7. The sound of silence

27.3K 1.5K 211
                                    

All'arrivo in ospedale tiro un sospiro di sollievo; non perché Sally abbia guidato male; anzi, se l'è cavata inaspettatamente bene per essere una donna. Il fatto è che nessuno ha mai osato toccare la mia macchina ed ero troppo in apprensione. Dentro quella carrozzeria blu scuro, è racchiuso un valore affettivo che cerco di tenere nel migliore dei modi: l'idea di essere alla fine diventato un uomo, l'idea di crescere e diventare adulto.

L'auto è di mio padre e me la regalò il giorno del mio diploma. L'avevo battezzata con il suo primo vero viaggio partendo dal Montana e arrivando fino in California per iniziare l'università. Anche se è una vecchia Ford che ormai nessun rivenditore comprerebbe, la tengo come fosse oro e, nonostante sia mia da quasi otto anni, ancora adesso mio padre mi chiama al telefono per sapere come tratto la sua piccola – nomignolo che ovviamente ha sempre fatto arrabbiare mia sorella -.

Al pronto soccorso, per fortuna, non dobbiamo attendere molto, anche perché l'asciugamano che uso per bloccare il flusso dalla ferita al sopracciglio è ormai zuppo di sangue e sento che la pelle intorno all'occhio sta iniziando a gonfiarsi a dismisura. Quando una dottoressa mi dice di seguirla per la medicazione, insisto per far entrare anche Sally con me, nonostante le sue proteste: la ferita sulla sua mano non mi sembra così superficiale come lei sostiene.

«E poi, il manichino potrebbe avere la rabbia come i cani, o trasmetterti qualche altra strana malattia», le dico per alleggerire l'atmosfera.

Tra l'olezzo nauseante di disinfettante, punti e garze del caso, usciamo dall'ospedale alle quattro del mattino. Sally se l'è cavata con una buona fasciatura alla mano, mentre io con due piccoli punti al sopracciglio e una benda che mi copre quasi completamente l'occhio destro e che mi ha fatto guadagnare un altro soprannome oltre a Capellone.

«Pirata, evidentemente ti toccherà sopportarmi alla guida di nuovo», cantilena tutta soddisfatta mentre fa volteggiare le chiavi della macchina intorno all'indice della mano sana.

Apro la portiera del passeggero e guardo la sua testa spuntare dalla parte opposta dell'auto. «Vorrà dire che domani mattina dovremo dimenticarci dell'accaduto e far finta che non sia successo nulla.»

Mi fa l'occhiolino. «Ci sto. Anche perché non vorrai mica far sapere a tutti che ti sei fatto difendere da una ragazza...»

Salgo in macchina e ricerco la cintura con fatica. «Io non mi sono fatto difendere proprio da nessuno, me la sarei cavato da solo senza nessun problema.»

Scoppia a ridere mentre mette in moto. «Ehi, Pirata, stavo solo scherzando!»

Il viaggio verso casa mi vede più tranquillo e rilassato, forse anche grazie all'antidolorifico che mi hanno somministrato in ospedale e che mi porta anche una buona dose di sonnolenza. Sally si ferma nel parcheggio fuori della nostra palazzina, tra la sua macchina rossa e un fuoristrada incomprensibilmente enorme. È uscita a piedi nonostante avesse la macchina: mi chiedo il motivo.

È ancora troppo presto per vedere le prime luci dell'alba, ma tutto intorno l'ambiente deserto e silenzioso è intensamente illuminato dalla luce fredda e distaccata dei lampioni.

«Se non tocco il letto in questo preciso istante, potrei svenire qui», mormoro sciogliendomi dalla cintura, ma senza avere la forza di muovermi dal sedile. Cerco di portarmi i capelli dietro le orecchie, ma noto con disappunto che quell'incompetente di infermiera me ne ha fermato una ciocca sotto il largo pezzo di scotch che mi ha messo per fermare la garza.

Sally si sporge per aiutarmi e, con una profonda assenza di delicatezza, risolve l'intoppo tirandomi via un'intera ciocca di capelli.

«Porca puttana! Puoi essere un po' più delicata?!»

«Che frignone che sei», mi sgrida e, senza chiedermelo, si mette a pettinarmi i capelli all'indietro per legarmeli, usando uno dei soliti elastici che porta in gran quantità al polso. Sinceramente, non mi piace il gesto che sta ripetendo per la seconda volta, e non so bene il perché: forse è troppo intimo, come se ci conoscessimo da sempre; eppure, nonostante il momentaneo disagio, non riesco a muovermi e rimango incatenato ai suoi occhi. Sono belli e luminosi e, non so per quale strana ragione, è come se il suo colore si ravvivasse al buio: mentre alla luce del sole i suoi occhi risultano simili a un banale verde bottiglia, un verde spento e forse un po' anonimo, alla luce della luna cambiano visibilmente, virando verso un grigio più intenso.

«Ecco, così non dovresti avere più problemi», decreta ritornando al sedile di guida.

«Grazie», riesco solo a dire, le parole sono morte in fondo alla mia gola. Ma che mi succede improvvisamente?

«Ti va di farmi sentire qualche tuo cd?» mi chiede quasi in un sussurro qualche minuto dopo, minuti passati in silenzio e senza che nessuno dei due abbia mostrato l'intenzione di scendere dall'auto.

Sally si è voltata completamente verso di me e ha appoggiato la guancia al sedile, gli occhi assonnati socchiusi e gli angoli della bocca leggermente volti all'ingiù.

«Forse, sarebbe meglio andare a dormire, invece; che ne dici?»

Chiude appena gli occhi, ma è ancora sveglia. «Non voglio tornare a casa... possiamo restare ancora un po' qui, per favore?»

Un ciuffo le ricade sulla fronte e lei cerca di soffiarlo via, ma con poco successo. La sua pelle è pallida ma liscia, senza una minima imperfezione; si vede solo stanchezza dal suo viso e la coda che porta di solito è ormai tutta arruffata e spettinata, caduta fin quasi alle spalle, eppure... mi ritrovo a costringere la mia mano a non scostare quell'adorabile ciuffo di capelli che la infastidisce, giusto per sfiorare la sua pelle perfetta e sentire se è tanto liscia al tatto così come sembra alla vista.

Adorabile ciuffo di capelli? Pelle perfetta? Ma che mi prende? Deve essere per colpa dell'antidolorifico...

Alla ricerca di un respiro profondo, cerco di distrarmi dai miei pensieri e afferro il mio secondo porta cd, quello nascosto sotto al sedile e che raccoglie i miei cd più cari. «Di cosa hai voglia?»

«Quello che vuoi tu andrà bene», mormora, la voce quasi impastata dal sonno. «Mi fido dei tuoi gusti musicali.»

Sfoglio le pagine e, quando ormai ho scelto, inserisco il cd e premo play, appoggiandomi allo schienale e chiudendo gli occhi per godermi la musica che filtra delicata dalle casse. Il buio, il silenzio... questa è la canzone perfetta.

«Non ti facevo tipo da Simon e Garfunkel, sai?» sussurra, ma con una nota udibile di sorriso nella sua voce che mi rende in qualche modo soddisfatto di averla sorpresa.

«Tutti quanti sono tipi da The sound of Silence. »

Lei sospira e si muove appena sul suo sedile; sento le sue dita che mi sfiorano il braccio, facendomi sussultare appena; scendono delicate e quasi impercettibili in una carezza fino alla mia mano, dove Sally le lascia intrecciate alle mie. Non chiede il permesso, non si aspetta un mio rifiuto, che comunque non arriva.

«No, Harry. Non tutti sono tipi da The sound of silence

******************

Spazio Dory:

ma quanto amo questa canzone???

Capitolo super corto ma dolcerrimo, non trovate?

A presto!

Harry ti presento SallyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora