2.37 Nella nostra vita

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Harry

Una volta uscito dal bagno, ritrovo il resto dell'appartamento silenzioso e buio. La minuscola figura di Sally si staglia contro la finestra aperta, che lascia entrare la chiara luminescenza dei lampioni al di fuori. È seduta sul tavolo della cucina con le gambe a penzoloni e il rivolo di fumo che sale dalle sue spalle rivela ciò che tiene in mano con aria svogliata...

«Non avevi smesso?» la raggiungo mentre friziono con energia l'asciugamano sui capelli bagnati.

«Fumo solo ogni tanto», si difende. «E poi, sono le tue sigarette e anche tu avresti dovuto smettere», risponde guardando il mio torace bagnato mentre mi avvicino.

«Io ne fumo solo una al giorno. Lo sai.»

«E io pure...» replica immediata mentre lascia i resti impalpabili del tabacco carbonizzato nel posacenere. «Se lo fai tu, posso farlo anche io.»

Le rubo la sigaretta dalle dita, sorprendendola in parte, e mi godo un lungo tiro. Fingendo di non notare la sua reazione, la rimetto tra le sue labbra ancora socchiuse. Mi sta ancora fissando. «Vado a vestirmi», concludo controllando il nodo dell'asciugamano che tengo legato in vita.

«No», replica immediata. «Aspetta...»

«Che cosa?»

Posa una mano sulla mia spalla e scende leggera con la punta delle dita sul petto ancora umido. Finge che il tocco sia solamente casuale, ma non lo è affatto, visto che finisce per lambire il bordo dell'asciugamano con fare lascivo. «Sei molto... bello.»

Alza lo sguardo verso di me, ma forse lo ritrova troppo duro e freddo, così ritrae la mano di scatto, quasi come avesse preso la scossa.

Ultimamente, Sally è sempre così: debole, indifesa, timorosa di ogni mia reazione... vorrei davvero vederla reagire, ma non so proprio come fare. Da giorni tengo in mente un paio di idee, ma non so davvero dire quanto potrebbero funzionare su di lei. Mi sento sempre tagliato in due tra l'idea di scrollarla con energia per farla ritornare quella di un tempo, e l'attesa: aspettare e aspettare ancora, nella speranza che sia lei a riprendersi. Non voglio nemmeno essere troppo duro e ferirla, rischiando così di tornare al punto di partenza... ma oramai mi sembra di aver aspettato a sufficienza.

Questa sera abbiamo passato quasi due ore davanti alla televisione, accontentandoci di restare in silenzio e distanti l'uno dall'altro. La doccia non era in programma, ma per evitare di essere costretto ancora su quel divano in una quiete colma di imbarazzo e parole non dette, ho preferito togliermi di torno.

La notte è ormai calata da un pezzo nel parcheggio fuori dalla palazzina; a eccezione della luce tremolante della televisione e per il tiepido chiarore in arrivo dall'esterno, trovo solo oscurità a circondarci. Il grigiore freddo di questa stessa stanza mi riporta alla prima notte in cui io e Sally ci eravamo parlati per la prima volta, esattamente in questo luogo. Era strana, bizzarra, indecifrabile... ma è ancora così bella nei miei ricordi.

Prendo un respiro profondo e mi avvicino a lei, cercando di tenere bene in mente l'obiettivo che mi sono prefissato. Forse sbaglio, o forse è la cosa giusta da fare. Non lo so, ma devo provare a fare qualcosa, perché questa situazione a metà mi ha portato al limite della sopportazione. «Ascolta, Sally. Da un paio di giorni vorrei parlarti di una cosa.»

Mi lascia continuare con un cenno del capo, ma è palesemente preoccupata per il tono grave che uso. «Ho sentito al telefono i miei genitori e dicono di aver bisogno di aiuto al ristorante. Sono via da diverso tempo, ormai. Devo tornare da loro, non posso più restare qui.»

Apre appena la bocca mentre la cenere in eccesso sulla sigaretta finisce a terra. Se ne accorge, ma ormai è troppo tardi, così si accontenta di spegnere quel che resta nel posacenere in anticipo. «Ok... e quando vorresti tornare?»

Harry ti presento SallyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora