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Non sapevo neanche io cosa dire, forse non c'era bisogno di parlare. Rimasi in silenzio a mia volta, ma mi avvicinai a lui, accarezzandogli piano la spalla con l'intento di abbracciarlo. Lui però mi precedette, stringendomi a sé con forza.

Era un abbraccio, nulla di più. Un semplice abbraccio bagnato. E fu quando lo sentii scoppiare a piangere che dovetti stringere le braccia intorno al suo collo, per esprimere tutto l'amore che provavo. Non sapevo che altro fare.

Era la prima volta che lo vedevo piangere. Ed era la prima volta che avevamo un contatto così ravvicinato dopo quello che era successo in hotel. Non volevo fare domande sul perché fosse venuto da me, dopo ciò che era successo davanti alla chiesa poche ore prima. Mi limitai ad ascoltare il suo pianto silenzioso e a stringerlo forte come lui stringeva me tra le sue braccia. 

«Scusami», sussurrò poi senza allentare la presa. Sapevo che lo intendeva davvero.

«Non ti preoccupare», lo consolai distrutta. Affondò il volto nell'incavo del mio collo, le sue lacrime calde mi bagnavano.

Mi diede un bacio appena sotto la mascella; il ché mi fece rabbrividire. «Invece sì, Char. Ti voglio con me. Ti voglio, ti voglio...»

«E allora resta con me.» Volevo restasse, più di tutto.

Poco dopo sciolsi l'abbraccio, prendendogli il viso tra le mani per controllare per ogni evenienza se non ci fosse qualcosa di sbagliato. I suoi occhi mi scrutarono con castità. Era evidente che non dormiva da molto, ma soprattutto che stava ancora sotto l'effetto di qualcosa. Nonostante questo mi spezzasse il cuore decisi di non parlarne.

Respiri tra i denti, singhiozzando piano. «Ci provo, Char.»

«Lo so», lo tranquillizzai a mezza voce, prima di riprenderlo tra le mie braccia.

20 Ottobre 2019

Eravamo tutti a casa di Ilaria per il suo compleanno. Nessuno di noi aveva mai davvero legato con lei, ma come spesso succedeva avevamo usato l'opportunità per abusare di alcol a casa sua. Chi più chi meno.

«Non ho voglia di bere stasera», sbuffai, non appena Arianna mi porse un bicchiere colmo di non so cosa. Alzò gli occhi al cielo.

Mandò giù un sorso dal bicchiere. «Devi smetterla di stare così. Josh non lo vedrai mai più, non c'è motivo di farne un dramma.»

«Lo sai che non è per quello che sto così. Mi ha fatto fare una figuraccia», ribadii, al quanto ferita dalla sua incuranza nelle parole.

«E? È un coglione. Troverai qualcuno di meglio.»

«Speriamo.» Mi sedetti sul divano di Ilaria, poggiando la testa sulla mani e osservando con noia i presenti.

Ilaria era l'unica che si aggirava con ansia per la casa, mentre il resto faceva come se Joshua non fosse stato arrestato neanche una settimana prima. Non avevo il cuore spezzato, ci ero stata troppo poco tempo per quello, sentivo solo un grosso imbarazzo.

La mia attenzione venne colta dal ragazzo diretto con passo altezzoso verso la cucina dove si trovava il resto degli alcolici. Portava con se una ragazza bionda, tenendola per la vita. Per quanto potesse essere arrogante, odiavo Joshua anche per avere ridotto Jason in quel modo.

Era passata una settimana e non c'era stata una sera in cui non si fosse ubriacato e non avesse rotto qualcosa, qualsiasi cosa. Mi voltai verso Arianna, trovandola a baciarsi con un ragazzo a mezzo metro da me.

«Che schifo...» Sospirai, era evidente che c'era solo un modo per non morire di noia a quella festa. Mi alzai, al quanto motivata, con un balzo dal divano per poi dirigermi verso la cucina.

Trovai subito la ragazza bionda poggiata a dei cassetti, mentre Jason cercava di riconoscere le etichette delle varie bottiglie. Senza curarmi dello sguardo svilente di lei mi feci cadere su una delle sedie, esattamente di fronte al moro, il quale alzò subito lo sguardo su di me.

Gli feci un sorriso beffardo. «Lo sai che non bisognerebbe mischiare l'alcol con la droga?»

«E tu lo sai che ignorerò quello che hai appena detto come ogni cosa che dici di solito?», ribadì, concentrato su ciò che stava leggendo sulla bottiglia.

Cavolo. Ok, 1-0.

La ragazza bionda si scostò da dove si trovava per poi affiancare Jason e prenderlo per il bicipite, cosa di cui lui neanche si accorse: «E tu saresti?»

Rimasi perplessa dal suo modo di parlarmi, ma per quanto ero annoiata feci finta di niente: «Charlotte, piacere. Tu sei?...»

«Josephine», rispose con fierezza la ragazza, accarezzando il braccio del moro, il quale ormai stava mischiando vodka col prosecco. Vodka col prosecco.

Era così concentrato che non pareva ascoltare nessuna delle due, il ché mi deluse un po'. Ero andata da loro per parlare con lui, mica con la sua stupida ragazza di cui neanche lui sapeva il nome.

Presi in mano delle patatine in una ciotola. «Ah sì, Jason mi aveva raccontato di te-»

«Davvero?», domandò euforica la ragazza, posando il suo sguardo sul ragazzo incurante.

Lo osservai divertita. «No.»

Dire che ci restò male è poco dato che pareva stare sul punto di piangere, ma Jason ed io scoppiammo comunque a ridere, in sincronizzazione. Alla fine pareva starci ascoltando.

Il moro prese un sorso dal bicchiere che si era appena riempito. Feci un'espressione disgustata. «Ti prego non berlo seriamente», lo supplicai.

Jason, in risposta, riprese Josephine per la vita e mostrandomi il dito medio. «Ma gli affari tuoi, Moore?»

Sospirai. «Mi annoio troppo...»

«Bè», si avvicinò al mio orecchio, forzando un sorriso, «Troverai un modo per non farlo.»

Lo guardai ad occhi socchiusi mentre uscì cucina.

«Cos-?», seguii semplicemente ogni sua mossa a bocca spalancata.

ThundersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora