32

31.5K 930 173
                                    

Restai un paio di secondi a fissargli le lievi occhiaie che gli si dovevano essere formate in quel periodo. L'occhio nero era sparito. E potevo leggere nei suoi occhi che pure lui stava pensando all'incidente passato. A come mi aveva toccata e io gli avevo risposto.

Poi finalmente si scostò dalla porta, facendomi segno di entrare, insicuro, ma mi fece passare comunque. «Va bene, entra.»

Avevo una paura pazzesca di cosa potesse succedere e questo era folle. Non potevo avere paura di parlare con un ragazzo, non con lui. E forse avevo paura che non volesse parlarne, il che era... ok.

Prevedibile.

Ignorare i miei problemi era il mio forte e lui aveva un potenziale. D'altronde cosa avremmo dovuto fare? Darci la mano, congratularci per la folle esperienza fatta insieme e salutarci amichevolmente? Forse sarebbe stato ancora peggio che i suoi sguardi omicidi a scuola.

Lo superai, ignorando il suo sguardo puntato su di me ed entrai in casa. Sembrava davvero uno stalker.

Mi guardai confusa in giro, prima di sedermi sul divano difronte alle mensole e alla portafinestra con la vista sul mare. Le mie guance bruciavano e temetti che fossero diventate rosse.

Pensai a quando Jason davanti a quella portafinestra aveva fatto provato a fare una verticale e si era invece dato una botte sul sedere cadendo... Seriamente?

Quando mi sedetti sul divano restai rigida come una corda di violino ad osservare i dischi e il giradischi sulla mensola di fronte a me. Mi ventolai la maglietta e scostai i capelli dalle spalle. Faceva caldo.

Troppo caldo. E no.

Come avevo pensato di potergli parlare?

Cazzo.

Cazzo, io ero la pazza, non lui-

Il divano sprofondò accanto a me e il cuore mi si gelò di colpo. Non osai voltarmi verso Jason, ma dal suo respiro conobbi che pure lui era teso quanto me.

Tenemmo coscienti un metro distanza tra di noi. Le mie unghie fondarono del tessuto del cuscino.

Notai con la coda dell'occhio la scritta nera in verticale sull'interno del suo bicipite. Un altro tatuaggio? Jason notò il mio sguardo.

Stese il suo bracciolo scrutando la scritta corsiva. «Me lo sono andato a fare con Claire ieri.»

«Mi hai rimpiazzato», mormorai sogghignando. Ritornai però a sentirmi in imbarazzo poco dopo. Lessi la parola incisa nella sua pelle: fede. «Fede... in che cosa?»

Jason sospirò. Finalmente si voltò con lo sguardo verso di me. Incrociò le dita delle sue mani. «In me stesso.» Ovvio. Che sorpresa...

«Strano. Per un attimo avevo pensato potessi portare interesse in qualcosa che non sia te...», balbettai, tentando di alleviare la tensione. Ma notai dalla sua espressione più cupa e la sua mascella serrarsi che stavo solo sbagliando.

I suoi occhi si scurirono di più, se era possibile. E io mi maledii perché lui- lui non mi stava più guardando così.

Tornò a guardarmi con fare omicida. Quando si leccò le labbra dovetti distogliere lo sguardo rapidamente. No, non potevo tornare ad avere certi pensieri.

«Come stai?», domandai sincera. Ma era incredibilmente strano; quando mai ci eravamo chiesto come stava l'altro? Al massimo se eravamo nervosi lo scaricavamo sull'altro.

Fece una smorfia fin troppo sforzata. «Sto benone.» Non gli credevo, ma non intendo irritarlo ancora di più.

«Ho sentito che hai organizzato una festa pure ieri sera», ammisi poggiandomi allo schienale del divano. Continuavo a guardarlo, ma lui non fece lo stesso con me.

ThundersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora