37. Ci risentiamo, Harry

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Non credevo di riuscire a dormire questa notte dopo tutto quello che è successo e con il livello di energia che sentivo in corpo, e invece mi sono risvegliato con il sole già alto nel cielo. Sono le dieci del mattino e io mi sento euforico esattamente come ieri notte. Mi alzo dal letto con slancio e in meno di un secondo sono fuori dalla porta della camera di Sally, come un drogato nell'attesa spasmodica della dose successiva, quella che solo lei può darmi.

Con la mano sulla maniglia, però, mi blocco e decido di resistere per aumentare l'attesa e il desiderio; risolvo di andare prima in cucina per preparare qualcosa: il mio bel faccino, più la colazione a letto, spero rappresenti un bel risveglio per lei e che valga come buon inizio e auspicio per noi. Così mi metto a muovermi per la cucina mentre aspetto che la caraffa del caffè si riempia; tiro fuori dal frigo le uova e il bacon e posiziono tutto sul ripiano della cucina, pronto per prepararle la colazione.

Poi, però, mentre conto i secondi affinché quel dannato caffè sia pronto, realizzo che non posso resistere ancora a lungo; il bisogno di vederla è così intenso che mi sembra di avere un filo che mi tira inesorabilmente verso quella stanza. Osservo il caffè che sale nella caraffa di vetro e inizio a pensare a dodicimila modi diversi per darle il buongiorno... ma solo uno mi sembra il più adeguato, e suddetto metodo farebbe freddare colazione e caffè inutilmente. Spengo quindi la caffettiera, lascio da parte le uova e il bacon, e arrivo tutto su di giri fino alla stanza di Sally, senza curarmi di sembrare un emerito cretino. Me ne rendo conto, ma non mi importa.

Apro la porta delicatamente e infilo la testa dentro.

Lei non c'è.

Penso che probabilmente è rimasta a dormire con Ian, visto che non è la prima volta che lo fa, così provo ad andare da lui, nonostante tutti i miei buoni ed eccitanti propositi siano sfumati all'improvviso: quel particolare buongiorno che avevo in mente, non posso di certo darglielo se nel letto c'è pure suo fratello.

Afferro la maniglia, la spingo verso il basso, e apro la porta.

Lei non c'è. E nemmeno il fratello.

Il letto di Ian è vuoto e sfatto e, soltanto in questo preciso istante, mentre fisso le lenzuola stropicciate, elaboro coscientemente ciò che il mio cervello un paio di secondi fa ha soltanto registrato senza darmi segnali di allarme. Con due lunghe falcate sono di nuovo davanti alla porta della camera di Sally; la spalanco con premura e osservo il letto vuoto, le tapparelle tirate, il comodino deserto, di solito abitato dal perenne disordine del vulcano-Sally.

Osservo con timore l'armadio, di cui un'anta è rimasta socchiusa; i miei passi ora si sono fatti più lenti e silenziosi mentre mi avvicino con la mano tesa. Apro l'anta e quello che cercavo di tenere fuori dalla mia mente e dalla mia paura, si concretizza: l'armadio è completamente vuoto.

Non saprei dire quanti secondi resto a fissare la mia ombra proiettata sui ripiani in legno, gli appendini abbandonati e il cassetto ancora socchiuso. E non saprei nemmeno dire dopo quanto tempo io ricominci a sentire i battiti del mio cuore, rallentato ma pulsante con una potenza e una profondità da darmi quasi il capogiro.

Posso provare ancora con Sam, forse lei è lì e ha tolto i vestiti dall'armadio per qualche motivo che ancora non riesco ad afferrare. Non devo farmi prendere dal panico, sarebbe assurdo.

La verità, però, è che so che Sally non è più in casa, e che i suoi vestiti e tutta la sua roba sono spariti per una ragione, ma ho bisogno di sperare ancora per qualche istante.

«Sam!» esclamo entrando nella sua stanza. Sta dormendo, o meglio, stava dormendo prima del mio arrivo. Sally non c'è, e non so se essere sollevato o terrorizzato.

Harry ti presento SallyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora