Landmark

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BRAD
Kess camminava tesa verso la sua stanza, mi aveva fatto vedere la cucina, il salotto, il bagno, ma mi aveva proibito di aprire la porta della stanza di Sellen gridando un: "Non aprire quella porta!" e da lì abbiamo cominciato a parlare dei film horror e del fatto che lei non ne avesse mai visto uno.
D'un tratto mi venne voglia di sapere più cose su di lei, anche se la conoscevo meglio di chiunque altro. Ma volevo sapere anche ogni minima sciocchezza.
Aprì la porta della sua stanza e ci entrò.
<Non è nulla di che, ma a me piace...> disse girandosi attorno.
Era una stanza adatta a lei, ma era più bella se in quel letto la mattina si fosse svegliata con il sorriso sulle labbra accanto a me.
<Cos'è che ti piace di più di questa stanza?> chiesi con voce rauca.
Lei parve distratta e non capì: <Come?> chiese riportando il suo sguardo su di me.
D'un tratto volevo sapere cosa stesse pensando ma gli rifeci la domanda: <Cosa preferisci di questa stanza?> chiesi di nuovo.
Lei si corrucciò probabilmente perché ancora non ci aveva pensato.
Si guardò a torno e poi guardò la finestra con il piccolo divanetto sotto di essa.
<Questa!> indicò andandosi a sedere lì proprio dove aveva puntato lo sguardo.
Le sorrisi e lei ricambiò il sorriso.
In quel momento il mio cuore cominciò a battere più forte, era così bella, forte e sicura di se che non potevo fare a meno di levarle lo sguardo di dosso mentre lei osservava fuori dalla finestra.
Presi il telefono e le scattai una foto.
Lo rimisi in tasca velocemente e tornai a guardarla.
<Tutto okay?> chiesi poiché volevo saperle cosa le stesse passando per la testa.
<Uhm... si> rispose lei guardando per terra.
<Sunrise, dimmelo...> obiettai, poiché qualunque cosa fosse volevo starle vicino.
Lei mi guardò e sospirò: <Secondo te, le persone mi sono amiche solo perché sono la figlia di Michel Santana? Insomma poi io sono raccomandata? Forse si... in realtà nessuno mi sopporta e non meriterei di essere qui, è solo grazie alla sua fama... vero?!> chiese.
Mi piacque il fatto che si confidò così apertamente con me, ma mi distruggeva vederla così.
E poi mi ero anche dimenticato che suo padre era Michel Santana, io le stavo vicino solo perché non sapevo affatto starle lontano, e quindi perché lei era il mio punto di riferimento.
<Cosa? No! Certo che no. Sunrise metà delle persone di questa città sono figli di fottuti ricchi sfondati e credimi nessuno sa che tu sia sua figlia! Come puoi pensare una cosa del genere? Sei qui grazie a te e a nessun altro!> dissi scrutandole il volto.
<Ma guarda! Tutti vi state allontanando da me, sono sola e prendo alla maggior parte delle materie il massimo dei voti! E spesso gente che non conosco mi saluta!> obbiettò lei.
<Numero uno, tu ti sei allontanata da noi; numero due non sei sola, io sono sempre con te; numero tre, la gente ti saluta perché tutti ti vogliono rimorchiare, Dio tu sei bellissima e così intelligente e proprio per questo i tuoi voti sono frutto del tuo impegno non del nome di tuo padre, hey e poi in francese i tuoi voti fanno schifo!> ammisi ridendo e lanciandole un cuscino in faccia.
Fece un risolino che mi creò una scarica di brividi lungo la schiena.
<Scemo!> disse rilanciandomi il cuscino ma lo presi prima che mi arrivasse sull'addome.
Guardò l'orario sul suo casio e balzò in piedi.
<È tardi, ho lezione tra dieci minuti! Devo muovermi!> disse incominciando ad aprire cassetti e a cacciare panni e biancheria fuori da essi.
Raccolsi da terra una mutandina di pizzo bordeaux e lei divenne paonazza strappandomela di mano.
<Esci, devo cambiarmi!> disse.
<Ti ho già vista senza vestiti, per me puoi anche ballare tutta nuda, non è un problema!> dissi ridendo e lei mi lanciò un'occhiata.
<Andrò in bagno, allora!> borbottò ma la superai e uscii dalla stanza sbuffando come un cucciolo abbandonato.
Socchiusi la porta in modo da poterla sbirciare ma lei se ne accorse e la chiuse addirittura a chiave.
Stetti otto minuti su quel divano che sembravano ore senza di lei.
Quando uscì in quel momento mi venne un'erezione.
Era stupenda, con quei collant attillati che le incidevano ogni sua forma, con una felpa rosa e corta con il cappuccio. 
Andò in bagno e la seguii, si aggiustò la crocchia che aveva in testa e prese i trucchi.
La fermai: <No sei bellissima così, non ti truccare!> dissi.
Le si fecero le guance rosse e mi venne un'altra erezione.
Dio Kess, qui andrà a finire che ti sbatterò contro il muro del bagno e ti scoperò.
Pensai tra me e me.
E me ne dovetti andare per non farlo sul serio.
Riandai in salotto e lei venne con un po' di mascara sulle ciglia.
Fui felice che aveva ascoltato il mio consiglio, perché anche senza trucco era sempre splendida.
Prese una graffa dal bancone della cucina e se la inghiottì.
Mi appoggiai allo stipite della porta mentre lei si scrollava con le mani la maglia coperta di zucchero.
Mi guardò e spalancò gli occhi: <Oh Dio, volevi un po' di graffa?> chiese ma io scossi la testa ridendo.
Sospirò sollevata e mi sorrise.
Quanto avrei voluto baciare quel sorriso.   
Prese le chiavi e mi superò.
Fummo fuori nel campus e in quell'istante tutti gli occhi dei ragazzi finirono su di lei ma Kess non parve nemmeno accorgersene, mentre io si, e volevo fare un grosso livido a tutti quegli occhi puntati su di lei.
Lanciai un occhiata ad uno dei tanti che un altro pò aveva le cascate del Nigara che gli scorrevano dalla bocca. Pervertito.
Contrassi la mascella e lui se la filò dai suoi amici pervertiti.
Kess era solo mia, e tutti dovevano capirlo altrimenti non sarei stato in pace, ma qui l'unica che non lo sapeva era proprio lei, ma prima o poi dovevo fargli capire una volta per tutto i miei sentimenti! Altrimenti sarei impazzito per il troppo amore e per la dipendenza nei suoi confronti.

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