76' Capitolo

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Harry sentì a malapena il vortice caldo che lo trasportava in un posto che smetteva di essere un luogo di vetro ed urla. Canyon gli aveva stretto la spalla così forte mentre il soffio blu uscito dalla bocca di Arden cominciava a vorticare fino ad inghiottirli che Harry sentiva ancora le unghie dell'amico nella carne. Ma Canyon aveva perso la sua presa su Harry non appena il vortice aveva raggiunto la sua piena potenza, ed adesso danzavano tutti e tre nel vortice come feti nel liquido amniotico del ventre materno.

Non sapeva dove stava andando, i suoi occhi erano pensati di lacrime e caldo. Dentro di se sentiva che non gli importava abbastanza di dove stavano per essere scaraventati. Sperava si fossero trovati in cima ad un vulcano così che vi si potesse buttare dentro e farla finita, perché c'era solo quello nella sua mente, chiudere tutto e tutti. Se non poteva essere con lei allora non poteva essere e basta. Magari le persone non potevano capirlo, ma non gli importava, infondo loro non l'avevano mai fatto, capire.

Il vortice finì più in fretta di quanto si ricordasse, o forse era solo per il fatto che non gli importava, non sapeva dirlo. Tutto finì, tenne gli occhi chiusi, avvolto dal silenzio immobile. Un ronzio familiare e un profumo che gli riempì di nuovo gli occhi di lacrime: lavanda e cardamomo, l'odore di Arden.

Aprì lentamente gli occhi, sentendoli pesanti e con le palpebre quasi incollate fra di loro. La prima cosa che vide fu il servizio da tè sul tavolino basso di fronte a loro, poi quattro facce ben note e distinte: Miles, Cora, Gabriel ed Irbel. Nel suo campo visivo rientrò ben presto anche il ghigno di Pogar che fissava qualcosa accanto a lui. Harry a sua volta poté notare Walsh aprire gli occhi e guardare dove guardava Pogar, Canyon fece lo stesso. E lui si sentì morire.

Sentiva le sue dita tiepide accanto alle proprie, la sua mano così vicina e il suo profumo così simile a com'era tutti i giorni che lo fece stare male fisicamente. Non è giusto, pensò dentro di se, che le cose continuino ad apparirmi immutate se in realtà non sono le stesse.

Voltò a poco a poco la testa verso Arden, seduta accanto a lui con gli occhi chiusi: sembrava trattenere il respiro ed aveva del sangue sull'orlo della maglietta, un ricordo forse non così piacevole dell'Isola Fluttuante. Ma tanto non avrebbe più ricordato, quindi il problema non si poneva neanche.

Il silenzio che aleggiava nella stanza lasciava intendere che tutti avevano capito cosa era accaduto, che tutti avevano compreso. Gli occhi di Cora erano lucidi di lacrime mentre ispirava forte tra i denti e si copriva la bocca con le mani. Miles fissava la scena pietrificato, il volto sudato come mai lo aveva visto prima d'allora, Irbel non aveva colori sul viso e fissava quella che era stata la sua migliore amica come se a malapena potesse restare in piedi. Poi i suoi occhi si posarono su Gabriel aveva negli occhi un misto di pena e sollievo: pena per quello che era successo perché era gentile per natura e sollievo perché quello Obliato non era suo fratello. Harry avrebbe voluto ucciderlo con le mani. Ma non lo capiva che l'aveva perso comunque?

Guardò di nuovo Arden, vide Walsh precipitarsi verso di lei ma scoprì se stesso svelto nel mettersi tra il professore e la ragazza che pareva aver smesso di respirare e vivere. "Stalle lontano!" gridò con quanto più fiato aveva in gola, scoprì la sua voce roca più del solito, quasi graffiata. Provava un dolore immano alle corde vocali ma non gli importava, andava di pari passo con quello che provava nel petto, nel cuore.

Nel silenzio tombale della stanza allungò una mano ed afferrò quella immobile di Arden, fragile e priva di vita, a pochi centimetri dalla sua, la strinse quanto più forte poteva, aspettandosi forse di svegliarla per il dolore fisico, ma sapeva che non funzionava così. Tornò indietro di cinque anni, in una notte che non era notte ma alba, coi suoi genitori seduti rispettivamente uno accanto all'altra sul sofà del loro soggiorno, gli occhi spalancati nel vuoto buio e freddo e lui a richiamarli invano. "Arden.." sussurrò scoprendo la voce debole e rotta dalle lacrime. Allentò di poco la presa sulla sua mano ma non la lasciò andare. Sentiva sette paia di occhi puntati su di lui, su lui e Arden, ma non gli importava, era come se nessuno di loro ci fosse davvero. Chiuse gli occhi per un attimo e prese un lungo respiro sperando che i polmoni gli scoppiassero assieme alla cassa toracica. "Ehi.." le disse poi spostandole una ciocca di capelli dal viso impassibile. "Ma che Diavolo stai facendo, eh, Arden Rose?" le disse mentre si metteva in ginocchio davanti a lei, le stringeva entrambe le mani ed appoggiava la fronte sulle sue ginocchia. "Cosa pretendi che faccia adesso? Cosa di preciso? Ti prego dimmelo perché io non so proprio cosa fare adesso.." sussurrò sentendosi debole e senza sostegno. Sentiva il suo profumo così vivo nelle narici e voleva solo morire.

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