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Jason

Mi bloccai non appena notai il ragazzo appostato a qualche metro da noi, con una sigaretta tra le dita parlava con dei ragazzi, probabilmente di scuola mia. Mi ci volle un po' per capire cosa avesse colto la mia attenzione. Joshua Anderson.

«Jason, chi è quello?», mi domandò mia madre.

«Joshua.»

«Anderson?»

Notandomi a sua volta si voltò verso di me, guardandomi con altrettanta sorpresa, ma sopratutto piacere. Mi scostai da mia madre per poi andargli incontro.

«Jason Filston. Quando tempo», mi salutò Josh, prima di darci la stretta di mano.

«Troppo tempo», risposi.

Erano passati due anni e non era cambiato di una virgola. Pensai a quanto piacere avrebbe fatto a Tom incontrarlo, nonostante fosse finita male tra i due. 

Ritrovare il mio vecchio amico mi fece venire un'accenno di sorriso sul viso, ma questo sparì non appena rivenne a mente il motivo per cui stavamo lì. Annuii in silenzio, prima che la terra sotto i miei piedi parve sparire.

Sobbalzai, tentando di trovare l'equilibrio. Solo quando Josh mi afferrò per la camicia e mi tirò in piedi di diritto ripresi stabilità. Sentendomi un idiota.

Continuavo a cercare di sprigionare e dominare ciò che in me continuava a dare tumulto, senza che ne capissi il motivo. Volevo urlare, forse anche piangere, ma qualcosa mi diceva che non ne avevo il diritto.

Mi strinse forte una spalla, per poi domandare con un ghigno. «Ma che ti sei preso di buono, amico mio?»

«Non ne ho idea», risposi confuso, stropicciandomi un po' gli occhi.

Il biondo rise divertito. «Vedo che non sei cambiato molto. Mi piace questa cosa. Ti ricordi quella volta sul tetto della scuola? Quando ci siamo fatti quel cannone enorme?»

«Eccome se mi ricordo», borbottai, sorridendo al ricordo.

Fu un colpo di sorpresa trovare Joshua Anderson dopo l'accaduto di due anni prima.

Tom, Josh ed io avevamo iniziato ad uscire spesso in secondo liceo. Era solito per noi guidare verso le colline più alte di Los Angeles e accenderci lì delle canne. In quel momento però, al funerale del mio migliore amico, non avevo alcuna forza per affrontare l'argomento. Quella sera in cui aveva cambiato tutto.

«Vuoi una sigaretta, amico?», domandò, prendendo dalla tasca il suo pacchetto e porgendomelo.

Feci per prenderne una e ringraziarlo, ma qualcuno gliele levò con inquietudine dalle mani, lasciandolo stupito e divertito allo stesso tempo.

«Leva subito queste cose da lui», lo minacciò Charlotte, sbattendogli subito dopo il pacchetto sul petto con forza.

Alzai gli occhi al cielo. «Charlotte-»

«Cosa?»

Era tutto il giorno che si comportava in modo così protettivo e non ne capivo il motivo. In quell'istante non lo realizzavo, ma era tutto ciò che mi fermava dall'impazzire in quella chiesa. Non riuscivo ad apprezzare nulla nei suoi sforzi, li trovavo strazianti.

Sbuffai, prendendo il pacchetto di sigarette dalle mani di Joshua. «Josh, la mia babysitter. Charlotte, Jo-»

«So benissimo chi è», mi interruppe la lei, con evidente disprezzo nella sua voce.

Mi accesi la sigaretta, ricordandomi subito dopo del fatto che i due erano stati insieme. È stato tanto tempo fa.

Josh la guardò da cima a fondo con un ché di appagato. «Charlotte Moore. Sempre più bella diventi-»

«La mediocrità delle tue parole mi dà la nausea», rispose però lei, alzando gli occhi al cielo snervata.

Sapevo che lo intendeva davvero. Vedevo la differenza di quando la prendevo in giro e alzava gli occhi al cielo, ma subito dopo mi abbracciava e mi baciava. Sentii una morsa nello stomaco, non appena osservai il modo intrigante con cui il biondo la scrutava, convincendomi però con forza che non ci sarebbe stato bisogno di un mio intervento.

«Jason non ha bisogno della tua cattiva influenza in questo momento», proferì Charlotte, con uno sguardo saccente, mentre mi provò a prendere la sigaretta dalle labbra.

Joshua alzò un sopracciglio. «State insieme?»

«No», dichiarai freddo.

Come se dire ciò non mi rendesse più difficile reggermi in piedi. Evitai di incontrare lo sguardo di Charlotte o solo scrutare il suo viso così armonico, sapendo che sarei stato profondamente turbato dall'espressione che sapevo si era creata.

La sentii prendere un respiro profondo, come per mantenere la calma.

«E tu Joshua? Non ti avevano arrestato?», chiese, evidentemente per metterlo in cattiva luce.

Il biondo sorrise, portandosi una mano tra i capelli. «Sì, esatto.»

«Pensavo ti avessero dato anni da scontare-»

«Mi hanno dato solo nove mesi», la interruppe, fiero.

«Solo», ridacchiò sarcastica, trovandolo, conoscendola, ridicolo.

Devo però essere sincero sul fatto che mi dava fastidio l'atteggiamento che stava avendo con Joshua. Era lo stesso che Char ed io avevamo sempre avuto e invece adesso ero lo stupido ex, il quale avevo bisogno di una babysitter e si faceva per non pensare all'amico morto.

Ma sbagliai prendendomela con Charlotte, anziché con Joshua. Inspirai forte dalla sigaretta, mentre tenni lo sguardo per terra. «Charlotte, cerchi qualcosa?»

Mi decisi a voltarmi verso di lei, incontrando subito il suo sguardo sicuro. Non sapevo più cosa sentire quando le incontravo. Per un momento parve aggiungere qualcosa, ma si limitò a lanciare un'occhiataccia a Joshua e poi tornare per la sua strada. 

Per un attimo parve girare nuovamente tutto, rendendo difficile distinguere le figure sfocate.

«Non avrei dovuto metterle le corna», riprese a parlare Josh, il tono parve davvero dispiaciuto, il che non era da lui, «Ti ricordi? Una volta mi aveva pure quasi beccato.»

Inspirai dalla sigaretta. «Aha.»

No, me ne ero dimenticato fino a quell'istante. Mi ero dimenticato di quanto lei avesse dato per lui.

Osservai con occhi pesanti il tabacco della sigaretta bruciare. «Come se fosse ieri.»

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