28' Capitolo

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"Arden.. Ehi.. Arden, svegliati." un sussurro famigliare e vicino picchiettava al suo orecchio come la fastidiosa suoneria di una sveglia. Qualcuno teneva la mano appoggiata sulla sua spalla, qualche volta la muoveva piano, come a voler rendere più efficacie il suo risveglio. "Su, sono le tre del pomeriggio, non puoi dormire tutto il giorno." sussurrò ancora quella voce.

Dopo che la sua mente, come prigioniera del sonno, riuscì a liberarsi delle catene, allora mise a fuoco il soggetto da cui proveniva quella cantilena di 'svegliati'. Era Cora, e cercava di svegliarla, appunto, nel modo più dolce e carino possibile.

Arden aprì piano gli occhi, con un lamento per via della luce troppo intensa del sole che splendeva fuori. Si rigirò nel letto fino ad essere voltata verso la sua amica e la guardò per un po' con gli occhi che sembravano chiusi ma non lo erano. La colpì la consapevolezza di quello che era accaduto la sera prima e si sentì riempire di vergogna e dolore. Avrebbe voluto fare finta di dormire, continuare ad essere in uno stato inconscio per sempre, ma non poteva.

"Ruthie ha creduto che tu fossi morta." sussurrò Cora facendo un debole sorriso, quasi a voler trascinare dentro al buonumore anche Arden. Ma la cosa non le riuscì e lo capì presto.

La ragazza sdraiata aveva aperto gli occhi e guardava un punto indefinito nella stanza, le mani sotto al cuscino e Cora che ancora le stringeva una spalla con moderazione.

"Che ore sono?" chiese Arden sicura di aver capito male quello che Cora le aveva in precedenza riferito.

"Le tre del pomeriggio. Hai perso una giornata di intenso studio." e le accarezzò i capelli. "Senti.. Harry è passato di qui stamattina ma io e le altre abbiamo fatto muro per tenerlo alla larga. Non so di preciso cosa sia successo e nemmeno voglio saperlo, ma comincia a non piacermi."

Arden sentì che un'ondata di altre, stupide, orrende lacrime si apprestava a raggiungerle gli occhi, ma le scacciò. Non poteva continuare a piangere in eterno e non poteva farlo di fronte a Cora. "Grazie." sussurrò solamente, con la voce che era un graffio. "Ho bisogno di una doccia."

"E di un buon pasto. Secondo me anche di una persona con cui parlare ma non ti costringerò a dire nulla. Solo.. Ti ha fatto del male?" e si alzò in piedi dandole le spalle.

"No, non fisicamente." fu la semplice risposta.

Non appena si mise a sedere Arden si accorse di avere addosso ancora i vestiti che Harry le aveva prestato la sera prima e si sentì soffocare dentro di essi come se avessero avuto il potere di restringersi fino ad uccidere qualcuno. Voleva toglierseli.

"Ti abbiamo vista entrare ieri sera.. Eri abbastanza sconvolta e poi ti sei subito messa a.. a dormire." le parole che Cora lasciava uscire dalla bocca sembravano più che pesate. Non voleva dire la cosa sbagliata in un momento così delicato, e stava riuscendo nell'intento.

"Cora- la richiamò Arden- non dire a nessuno quello che ti sto per riferire, okay?" non la guardava, sembrava guardare il nulla, ma la sua voce era distinta. "Ne a Ruthie, ne a Felicia, ne a Miles e tanto meno a Jacky" Jacky era la ragazza di cui Cora era perdutamente innamorata. "So di potermi fidare di te, infondo non hai mai lasciato scappare nessuna delle poche cose che ti ho detto, a differenza di altri.." sussurrò di nuovo. L'amaro pesava su quelle parole mentre lei non poteva fare a meno di pensare ad Irbel. A quello che aveva creduto il suo amico più grande. L'unico che avesse mai saputo qualcosa sulla presunta morte di sua madre, sulle sue medicine, sulle sue sedute da psicologi e vari.. E a come l'aveva tradita, come l'aveva tradita dicendo tutto a qualcuno che non meritava di sapere.

"Certo." fu l'unica cosa che Cora disse prima di rimettersi seduta accanto a lei nel letto, attenta a non sbattere la testa sul letto di Felicia.

"Ieri sera.. Ieri sera ero così sconvolta perché mi sono accorta di non avere mai avuto un amico, come invece credevo, in Irbel. Lui, Dio, lui sapeva di me più di chiunque altro al mondo, eccetto mio padre, e io mi sono fidata in modo assurdo di lui e di tutte le sue dannatissime rassicurazioni. Irbel sapeva quello che tu hai scoperto: ovvero, delle medicine che prendo per riuscire a dormire. Non sapeva, per fortuna, che cosa mi ha portato a doverne fare uso e perdonami se non lo rivelo nemmeno a te, ma sapeva che avevo un problema, un problema con cui convivo e che non posso semplicemente ignorare. Nel caso non avessi già scoperto che cosa sono.." si fermò per prendere una lunga boccata d'aria ".. quelle pillole, te lo dirò io. E' uno psicofarmaco, nemmeno legale negli Stati Uniti, che il mio psichiatra mi ha consigliato. Solo quando ho cominciato a farne uso sono riuscita a ritagliare poche preziose ore di sonno. Gli incubi mi assalgono e sono letteralmente terrorizzata dall'idea di perdere il contatto con la realtà da quando.. ho vissuto quello che ho vissuto." si passò una mano sul braccio perché percossa da brividi. Sentiva la pelle d'oca pervaderla.

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