44. Perdonami, Harry

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Sally

Perché, perché, perché è dovuto venire fino a qui?

Non è giusto, non doveva farlo; io volevo solo restare sola, doveva lasciarmi in pace.

Sono così arrabbiata con me stessa e sì, anche con lui, con Harry, che si è infilato a forza nella mia vita senza che io glielo avessi chiesto, mettendo sottosopra tutto l'ordine e il rigore con il quale ho centellinato le mie emozioni negli ultimi anni. Ho tentato di allontanarlo in tutti i modi, gli avevo fatto promettere di provarci con Dakota, sono scappata persino da lui, e invece è arrivato fino a qui.

Non lo voglio qui, devo mandarlo via, a tutti i costi. Sono una stronza, lo so, ma francamente non mi importa più di niente a questo punto.

Resto parecchio tempo rannicchiata su questo letto prima che qualcuno torni a farmi visita. Non so chi ci sia ancora in casa, se Harry ha deciso finalmente di andarsene, se Theodore è già arrivato e ha parlato con mia madre, se Ian è ancora qui insieme alla mamma. La porta infine si apre ed entra l'ultima persona che voglio vedere in questo momento.

«Sally, sono io», chiede la sua voce cauta, esitante... bellissima.

Nascondo la testa nel cuscino e tiro le coperte fino al mento. Devo soltanto ignorarlo e lui se ne andrà via; non potrà resistere a lungo.

I suoi passi si avvicinano decisi, sento qualcosa tintinnare. «Tua madre mi ha chiesto di portarti del tè freddo...»

«Vattene via, Harry», gli rispondo telegrafica senza degnarlo di uno sguardo.

Devo essere forte, devo ignorarlo, devo attaccarmi disperatamente alla rabbia che provo nei suoi confronti, che altro non è che rabbia profonda e incondizionata per me stessa e per quella nullità che sono. Lui non mi merita e io non posso illuderlo ancora.

I suoi passi non si fermano alle mie parole e, dopo aver sentito il vassoio posato sul comodino, avverto il materasso abbassarsi per il suo peso. Non mi muovo dalla mia posizione.

«Vattene, ti ho detto», ripeto con più forza e freddezza.

Sento un respiro profondo. «Sono venuto fino a qui per aiutarti... voglio solo starti vicino, Sally.»

Quella voce, Dio mio, il modo in cui pronuncia il mio nome quasi come fosse una preghiera, fa vacillare ogni mio pensiero coerente e logico. Come è possibile che la sua sola presenza nella mia stessa stanza, il suo corpo vicino al mio, la sua mano che lentamente si posa sulla mia spalla, riescano a farmi perdere tutta la mia lucidità? Vorrei voltarmi verso di lui, guardarlo negli occhi, dirgli che in fondo non mi importa di niente al mondo tranne che del suono della sua voce, che vorrei soltanto tornare nella sua macchina, su quello scomodo sedile ascoltando la sua musica, a osservarlo dormire tutta la notte. Vorrei chiedergli scusa per quello che gli ho fatto, e vorrei ammettere a lui e a me stessa che ho un profondo e viscerale bisogno di lui nella mia vita.

Ma non posso chiedergli questo, è un passo troppo grande per me, e non voglio che lui vada di mezzo alla mia follia.

Non posso, non posso e non posso.

«Vattene via!» urlo improvvisamente, tirandomi su e scacciando via la sua mano con energia.

«Intanto non me ne vado, è inutile che strilli», risponde con estrema calma, un argine perfetto alla mia inondazione.

«Io non ti voglio qui, hai capito?»

«E io resto lo stesso.»

Stringo i denti e devo concentrarmi per resistere e non schiaffeggiarlo con tutta la mia forza. So che non se ne andrà così facilmente visto che è arrivato persino fin qui nonostante quello che gli ho fatto, e non se ne andrà almeno fino a che non avrà ottenuto una reazione da me.

Harry ti presento SallyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora