24. Porta socchiusa

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«Ehi, barista, io e la mia ragazza dobbiamo aspettare ancora molto per poter ordinare?»

La voce roca proviene da uno di quei soliti cazzoni che non hanno ancora imparato una delle regole fondamentali per la sopravvivenza umana nel mondo di oggi: mai indispettire chi mette mani in ciò che ingurgiti.

«Che vuoi?» chiedo sbrigativo.

«Una Pina Colada per la mia ragazza e per me un Martini.»

Non mi guarda nemmeno in faccia mentre ordina, cosa che mi irrita ancora di più di tutto il resto.

"Eh, no. Il Martini non va bene", penso scocciato mentre inizio a preparare la Pina Colada per la ragazza.

Raccolgo tutta la mia gentilezza e la concentro nella mia domanda. «Invece del Martini, posso consigliarti un buon Mojito fresco?»

Il ragazzo resta sorpreso dalla mia inattesa gentilezza, così tanto da decidersi di guardarmi finalmente negli occhi. «Ok, fa' come ti pare», risponde alzando le spalle e voltandosi di nuovo.

Girarmi le spalle: pessima, pessima mossa, ragazzo mio.

Prima di concludere la preparazione del Mojito, aggiungo il mio ingrediente segreto, ovviamente dosandolo in eccesso e con molta discrezione in modo che nessuno mi veda; molti baristi lo conoscono: è un'aggiunta speciale che, ahimè, per essere inserita a dovere durante i passaggi della preparazione, necessita di un cocktail colorato, o comunque non trasparente.

Insomma: uno sputo in un Martini bianco è troppo visibile. Sempre meglio usare qualcosa di shakerato o con molto ghiaccio.

Parola di barman.

«Ecco a te, e buona serata a entrambi», lo saluto con un gran sorriso falso.

Dopo qualche minuto, passato a godermi la vista del cazzone che si sorseggia tutto fiero il suo Mojito corretto, Sally si ripresenta al bancone con Frank al suo fianco.

«Harry, non mi avevi detto che era così simpatica questa tua amica», esclama con entusiasmo. «Le ho proposto di iniziare con una prova questa sera. Le spieghi tu un po' come funziona il lavoro? Lo sai che mi fido di te... Io ho... diciamo... da fare, di là in ufficio», borbotta a disagio per cercare una scusa da dare al suo recupero-sonno-perduto.

«Lo so che è sabato sera e c'è un po' di gente al locale, ma Sally potrebbe occuparsi soltanto di un paio di tavoli.»

Quando Frank ci lascia soli, invito Sally a passare dietro al bancone e, facendo appello a tutta la mia professionalità, lascio perdere ogni altra faccenda che non riguardi il lavoro e inizio a spiegarle tutto quello che le serve sapere per iniziare a lavorare: i tavoli di cui si deve occupare per prendere gli ordini e sparecchiare; come scrivere sul taccuino gli ordini di modo da non confondermi e, in generale, osservare gli altri camerieri e vedere cosa fanno.

«Guarda e impara, in pratica», commenta lei. «Spero vivamente di non combinare disastri.»

«Se non fossi arrivata ubriaca al lavoro, di certo le cose sarebbero state più semplici», commento acido. Beh, l'intenzione iniziale era di essere acido, ma alla fine ho concluso la mia frase biascicando qualcosa e finendo per sfiorarle la spalla con il braccio.

«Non sono ubriaca», borbotta, anche lei improvvisamente raddolcita dalla mia vicinanza, «sono solo diversamente sobria... e poi lo sai che reggo bene, non dovrei avere problemi.»

Mi guarda negli occhi da sotto in su e mi sorride dolcemente, un cucciolo in cerca di perdono... non ricambio il sorriso ma scrollo la testa, ignorando quel suo sguardo che ha fin troppo effetto su di me.

Harry ti presento SallyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora