi. Ho il voltastomaco e credo di stare per vomitare da un momento all'altro, tutta l'audacia che mi ha accompagnato fino ad oggi è andata a farsi benedire.

<< Ci vediamo presto Howard>> si sente da lontano per mi dirigo verso l'uscita, con un paio di manette talmente strette da fermarmi la circolazione alle mani.
Figli di puttana. È questo che penso mentre seguo l'omone grosso davanti a me, quando tutto sarà finito verrò qui dentro, con uno dei miei migliori completo da tremila dollari e glielo griderò in faccia. Poi riderò, e farò capire loro che hanno giocato con il fuoco e che quello si sà, prima o poi brucia. E fidatevi quando vi dico che ho tutte le intenzioni di incenerire questo posto a partire da chi lo gestisce.
Raggiungiamo il retro del carcere, ci sono altre due guardie ad attenderci, armate, come se potessi in qualche modo fargli del male. Uno dei due, apre la portiera del grosso furgone blindato e mi spinge con rabbia all'interno facendomi barcollare. Ingoio la rabbia e mi permetto di non commettere cazzate ancor prima del processo.
"Bene." Penso. "Prima o poi me la pagherai anche tu."

Mentre raggiungiamo il tribunale li sento parlare di cose inutili e di certo non riguardanti al lavoro.

<< Credi che con questi soldi possa comprarmi un auto decente?>> domanda l'uomo al volante dai capelli folti e crespi come un pagliaio.

<<Andiamo amico, insomma con cinquemila dollari puoi permetterti al massimo l'auto di mia nonna>> risponde beffardo l'altro più vecchio di almeno dieci anni.

<<Perché tua nonna guida?>> scherza ancora quello che ho capito chiamarsi Rick.

<< Si, sfreccia sulle strade dell'inferno insieme ai suoi bisnonni>>.

<<È morta?>>

<<Ma ti pare? Ho cinquantasette anni Rick, a meno che mia nonna non sia la regina Elisabetta sono certo che sia dieci metri sotto terra ridotta a un mucchio di ossa>> risponde.

<<Oh mi dispiace Martin>> continua dispiaciuto questo.
Alzo gli al cielo e scuoto la testa, solo che abbia pensato una cosa del genere significa che questa gente è più stupida di quanto pensi.

<<Cosa ridi detenuto?>> sbotta d'un tratto Martin furioso.  Che cazzo vuole da me questo?

<<Non sto ridendo>> rispondo granitico.

<<Invece si, ti ho visto. Ma tranquillo, riderai ancora per poco>> continua.
Stringo forte i denti, vorrei tanto spaccargli la faccia da coglione che si ritrova. Sicuramente ereditata da sua nonna.

<<Staremo a vedere, ma prego continuate pure. Mi piace ascoltare quanto sia profonda la vostra intelligenza>> aggiungo beffardo.
Questo si volta nuovamente di scatto e fa per afferrarmi ma Rick lo ferma subito.

<<Che diavolo fai? Ti divertirai dopo con lui, tanto sicuramente saremo costretti a riportarlo dentro. Hai sentito parlare del suo caso?>> continua.
Martin fa un respiro, mi lascia uno sguardo severo e torna a guardare avanti.

<<Hai ragione, questo coglione avrà quel che si merita>> conclude.
Ignoro le sue parole e lascio che il suono del traffico mi distragga da quello che sta per accadere. Perché, cazzo, temo proprio che questi due imbecilli abbiano ragione.

Amami Adesso                                                    Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora