Epilogo

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Il sole splendeva alto nel cielo, e c'era qualcosa che, mischiato alla brezza di fine Novembre, rendeva tutto assai accogliente benché non ci si trovasse all'interno di una casa. Il Lago Seneca pareva una pista di pattinaggio, accarezzava i bordi della terra morta mentre sopra di lui si libravano gli uccelli invernali o coloro che non avevano fatto in tempo a migrare in zone più calde del pianeta. La casa degli Ibsen si ergeva lì dove era sempre stata, nella sua piccola ma accogliente ed accattivante struttura, con quello che di migliore qualcuno può chiedere per vivere una vita silenziosa e pacifica. Vi erano parecchi ettari di terra che Samuel Ibsen si era premurato di comprare per poter riservare un'ampio raggio di privacy a sua moglie che tutti credevano defunta e che adesso, come un caso ironico della vita, era morta per davvero.

Ci sono cose della vita che dovrebbero renderci tristi ma che invece ci sollevano solamente, e questo, perché siamo esseri umani nati per rimproverare noi stessi, ci fa sentire in colpa. Ad esempio: non dovremmo provare sollievo alla morte di una madre o di entrambi i genitori, eppure questo era tutto quello che Arden ed Harry potevano provare assieme ad un misto lontano e remoto di tristezza. Sedevano uno accanto all'altra su di una panchina in metallo freddo, silenziosi come lo erano statti sulle panchine di Harvard tempo addietro. Sembravano passati anni ed invece erano solo settimane. Com'è imprevedibile e senza senso la vita.

Si, è vero, non dovremmo provare sollievo dalla morte di qualcuno, sopratutto se, anche in modo indiretto, siamo stati noi a togliere loro la vita; ma alla fine tutto quello che i Rimemori avevano fatto era stato rendere grazia alle Anime prigioniere di corpi vuoti. Loro avevano fatto del bene ponendo fine alle sofferenze delle persone che più li avevano amati in tutta la loro vita.

Magari adesso non capivano benissimo il loro gesto: le ferite erano ancora troppo aperte e l'inchiostro con cui la loro storia era stata scritta era ancora stroppo fresco per poter voltare pagina. Eppure sarebbe arrivato un tempo in cui tutto quello che avrebbero ricordato di tutto quello che avevano vissuto, sopratutto nei confronti di loro stessi gesti, sarebbe stata giustizia.

Il sole era pallido ma presente, l'aria fresca e pura, e se solo si chiudevano gli occhi si poteva credere di essere nella lontana Siberia con il vento che soffia alle orecchie e il freddo che punge la pelle. "Nessuno se ne sta in silenzio come facciamo noi due." disse poi Harry senza guardare Arden. Aveva lo sguardo fisso davanti a lui, indossava jeans e camicia neri, un cappotto dello stesso colore e stivaletti di un marrone così sbiadito da sembrare vecchio di secoli. I suoi capelli ormai troppo lunghi venivano spostati costantemente dal vento che gli arrossava le gote e la punta del naso. Gli occhi verdi risaltavano sulla pelle pallida a causa del freddo e le mani erano strette nelle tasche del cappotto. Pareva un personaggio dipinto, nemmeno vero.

Lei, Arden, non era poi così diversa: abito e soprabito neri, calze velate dello stesso colore e scarpe scure. I capelli sciolti e le labbra screpolate ma rosse. Gli occhi lucidi e grandi, ma non piangenti.
Lì, a rimirare le tombe di chi avevano amato, sembravano stranamente distanti ed in sintonia allo stesso tempo.

"E' sempre stato così, dico bene?" fu la risposta della ragazza.

"Hai ragione." sussurrò lui. "Non riesco ad essere infelice come lo è Gabe o come lo è tuo padre..." sussurrò. "E poi, non trovi che il fatto che al funerale dei miei genitori e di tua madre ci siano si e no dieci persone?" disse guardandola per la prima volta.

"Mia madre è già morta per tutti quelli che la amavano. Ma credo che a lei non darebbe fastidio avere poche persone intorno alla sua bara, infondo ha sempre odiato i funerali."  si strinse nelle spalle. "E poi.. non credi che sia normale che io e te siamo un po' insensibili a certe cose?" gli chiese osservandolo negli occhi.

"Il fatto che la vita ci abbia da sempre preso a schiaffi dovrebbe giustificare il fatto che non piangiamo sulle loro tombe?" e fece un cenno verso le tre lapidi bianche sotto un vecchio salice piangente.

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