2.17 Buonanotte, amore mio

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Canzone per il capitolo:

Pieces – Red

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Harry

Mi chiedo quante fottutissime porte abbia questo maledetto ospedale

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Mi chiedo quante fottutissime porte abbia questo maledetto ospedale. Continuo a camminare da quelle che mi sembrano ore e Lewis cerca di stare dietro alle mie lunghe falcate. Giro in un corridoio, mi suggerisce di prendere ancora quello a sinistra prima dell'ennesima svolta a destra, e seguo le sue indicazioni fino a che non lo vedo.

Eccolo lì.

E allora il mio passo si fa ancora più rapido.

«Harry... Harry, aspetta e non fare cazzate», mi chiama Lewis nel panico ma, quando ormai sono a un passo dal mio obiettivo, che sembra quasi aspettare il mio arrivo e la mia reazione, ritto in piedi accanto alla porta della stanza, è troppo tardi: Sam non muove un muscolo quando lo afferro per lo scollo della maglietta e il mio pugno atterra sulla sua faccia.

Diretto, freddo, immediato quanto inevitabile.

Non riesco nemmeno a replicarmi perché Lewis mi trattiene da dietro con forza, nonostante la sua stazza fatichi a competere con la mia. Sam è caduto a terra, sembra coprirsi con la mano il labbro che, immediato in seguito al mio colpo, inizia a stillare piccole gocce di sangue dal taglio che gli ho procurato.

«Sei un figlio di puttana. Un maledettissimo figlio di puttana! Dovevo saperlo che lei era con te...»

«Cazzo, Harry», Lewis parla a denti stretti mentre mi trascina via. «Non urlare, siamo in un ospedale!»

Mi sento portare via, ma il mio sguardo è ancora puntato a quello che un tempo era stato mio amico. Mi ha tradito, ha tradito la mia fiducia... e io lo so perché lo ha fatto. Sam si rialza in piedi e, determinato, viene verso di me. «Harry, lasciami spiegare.»

Lo ignoro e quando sento Lewis lasciarmi andare per controllare la mia reazione, mi volto ed entro nella piccola sala d'aspetto vicina al pronto soccorso nel quale stanno trattenendo Sally per i controlli.

Non lo guardo in faccia, non lo devo guardare o potrei seriamente pentirmi delle mie azioni. Sam mi ha chiamato questa mattina, lui e Lewis erano appena arrivati in ospedale; non riesco nemmeno a ricordare le parole confuse che mi ha detto, che tentavano di spiegare che lei fosse scappata da lui, che non fosse in realtà a New York e che era finita in ospedale. Di nuovo. Ancora una volta.

E io, come sempre , sono venuto da lei; ho preso il primo aereo disponibile e sono arrivato il prima possibile.

«Lo sapevo che tu non me la contavi giusta», sibilo con rabbia guardando soltanto i miei piedi che misurano il piccolo, freddo e scarno ambiente dell'ospedale. «Lo sapevo che mi nascondevi qualcosa. Sally non sarebbe mai andata a New York.»

«Harry, siediti un secondo», suggerisce Lewis prendendomi per le spalle.

«Ma vaffanculo pure tu», stringo con forza i pugni fino a conficcare le unghie nella carne.

Harry ti presento SallyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora