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Lo sentii schiarirsi la voce: «Anche quella ragazza è una rompiscatole ventiquattro ore su ventiquattro e ha una strana fissa per il gelato-»

«Eh no però. Il gelato non me lo tocchi», lo minacciai, prima di mettermi a sedere e puntargli un dito contro.

Passò un'ora. In poche parole non avevamo seguito per niente la trama del film: tra Jason che non faceva altro che fare commenti sui capelli di George Peppard ed io che mi perdevo a pensare all'uscita con Jack. Ero sorpresa che Jason non avesse più fatto battutine nei suoi confronti.

Ad ogni modo ormai ci trovavamo lì, seduti uno di fronte all'altra sul divano, con una bottiglia di vino a giocare a "non ho mai...". In sintesi avevo scoperto che Jason non aveva mai urinato nel mare. Che mostro...

Mi misi comoda sul mio posto, tentando di coprirmi il più possibile con la coperta, mentre il moro socchiuse gli occhi per pensare attentamente a cosa chiedere.

Poco dopo si ricompose, rivolgendomi la sua completa attenzione: «Non ho mai fatto il bagno nudo.»

Deglutii. Notai il modo in cui mi guardò per mettermi alla prova. No, non avevo mai fatto il bagno nuda e non mi sorpresi affatto quando prese un sorso dalla bottiglia di vino.

Il vino diede un colore rossastro alla sue labbra.

«Ma che strano...», borbottai con lo sguardo basso. Maneggiai con le punte dei miei capelli.

Era incredibilmente scomodo perché non potei evitare di chiedermi con chi l'avesse fatto. E se stesse pensando in quel momento a quella persona. Osservai la sua espressione tranquilla.

No. No, non ci stava pensando.

Avrebbe già fatto una battuta perversa o raccontato l'accaduto in termini poetici.

O entrambi.

Aggrottò le sopracciglia non appena non mi vide bere. «Aspetta. Moore. Scherzi? Non hai mai fatto il bagno nuda?», domandò perplesso e divertito allo stesso tempo.

Gli lanciai un'occhiataccia e le mie labbra si assottigliarono. «Filston, non tutti sono degli incoscienti come te.»

«Non ci vuole tanta di quella responsabilità per fare un bagno nuda», ridacchiò prima di prendere un altro sorso.

E delle gocce gli caddero sul mento, per cui si pulì col dorso della mano.

Notai solo allora che la sua bottiglia di vino era ormai quasi finita, segno che il Jason con cui stavo parlando da ormai un po' di tempo era al quanto ubriaco. Più ubriaco di prima.

Scrutai la sua mano che era a pochi centimetri dalla mia spalle, sullo schienale. Sarebbe bastato un piccolo movimento perché potesse accarezzare la mia pelle.

E poi pensai a quanto visi quella mano aveva toccato; alzato menti per baciare, accarezzato guance per approvare e stretto colli per il gusto del potere.

Capii che avrei potuto cogliere quell'occasione e chiedergli quello che volevo. E lui mi avrebbe risposto. Lo vedevo dalla chiarezza dei suoi occhi e la sua mano inquieta.

Sorrisi, mentre pensai a cosa chiedergli. D'altronde avevo mille domande che avrei voluto porgli: perché ti comporti sempre da cazzone? È possibile che ci sia mai stata una parte sensibile in te? Hai mai amato qualcuno oltre che a te? Mi bloccai. Hm, può andare.

Ghignai scrutandolo, il ché lo fece innervosire. «Così mi spaventi», confessò, mentre mise in risalto le sue fossette.

Mi schiarii la voce, prima di alzare la bottiglia di vino che avevo in mano. «Non ho mai amato qualcuno.»

ThundersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora