2.19 Nemmeno un po'

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Harry

Una volta sveglio, fatico parecchi secondi per rendermi conto di dove mi trovo in questo momento. Il collo fa male per la posizione nella quale l'ho costretto per tutta la notte e, non capisco come sia potuto succedere, la mia gamba adesso è abbarbicata sopra al volante. Ieri sera mi sarei dovuto addormentare sui sedili posteriori, invece che al posto di guida.

Sono a malapena le nove di mattina, ma la pioggia leggera che lava via lo smog rende tutto più simile a un pomeriggio di fine autunno. Mi piace questo tempo, ho sempre odiato il sole e il caldo opprimente della California che, in questi ultimi due anni passati più nord, non mi sono affatto mancati. Scendo dall'auto con la sigaretta tra le labbra già accesa, incurante delle gocce di pioggia che puntellano la cartina che avvolge il tabacco. Non dovrei fumare di nuovo, avevo smesso insieme a Sally qualche mese dopo che ci eravamo trasferiti nel Montana... ma dopo aver perso il bambino, ho ripreso.

Mi dirigo verso l'appartamento con lunghi passi, visto che la pioggia sta aumentando con una certa petulanza, e ripenso vagamente al battibecco che ieri sera Sally ha inscenato dopo che Sam aveva insistito per cederle il posto nel suo letto. Sally di ostinava a volere che lui dormisse nella propria stanza, io sul divano e lei in un sacco a pelo buttato in una delle camere vuote, il tutto dopo che era appena uscita da un ospedale. Alla fine Sam ha ceduto e l'ha lasciata dormire sul divano, ma io invece ho insistito per dormire nella macchina di Sally. Anche se l'idea che loro due stiano in casa da soli non mi va giù nemmeno un po', è meglio che io non resti troppo a lungo nella stessa casa con lei. Fatico già a starle lontano così, a resistere alla voglia profonda di starle accanto e mandare a fare in culo la prova che abbiamo messo in atto, che dormire a pochi passi da lei e non poterla avvicinare mi risulterebbe quasi insopportabile.

Una volta aperta la porta dell'appartamento con le mie vecchie chiavi, però, mi ricredo immediatamente della mia scelta. Il divano sul quale Sally avrebbe dovuto dormire secondo accordi è vuoto e la porta della stanza di Sam è chiusa.

Sento il cuore accelerare i battiti all'improvviso e i miei passi rapidi mi portano davanti alla camera da letto; sbatto il pugno sulla porta con violenza una volta sola prima di spalancarla con una spinta secca. Per poco Sam non cade dal letto per lo spavento. «Cazzo, Harry! Ma sei fuori di testa!?»

«Dov'è Sally?» tuono, in parte sollevato nel constatare che Sally non sia con lui.

«E io che cazzo ne so? Ieri era sul divano; non è lì?»

«No.»

Apro la porta del bagno per sbirciare dentro, ma non c'è nessuno. Riprovo con tutte le altre porte delle vecchie stanze, ma Sally non c'è.

È sparita di nuovo.

Torno nella sua camera da letto mentre ancora cerca di mettersi seduto sul letto con fatica. La notte che Sally ha trascorso in ospedale l'abbiamo passata tutti in bianco. Dopo il nostro litigio, io e Sam abbiamo parlato a lungo, abbiamo litigato ancora e poi siamo stati in silenzio uno accanto all'altro. Certo, ho apprezzato la sua sincerità, il fatto che mi abbia raccontato tutto quello che è successo con Sally subito quella stessa sera. Ha detto che mi considera ancora suo amico e che se avesse saputo come fossero realmente andate le cose, non avrebbe mai osato fare nulla. Continua a sostenere di essere ancora innamorato di lei... e io continuo a sostenere la mia incazzatura, che non se ne andrà molto presto. È soprattutto una rabbia verso me stesso, perché in parte ho dato io il via a tutta questa situazione e serie di eventi. Se io non me ne fossi andato di casa, forse tutto questo non sarebbe successo. Ma ora mi chiedo: riuscirò mai ad andare avanti e dimenticare ciò che Sally ha fatto con Sam?

«Allora?» domanda lui con apprensione.

Il mio tono è vuoto solo all'apparenza. «Se n'è andata. Sally non c'è.»

Harry ti presento SallyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora