Quando gli ospiti di Jason se ne andarono erano ormai le quattro passate. Ormai era scesa un po' a tutto la sbornia, ma sentivo comunque abbastanza l'alcol per stare leggera.
Tom e Beth avevano iniziato a baciarsi in piscina, perciò Timothée aveva deciso di giocare a biliardino perché pensava pure Jason ed io stessimo a disagio.
Ma non lo eravamo. L'unica cosa che feci perennemente in quella serata fu sorridere.
E Jason rise. Ma rise davvero, perché era la sua risata forte e un'ottavo più alta della sua voce. Ed era rimasto con Tim e me, regalandomi pure svariati sorrisi.
Non aveva invitato nessuno. Nessun hipster animato e nessuna ragazza bellissima che odorava di rose e aveva una pelle di porcellana.
Quando Jason chiuse la porta d'ingresso, io lo aspettai sugli scalini che portavano al piano di sopra. Ero troppo stanca per non andarmi a sdraiare e volevo lui venisse con me. Giusto per stare lì.
Jason mi seguì con sguardo alto, mentre salimmo in silenzio al piano di sopra. Non sapevo se fosse dato dal fatto che avevamo entrambi bevuto o perché sapevamo che qualcosa stava cambiando. In silenzio.
Ma le orecchie mi fischiavano e camminavo a zig zag. E sapevo di non essere più ubriaca, ma l'aria era così leggera e io non volevo renderla pesante.
«Finalmente», sbottai, lanciandomi di schiena sul letto del moro. Chiusi gli occhi e mi beai della morbidezza di quelle lenzuola.
Jason si sdraiò accanto a me e affacciamo entrambi il soffitto. Posai una mano sul mio petto, seguendo il mio respiro accelerato.
Perché ispiravo così tanto, ma quando espiravo fuoriusciva così poco. E mi chiesi se fosse normale, se non fossi soffocata.
Perché Jason era sdraiato al mio fianco e non era disperso in chissà quale festa. Non si stava facendo trascinare da mani e bocca affamate, assicurare da sostanze e perdere la sua identità.
No, stava lì con me.
«Cosa sta succedendo, Filston?», gli domandai, corrugando la fronte.
Jason mi sfiorò con l'indice la mano che si trovava tra i nostri corpi. «Devi pensare meno, Moore...»
«Non ce la faccio, ok?», sbottai, nervosa. Rivolsi il capo per i contrare il suo sguardo, a poco dal mio viso.
La mia mano si strinse alla sua, mentre i nostri respiri si spezzarono.
Jason era bello. Anzi, al diavolo, era bellissimo e io non potevo fare altro che ammetterlo. Era pur sempre un fottuto disastro, ma il suo sorriso era assicurante. I suoi occhi gentili. Circa.
E sentivo una fierezza nel petto, perché chi poteva dire di aver visto Jason in quello stato?
Così tranquillo. E stanco. E accondiscendente.
«Non tutto ha una ragione», enunciò Jason, scrutandomi il viso. Socchiuse gli occhi in un sospiro.
Boccheggiai piano. «Posso prometterti una cosa?», domandò poi, sfiorandomi il naso col suo. Non mi allontanai, assaggiando il suo profumo. Sapeva di mare.
Annuii, chiudendo gli occhi. Sapevo che le dita mi tremavano. «Ti prometto che domani, quando non sarai ubriaca, ti bacerò. Come dovrei», disse e io spalancai gli occhi.
Baciarmi. Voleva baciarmi? Eh no. Avevamo già chiarito che baciarsi era fin troppo intimo. Posai lo sguardo sulle sue labbra piene e il dubbio di come sarebbe stato risorse.
«Non son-» Soffocò le mie parole, premendo le sue labbra finalmente contro le mie. Dovetti ricordarmi di respirare, proprio quando risposi al bacio.
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Thunders
FanfictionCharlotte e Jason si odiano, da sempre. Insomma... nemici per la pelle. Entrambi sono sicuri di conoscere l'altro. Lei ha sempre visto lui come un ragazzo instabile, interessato soltanto a ragazze, droghe e casini. Lui ha sempre visto lei come una...