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Passai la mezz'ora seguente in stanza a finire i compiti che mi mancavano. Cercavo in vano di ignorare la musica assordante che proveniva dal terrazzo indossando i miei auricolari. Non sapevo quanto sarebbero rimasti Tom e Timothée, ma speravo di certo non per molto.

E speravo che non avrebbero chiamato delle loro conoscenza per raggiungerli. In genere erano universitari, bodybuilder o qualche trentenne hipster.

Perché Jason era amico con tutti e tutti erano amici suoi. E lui non discriminava, perché sapeva di poter ricavare qualcosa da tutti.

Sentii bussare alla porta. Mi voltai verso quest'ultima quando Jason l'aprì con un colpo. «Ei! Non ti ho neanche risposto», manifestai.

Mi ignorò completamente, buttandosi di schiena sul mio letto. Rimasi a bocca aperta sulla sedia. Capii dal modo in cui si stava atteggiando che era decisamente ubriaco e questo di certo non aiutava a farlo sembrare meno imbranato.

«Dove sono Tom e Timothée?», gli domandai alzandomi in piedi. Lo guardai dall'angolo del letto mentre lui restò, mezzo nudo, sdraiato sulla schiena. Il suo corpo formava una T.

«Sono tornati a casa», rispose puntando il suo sguardo nel mio. Avevo l'impressione fosse venuto per dirmi qualcosa.

«Ehm... perché sei sul mio letto?»

«Non posso?», domandò offeso, «Voglio parlare.»

Lo guardai con un sopracciglio alzato, incredula, ma quando non aggiunse nulla lo presi sul serio. Sospirai per mettermi a sedere sul materasso, abbastanza distanziata da lui. Sentii una strana tensione quando per sbaglio il mio ginocchio sfiorò la sua coscia. Mi allontanai di scatto.

«E di cosa vuoi parlare? Vuoi darmi delle spiegazioni?», gli chiesi poggiandomi con una mano alla coperta.

Aggrottò la fronte, le sue iridi verdi mi scrutarono con confusione. «Che spiegazioni?»

«Riguardo a quello che sta succedendo. Con quel gruppo di ragazzi-»

«-Cazzo», si portò le mani davanti al viso per sbuffare rumorosamente. Stese le braccia poi sul materasso. «Non c'è davvero da spiegare...»

«Bè, provaci.» Dovevo sfruttare il fatto che era ubriaco, probabilmente era l'ultima volta che potevo e io volevo risolvere quel dannato mistero.

Jason mi guardò insicuro, ma poi si rassegnò. «Ok. Ti ricordi di Josh, no?» Rabbrividii per annuire. «Ecco, non abbiamo sempre frequentato delle persone affidabili grazie a lui... Fatto sta che adesso ci ha lasciati in un mare di merda.»

«Non capisco», dissi inclinando la testa. Mi forzai a non abbassa lo sguardo sul suo addome. I suoi anelli dell'amore erano più marchiati di quanto mi ricordassi.

«Infatti non devi, Moore», si rimise in piedi. I muscoli della sua schiena si guizzarono ad ogni suo movimento lento. «Non ci capisco un cazzo neanche io.»

«Ma perché non ti tiri indietro? Non chiudi questa storia?», gli domandai insistente, ma lui abbassò lo sguardo per sghignazzare. Mossa il ginocchio sfiorando la mia mano e io la ritirai scottata.

Si voltò per uscire dalla porta, senza darmi spiegazioni. Rimasi un attimo ferma e sospirai. Cos'era stato?

Jason era stato. Lui si era alzato ed era uscito, perché sapeva che io lo avrei seguito. Che chiunque lo seguiva quando usciva da una stanza.

ThundersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora