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Jason

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Jason

«Ehm...sto interrompendo qualcosa?», sentii Josephine domandare, ma non mi curai di risponderle.

«Char, perdonami», sbottai poi, senza che me ne potessi accorgere.

Le parole per la millesima volta erano uscite senza che ci potessi ripensare. Charlotte mi osservò più sorpresa che arrabbiata.

Scosse col capo. «Non voglio parlarne adesso.»

Mi passai le dita tra i capelli, innervosito dalla situazione complicata che avevo creato. «Cazzo, Char, non ne vuoi parlare mai.»

«Perché finiamo sempre col litigare!», sbraitò poi, evidentemente perdendo il controllo.

«Ma che cazzo significa? Preferisci non parlarne proprio?» Non mi ero preoccupato principalmente quando aveva chiesto una pausa ma adesso potevo sentire crescere la paura di perderla.

Si poggiò al muro, mentre vidi i suoi occhi luccicare umidi.  A quella vista provai a darle confronto, senza poterla toccare: «Char, ti prego non piangere-»

«Non sto piangendo», mi interruppe infastidita, ma la sua voce rotta la tradiva. Continuava a tenere lo sguardo puntato su un punto in lontananza.

Non avevo idea di cosa potessi dire per farle rendere conto che sapevo di avere fatto troppe cazzate. Forse dovevo solo essere sincero, su tutto. Mi poggiai al muro e affonda il viso tra le mani.

«Senza te non so come vivere», mormorò.

«Neanche io», mi voltai speranzoso verso di lei, ma il suo viso non parve meno teso di pochi secondi prima, «ma dovremmo imparare a farlo.»

Si asciugò in fretta quella lacrima solitaria che le stava rigando il viso, scostando il viso come se se ne vergognasse.

«Intendi che non vuoi tornare insieme?» La voce mi stava tremando, ma mi tranquillizzai quando scosse il capo.

«Pensi che si possa amare troppo qualcuno?»

«Perché?»

«Perché forse se facciamo così tanta fatica a essere separati... non è qualcosa di buono.»

«Char. È così che dovrebbe essere.»

Ma lei scosse il capo e io mi sentii appesantire. Volevo semplicemente stare da solo. Avevo pensato che quelle settimane insieme avrebbero cancellato tutto, ma vedere il modo in cui mi guardava ogni giorno mi faceva rendere sempre più conto del fatto che la stavo perdendo.

Sorpassai Charlotte e mi incamminai sulla strada ghiacciata, sapendo che l'hotel era vicino. Se c'era qualcosa che odiavo di più di me era il modo in cui non sapevo controllare le emozioni quando stavo vicino a Charlotte, quando le parlavo.

«Dove vai?», la sentii chiedermi con insistenza.

Non mi voltai. «Torno in hotel. Ho sonno.»

A volte avevo paura che il battito accelerato potesse impedirmi di parlare chiaramente e ciò mi faceva imbestialire perché trovavo stupida una cosa del genere.

ThundersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora