15 Dicembre 2020
Per il resto delle due settimane Jason ed io rimanemmo sempre soli a casa. Come avevo previsto alla fine Claire stava sempre a casa del ragazzo quindi non aveva senso mantenere il controllo... Con mantenere il controllo intendo dirvi che Jason Filston e Charlotte Moore sembravano avere una rapporto simile ad una amicizia. O almeno così pensavo.
Bè, lo avevo chiamato in molti modi. Tolleranza. Alleanza. Ma amicizia?
Mai.
Ad ogni modo il problema non sorgeva, perché Jason non definiva il nostro stato e io di certo non lo avrei fatto.
E apprezzavo quella parte di lui.
Da quando Jason aveva effettivamente tenuto lontano da casa quei ragazzi dall'aria pericolosa e Sophia non lo andava a trovare, avevo smesso di uscire di casa il più possibile. Ormai vedevo Jason più che solo la mattina e la sera, prima di andare a dormire.
Di tanto in tanto Jason veniva da me per dirmi che si stava annoiando e così andavamo in spiaggia. Mentre altre volte ero io ad andare da lui perché non avevo voglia di incontrarmi con i miei amici. E lui mi faceva cenno di sedermi accanto a lui, prima di parlare di un qualsiasi argomento.
Poi, quando ci stancavamo di parlare (io ero sempre la prima, perché a Jason non piaceva perdere una discussione e io non trovavo argomenti per convincerlo) andavamo di nuovo in spiaggia. Lui faceva surf e io scarabocchiavo frammenti di quelle che potevano essere poesie, perché le scie che lui lasciava sull'acqua lo rendevano facile.
Poi per sette salivo in camera per fare i compiti e, sentendomi sola, andavo a farli al tavolo in salotto. Esattamente mezz'ora dopo Jason mi raggiungeva, perché sapevo che lo facevo sentire in colpa e improduttivo.
Si sedeva di fronte a me con i capelli gocciolanti e io facevo di tutto per ignorare il modo in cui leggeva davanti a sé. Perché io davvero avrei dovuto fare i compiti in camera mia, senza le sue caratteristiche irritanti (canticchiare mentre risolveva problemi di matematica, metteva la musica classica quando scriveva, sospirava continuamente quando sorvolava i suoi testi- Sì, erano molti). Ma non lo facevo mai.
Perché con Jason pareva tutto più spontaneo. Non sapevo il perché. Forse perché, essendo il mio nemico, non avevo il bisogno di farmi piacere. Tanto la sua opinione era insignificante e io non la volevo sapere!
Per cena invece avevamo fatto progressi. Eravamo passati dall'ordinare solo cibo da asporto e mangiarcelo in terrazza, al cucinare piatti decenti e apparecchiare la tavola.
Di tanto in tanto. Quando si trattava del mio turno (giorni pari). E lui era sempre felice quando lo facevo, perché diceva che "gli era mancato il cibo sciapo". Al che io gli davo una gomitata e lui correva a prendere una bottiglia di vino dal frigo. Ma sembrava davvero contento, per cui non dicevo nulla.
Ma poi la notte arrivava. E lì mi pareva di non conoscerlo, perché usciva animato e allegro, ma poi tornava a malapena cosciente e quasi mai solo. E quando aiutavo le ragazze con chi era tornato a trascinarlo verso la sua stanza, loro mi fulminavano con lo sguardo e tiravano la sua carne a sé.
E c'era qualcosa di così malato in quel gesto.
Perché lui non era solo carne.
Fino a quel momento avevo cercato di evitare qualsiasi contatto con mio fratello. Con fatica dato che andavamo alla stessa scuola, ma me la cavavo abbastanza bene. Quando mi chiamava non gli rispondevo e quando tentava di parlarmi nei corridoi lo ignoravo come la peste.
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Thunders
FanfictionCharlotte e Jason si odiano, da sempre. Insomma... nemici per la pelle. Entrambi sono sicuri di conoscere l'altro. Lei ha sempre visto lui come un ragazzo instabile, interessato soltanto a ragazze, droghe e casini. Lui ha sempre visto lei come una...