6. Taci e lasciami guidare

30.2K 1.5K 201
                                    

«Avevo ordinato un Cuba Libre, amico, non un Manhattan», si lamenta un ragazzo osservando ripetutamente me e poi il suo drink.

Guardo il bicchiere che gli stavo per dare e lo indirizzo alla ragazza giusta al suo fianco.

Devo cercare di riprendermi, cazzo. Per fortuna, stasera c'è poca gente qui al Lounge dove lavoro; sono deconcentrato e mi sono già ritornati indietro un paio di drink dai tavoli: una Pina Colada in cui avevo dimenticato di mettere il succo d'ananas e un Bloody Mary senza vodka – che poi chi cazzo ordina un Bloody Mary negli anni duemila? –

Quando l'ultimo cretino si allontana dal bancone e i camerieri non tornano più per prendere e servire le ordinazioni ai tavoli, mi metto a riordinare il ripiano di lavoro; non sono un patito dell'ordine, ma sul lavoro è essenziale: se c'è troppa confusione sul piano, non riesco a lavorare bene e stasera il caos che lo governa rispecchia alla perfezione il mio umore scombussolato. Continuo a pensare a quella maledetta chiamata, e alla sua voce... così fredda e distaccata...

«Qual è il cocktail meno impegnativo che sai fare?» domanda una voce diversa, ma che riconosco immediatamente.

«Sally... Mi stai pedinando, per caso?»

«Certo e non vedo l'ora di aspettarti fuori nel parcheggio per violentarti. Che ne dici?» risponde divertita.

«Non ci tengo particolarmente a pascolare dove è già stata gente di mia conoscenza», borbotto mentre riprendo a infilare i bicchieri sporchi in lavastoviglie.

«Ehi! Potrei offendermi, sai?»

Resto a fissare il suo cipiglio offeso, incapace di capire se stia scherzando o meno. Forse ho esagerato, in effetti. Il fatto è che lei sembra accettare tutte le battute sempre con il sorriso, come se ogni cosa non la toccasse minimamente e le passasse accanto senza lasciare strascichi. Non devo dimenticarmi che è pur sempre una donna.

«Ti sei offesa davvero?» chiedo cauto.

Lei scoppia a ridere di getto, facendomi un gesto vago con la mano. «Tranquillo, mi hanno detto ben di peggio. Allora, posso ordinare, signor barman?»

«Certo, che cosa vuoi da bere?»

«Quello che vuoi... ti rubo già le sigarette e non vorrei importunarti anche al lavoro», spiega sincera estraendo un biglietto da venti.

Preparo velocemente un Gin Lemon visto che ho tutto l'occorrente sotto mano e glielo faccio strisciare fino all'estremità del bancone dove è seduta. Prendo i soldi e le ridò i quindici di resto.

«Resto mancia per il barista», borbotta mettendosi comoda sulla sedia rialzata e prendendo a sorseggiare il suo drink con lo sguardo puntato davanti a sé.

La ringrazio. «Allora, che ci fai qui?» domando; non che me ne importi davvero, ma nel mio lavoro far parlare la gente è compreso nel prezzo: ormai mi viene in automatico. È un modo come un altro per far passare il tempo e mi solleva un po' il morale ascoltare gente che mi racconta di problemi più grossi dei miei.

«Volevo soltanto bere qualcosa, e questo posto me lo ha consigliato Ian: dice che il barista è davvero in gamba e non potevo non accertarmene di persona.»

Dopo i primi due cauti sorsi, Sally termina il drink in una sola botta, mostrando una smorfia disgustata a quell'introduzione improvvisa e violenta di alcol. Tira fuori di nuovo un biglietto da venti dal portafogli e ne ordina un altro.

«È successo qualcosa e vuoi sbronzarti per dimenticare?» le chiedo, rifiutando i soldi e mettendo in cassa parte della mancia di prima.

«Deve esserci per forza un motivo per bere?» chiede lei, e io le rispondo con un'alzata di spalle.

Harry ti presento SallyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora