2' Capitolo

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"U-Umbert? Morto?" la voce di Arden si spezzò mentre formulava quella parola orribile. Guardava ora Miles ora Irbel cercando di capire qualcosa in più.
"Questo è quello che hanno detto." continuò Miles entrando e chiudendosi la porta alle spalle. Concordavano tutti e tre sul fatto di restare lì e non uscire prima che le acque si fossero calmate, anche se avesse significato starsene lì per tutto il semestre. Si sedettero sui letti:
"Che inizio ragazzi."
"Che cosa gli è successo?" chiese Irbel pallido come un lenzuolo, sembrava che avesse visto un fantasma, e quello che avevano scoperto ci andava davvero vicino.
"Non si sa. Davvero. Nessuno sa nulla. Hanno chiuso subito la porta dell'archivio e stanno aspettando che arrivi la polizia. Non mi ricordo il nome della ragazza, ma a quanto dicono stava facendo il tour del campus e si è persa nella biblioteca fino ad arrivare ai vecchi archivi e lì.. beh.. lì l'ha trovato. Era da un po' che nessuno lo vedeva, quindi immaginatevi la scena." si strinse nelle spalle percosso da un brivido che attraversò a ruota anche gli altri due. Irbel si fece più vicino ad Arden, come se lei potesse davvero fare qualcosa in quella situazione.
"Per Dio, non l'avranno mica-"
"Ucciso?" Miles McMiller completò la frase per lei mentre la fissava con gli occhi scuri pieni di macabra eccitazione. Qualcosa le faceva pensare che da quel giorno in avanti quello sarebbe stato lo sguardo di tutti gli studenti. E di quelli a venire quando la storia sarebbe stata raccontata, ingigantita e gonfiata per scacciare la noia e gli esami dalla mente. Perché è così che funziona da quando il mondo è mondo.
"Non si sa, ve l'ho detto. I professori stanno cercando di tenere a bada tutti: turisti e studenti. Ma c'è una calca che non vi dico. Più che essere terrorizzati sembra quasi che tutti non vedessero l'ora che qualcosa di simile accadesse." e si trattenne dallo sputare solo perché era al chiuso.
Il silenzio era squarciato solo dai passi di fuori, dalle voci, dai tumulti.. In cuor suo anche Arden la pensava come Miles, la sola differenza era che lei non ne era molto affascinata, ma d'altronde lei non era il direttore di un giornale. Invece Miles McMiller si, e chissà quanto avrebbe venduto il Crimson una volta schiaffeggiata in prima pagina la morte di qualcuno.
"Non posso crederci." sussurrò poi guardando fuori. Umbert Osborn era uno dei bibliotecari della grandissima riserva di libri di Harvard, il più vecchio e rispettato, qualche volta andava addirittura nelle classi a sostituire questo e quel professore di letteratura e gli studenti erano abituati a considerarlo parte integrante di Harvard.
"Non è affatto una bella cosa- se ne uscì poi fuori Irbel- ma ci pensate quanto questo sarà catastrofico per l'università? ci pensate al fatto che avremo tra i piedi controllori, ispettori, polizia e un sacco di altre autorità fino a quando non scopriranno che cosa è successo? Ci pensate che la maggior parte delle matricole seguirà l'esempio di quella ragazza ed andrà ad iscriversi da qualche altra parte?"
"Non essere stupito Irbel, siamo ad Harvard, cose come questa possono solo ingigantire la voglia di frequentarla." Miles aveva ragione, era l'aspetto macabro di una società in cui non esiste cattiva pubblicità.
"Il povero Umbert. Ma che diavolo è successo?" gli occhi verdi di Arden si spalancarono mentre guardava i due ragazzi. "Insomma non è che qualcuno muore così, di punto in bianco. Problemi di salute? Era vecchio, ma, e che mi venga un accidenti adesso se mi sbaglio, era più in forma di me, e il fatto che facesse avanti ed indietro per il campus e rampe su rampe di scale nella biblioteca lo dimostrava. Dannazione."
"Sono cose che succedono." Irbel giustificò la situazione.
"Si, va bene, ma bisogna sapere perché." continuò Miles.
"E questo- cominciò Arden mentre indicava Miles e guardava Irbel-  è perché lui è il capo direttore e tu solo il vice." nonostante la situazione si permisero tutti una risata smorzata mentre chinavano il capo.
Trasalirono quando sentirono la porta aprirsi e qualcuno entrare. Si voltarono di scatto tutti e tre, sorpresi siccome pensavano che tutti quelli del dormitorio fossero a cercare di intravedere qualche parte del corpo di Umbert Osborn.
Sulla soglia se ne stava un ragazzo alto, la palle abbronzata, tutto per via delle vacanze e del sole. Aveva un fisico atletico ed un volto determinato.
In spalla trasportava un borsone, uno solo, nero, nemmeno tanto gonfio, il che fece arrossire leggermente Irbel, visto che lui a confronto aveva portato con se quasi mezza casa.
Il ragazzo sulla soglia studiò i tre con occhio attento prima di avanzare: indosso jeans neri, t-shirt, giacca e ai piedi stivaletti consumati.
"Ciao." esclamò Irbel alzandosi in piedi di colpo rendendosi conto di quanto risultasse maleducato starsene lì seduti a fissarlo. Che fosse il proprietario del letto sul quale sedeva Miles? Questo era alquanto verosimile. "Irbel Hart- e porse la mano- il proprietario della stanza nel caso tu abbia sbagliato, il co-proprietario nel caso tu sia nel posto giusto." e sorrise, uno di quei sorrisetti che di solito facevano innamorare un numero esorbitante di ragazze; ma quello aveva tanto l'aria di un tipo che aveva bisogno di almeno un paio di sorrisi per essere convinto.
Strinse la mano ad Irbel. "Co-proprietario." Affermò guardandolo diritto negli occhi.
"Fantastico!" rise Irbel mentre si spostava a disagio. All'improvviso anche le voci al di fuori si erano zittite.
"Loro sono Miles McMiller e Arden Ibsen." ed indicò prima il ragazzo che si alzò precipitosamente dal letto del nuovo arrivato e si mise a sedere accanto a quella che era stata indicata per seconda. Arden osservò lo sconosciuto negli occhi e rimase sorpresa di trovarli di un verde chiaro e vivace e si chiese come stessero risultando i suoi, molto più scuri e molto meno vitali. Ebbero entrambi la fortuna di accorgersi delle somiglianze.
"Ragazzi..- continuò Irbel guardando i due sul suo letto- lui è.." ed indicò il ragazzo alto che se ne stava lì a guardarlo.
"Harry Styles." specificò porgendo la mano da prima a lei e poi a Miles. Fu libero di mettere il suo unico borsone sul letto.
"Sei nuovo? Non deve averti fatto una buona impressione come primo giorno." Irbel, per essere uno che aveva passato gli ultimi istanti sul punto di svenire, sembrava fin troppo esuberante e felice di non essere da solo in camera. O forse era solo molto bravo a fingere.
"Me ne farò una ragione." rispose secco Harry mentre guardava con una faccia quasi inorridita il maglione cremisi di Irbel. "Dico bene?" ed alzò un sopracciglio.
Arden si trattenne dal sorridere solo perché era consapevole dello stato di imbarazzo in cui si trovava il povero Hart in quell'istante. Ma aveva un qualcosa di affascinante quel tipo nuovo. Che fosse il suo vestiario, la sua disinvoltura nell'entrare nella propria stanza e trovare tre persone sconosciute e non battere ciglio o il fatto che avesse evitato di cadere in una serie di frasi fatte, cose che era fin troppo semplice viste le circostanze. Lo guardò un altro po' e poi distolse gli occhi per guardare Irbel e Miles.
"Io devo chiamare mio padre e dirglielo prima che lo scopra dal telegiornale, di Osborn, altrimenti sai come mi scordo di starmene in giro da sola?!"
"Ehi, Ibsen.." e Irbel la indicò con connivenza mentre sorrideva di lato
"Questo è l'effetto del Massachusetts." completò lei alzandosi ed imitando la voce di suo padre che nemmeno due anni fa aveva detto queste parole in presenza di Irbel per giustificare il fatto che lui e sua figlia avessero fatto più assenze di quante ne fossero permesse.
Miles e quello Styles li guardarono come si guarda una trasmissione televisiva divertentissima in una lingua sconosciuta.
Poi il primo sospirò alzandosi. "Devo andare. Mi staranno cercando per quello che è successo. La preside vorrà riempirmi la testa con cose come: 'non scrivete di questo' 'abbiate rispetto di quest'altro' e tante altre cose noiose che mi permettono di tenermi calda la poltrona al Crimson. Anche tu dovresti passare a fare un giro al giornale, comunque, Irbel. Ti dico dopo dove facciamo l'assemblea visto che la biblioteca non penso sarà disponibile per un po'." si passò una mano nei capelli ispidi e neri.
"Come vuoi." fu la sola risposta che Irbel gli diede prima di lanciargli un'ultima occhiata.
"Beh, è stato un vero piacere rivederti Arden, ed è stato un piacere altrettanto grande conoscerti, Harry." fece un cenno a tutti e tre prima di uscire dalla stanza picchiettando le dita sul legno della porta. I suoi passi erano gli unici a risuonare nei corridoi, anche se pian piano il dormitorio si stava riempiendo di nuovo.
"Vai via davvero, Arden?" chiese Irbel. Si sentì la cerniera della borsa del ragazzo nuovo scivolare ed essere aperta con un colpo secco. Gli altri due evitarono di guardare anche se il loro istinto portò gli occhi in quella direzione.
"Temo di si. Se vuoi ci vediamo stasera, andiamo a prendere qualcosa da mangiare qui in giro." fece spallucce mentre se ne stava sulla soglia. Sistemò meglio gli occhiali sul ponte del naso.
"Certo. Vieni anche tu Harry?" chiese Irbel. Questi guardò in direzione della ragazza sulla porta poi fece appena appena un cenno di assenso. "Bene. Sai? Qui la mensa e la caffetteria sono piene di Junior carinissime, ti ci porterò un giorno." sorrise ammiccando.
Umbert Osborn sembrava cosa passata.
"Ci vediamo stasera allora." salutò lei agitando pigramente le dita in aria prima di uscire dalla stanza Percorse la stradina in ghiaia fino ad arrivare di nuovo davanti alla statua di John H. e poi si diresse verso le casette opposte, quelle che erano a ottocento metri dalle confraternite. I dormitori femminili. Le capitò di incontrare persone eccitate per quello che era accaduto in biblioteca, insegnati indignati per come l'alto livello della scuola veniva dimenticato in certe occasioni, la preside vagava in giro come una matta con accanto McMiller che le faceva aria. In realtà Harvard non era poi così diversa da qualsiasi altra scuola, anzi. Forse la sua fama era stata gonfiata ed ingigantita esattamente come le sue storie e le sue leggende.
Arrivò davanti al suo dormitorio e fece i pochi gradini che portavano alla veranda e poi all'entrata. Le porte principali erano spalancate e così rimanevano sempre i primi e gli ultimi giorni di scuola, quando i bagagli dovevano essere trasportati dentro e fuori. La sua stanza, che era rimasta invariata per tutta la sua permanenza all'università, era all'ultimo piano, al terzo. Nemmeno le sue compagne di stanza erano cambiate, per fortuna o sfortuna. La camera la condividevano in quattro. Spesso pensava a quanta fosse la fortuna di Irbel: una stanza con un massimo di due letti solo perché lui lavorava per il Crimson, mentre lei, che si 'limitava' allo studio, doveva condividere una stanza con tre persone. Non che avesse molto di cui lamentarsi in realtà, la compagnia non era male perfino per lei, che riconosceva di non essere la persona più facile del mondo.  Si stese nel suo letto, quello di sotto del letto a castello. Contemplò le molle di quello di sopra mentre godeva della poca pace che le lasciavano le sue compagne attratte come orse dal miele che era la morte di Umbert. Guardò fuori dalla finestra e sorrise. Tutti i dormitori erano muniti di scale antincendio: queste percorrevano la schiena degli edifici rossi come scheletri di metallo e formavano un balconcino ogni talvolta che vi erano porte o, come nel caso della sua stanza, finestre abbastanza ampie da permettere il passaggio di una o più persone. Così ecco che loro erano munite di un bel balcone di metallo. Una delle sue compagne di stanza l'aveva riempito di fiori per renderlo più piacevole alla vista, ed Arden era felice che quei fiori fossero ancora lì. L'amministrazione aveva permesso i balconcini in buonafede, nel senso che sperava i suoi studenti avessero abbastanza paura dell'altezza da non avventurarsi da quelle parti. Ma il punto era che ogni volta che qualcuno doveva uscire o entrare senza dare nell'occhio, usava le scale antincendio. Ed avevano sempre funzionato.
"Veritas, Veritas, Veritas!" urlarono tre voci distinte alla porta mentre la spalancavano. Arden si alzò per vedere le sue tre compagne di stanza entrare una dopo l'altra. "Ed eccoci, un altro anno insieme." sussurrò la più vivace di esse: Cora Crane. Abbracciò la ragazza già nella stanza e poi diede modo anche alle altre di farlo. "Ma avete visto il povero Osborn morto freddato?"
"Non avrai intenzione di continuare?!" la rimproverò Felicia andandosi a sdraiare sul letto sopra quello di Arden.
"Tu l'hai sentito vero?!" chiese Ruthie mentre faceva del suo meglio per salire nell'altro letto. Le avevano dato apposta quello più alto per vederla litigare con la sua bassezza.
"Si, me l'ha detto Miles."
"McMiller?" chiese Cora mentre si toglieva gli orecchini a cerchio e li buttava sul suo letto, sotto Ruthie Palmer.
"McMiller." Annuì lei. "Era un fantasma quando ce l'ha detto." sussurrò continuando a fissare le molle del materasso di sopra, adesso si intravedeva la forma del corpo di Felicia Warren.
"Eri con Irbel?" le chiese questa.
Emise un suono con la gola che stava a segnare qualcosa di positivo. "Ce n'è uno nuovo." sussurrò ancora.
"Matricola o Junior?" chiesero Ruthie e Cora mentre entrambe si reggevano sul gomito per poter guardare le altre due sdraiate nei letti dalla parte opposta della stanza.
"Senior. Divide la stanza con Irbel." fece spallucce.
Tutte e tre si ammutolirono. Felicia fece dondolare la testa dal piano superiore per poter osservare Arden.
"Un Senior eh?" chiese con un sorriso perverso. "E dicci, Ibsen, quanto è gustabile in una scala da zero a Dorian Gray?"
Le altre due fecero un coro allusivo mentre ridevano. "Carino..- fece spallucce nonostante fosse nel letto e le risultasse difficile- non credo sia molto amichevole. Ha lasciato Irbel a corto di parole." e rise.
"E sappiamo quanto è difficile, vero Palmer?" Cora rise dando un calcio al letto sopra di lei.
Ruthie era uscita una volta con Irbel ed era tornata nel dormitorio traumatizzata dicendo che nessun umano poteva parlare così tanto. Da lì Arden era diventata amica di Irbel, perché Ruthie l'aveva mandata a fare il lavoro sporco e a dire ad Hart che non voleva più vederlo.
"Come si chiama?" chiese Ruthie lasciando perdere Felicia e Cora che la canzonavano.
"È un tale di nome Harry Styles."

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