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Inciampai non appena misi piede sul marciapiede. Jason mi fermò dal cadere con una risata.

«Solo te sei capace di sentirti male quando qualcun altro si fa bucare», sbottò senza riservatezza.

Solo come lui sapeva fare.

Alcuni dei passanti si voltarono con un'espressione spaventata. Mi tappai la bocca in una risatina, ma mi sentii subito dopo male. «Non è colpa mia! Già il rumore era orribile!»

«Va bene. Però devi ammettere che è venuto bene», esclamò un po' dolorante, mentre si alzò la maglietta e mostrò il cerotto sulle sue costole sinistre, poi quello sulla coscia destra.

Stranamente prima di farsi tatuare aveva chiesto a me dove tatuarsi la frase e senza davvero indugiare avevo risposto di farselo sulla costola. Avevo sempre amato l'idea dei tatuaggi sulle costole.

Per poco non vomitai alla vista dei cerotti, ma Jason dovette sghignazzare. Mi tenne in piedi, prendendomi per la vita. Deglutii per il gesto e mi scansai.

«Piccola, quanto sei drammatica.»

Piccola.

Aveva pronunciato la parola che ogni ragazza gli aveva sentito pronunciare. Con così poca premura e così tanta superficialità.

Gli lanciai uno sguardo omicida, mentre mi misi a sedere sul sedile della sua moto. Abbassai il viso tra le mie mani, mentre il moro rimase in piedi di fronte a me. Con un sorriso soddisfatto e le braccia conserte osservò le mie smorfie.

«Non chiamarmi piccola», mormorai, nascosta tra le mie mani.

Ma lui mi ignorò.

Lo vidi ghignare. «Dai non puoi stare così male.»

Alzai il capo dalle mie mani, lanciandogli un altro sguardo minaccioso. Scoppiò subito a ridere. «Se ti porto a mangiare qualcosa ti sentirai meglio?»

Sicuramente. Ma non potevo dargli la soddisfazione di leggermi nella mente.

Feci una smorfia, prima di mettermi comoda sulla moto. «Dipende cosa.»

Inclinò il capo e fece un'espressione come per dire: secondo te non lo so cosa vuoi mangiare?

Mi passò il casco senza preavviso. «Gelato.»

Cavolo. Lo sapevo che indovinava subito.

Rimasi un attimo il silenzio, mentre Jason mi guardò con un sorriso soddisfatto. «Va bene», risposi secca.

«Lo sapevo...», mormorò tra sé e sé con un compiaciuto. Indossò il suo casco prima di mettersi a cavalcioni sulla moto, ma non mise in moto. «Perché quella frase?»

Capii che si riferì alla frase ormai tatuata sotto il suo petto.

Sospirai. «Perché troppe volte mi sono state promesse cose e poi non sono state mantenute. Col tempo ho imparato che tutto ciò che conta sono i fatti. È troppo facile dire delle parole vuote. Tu perché te lo sei fatto tatuare?»

«Per lo stesso motivo», rispose in tono basso. Sentii un sorriso spargersi su tutto il mio viso. Forse aveva avuto ragione la sera prima quando aveva detto che eravamo uguali. E che ci attiriamo?

«I tuoi amici cosa ne penseranno dei tatuaggi?», gli domandai, poggiandomi con il gomito al manubrio.

Jason fece spallucce, abbassammo entrambi lo sguardo sulla sua coscia arrossata per il tatuaggio. «Questo di sicuro gli piacerà perché ne abbiamo parlato. E l'altro se lo dovranno far piacere», enunciò.

«Onest-»

«Charlotte!»

Alzai lo sguardo dal viso di Jason alla figura di Jack. Aveva delle buste in mano e ormai mi stava guardando con un sorriso e le braccia aperte.

ThundersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora