19 Marzo 2021
«Charlotte?»
La voce di mio padre mi fece svegliare dal mio stato di trans e distogliere lo sguardo dalla parete bianca difronte a me. Abbassai lo sguardo sul borsone nelle mie mani. Quel pomeriggio il coach aveva organizzato un'altra corsa con la squadra di football.
«Sì?», lo invitai ad entrare con tono nervoso. Ero già in ritardo e Cole mi stava aspettando in macchina.
Quando mio padre entrò aveva sempre lo stesso sguardo preoccupato e esitante.
«È di nuovo lui Charlotte...», sussurrò, nella sua voce c'era compassione.
Erano passate due settimane ed ero riuscita ad ignorare Jason come la peste. Nei corridoi di scuola evitavo di prendere i corridoi che prendeva lui (conoscevo i suoi orari), agli allenamenti di corsa riuscivo a correre in mezzo alle mie amiche in modo che Jason non riuscisse a raggiungermi e ignoravo tutti i suoi messaggi e le telefonate. Ero fiera di me, perché sapevo che normalmente Jason otteneva quello che voleva.
Tutto però era cambiato quando era venuto gli ultimi due giorni a casa mia a pregaremi di parlare. Così mi avevo detto a mio padre, di non lasciarlo parlare con me. Ci teneva a spezzarmi il cuore. Mio padre glielo avrebbe fatto fare e anche con piacere, ma io avevo continuato ogni volta a ordinargli di cacciarlo via.
A calci possibilmente.
Ed oltre all'immagine di Jason addosso ad Arianna, mia "amica", non avevo ancora trovato un'accompagnatore per la festa di Claire. Solo il vestito pareva essere perfetto per quella serata. Io d'altra parte ero più incasinata che mai.
Osservai con noia mio padre.
«Non voglio parlarci», gli dissi fredda, mentre lui sbuffò deluso, ma quando fece per chiudere la porta lo fermai, «Aspetta!»
Si girò con un'espressione speranzosa, ma gliela feci affievolire subito: «Digli, già che ci sei, di andarsene a quel paese. Grazie.»
«Charlotte-»
«Per favore», lo supplicai. Chiusi là zip del borsone con troppa forza e me la misi in spalla. «Io devo uscire. Non posso però se lui sta ancora qui. Per favore, mandalo via.»
Uscì dalla stanza col capo chino. Pochi secondi dopo lo sentii dire a Jason di andarsene, come gli avevo chiesto.
Non resistetti alla tentazione di affacciarmi dalla finestra e vederlo. Aveva il suo solito sguardo impassibile, quello che non lascia intravedere pensieri.
«Ha davvero detto così?», lo sentii domandare a bassa voce. Jason indossava dei pantaloncini sportivi e una canottiera, perché ovviamente pure lui sarebbe venuto alla corsa.
Mio padre, il quale era appoggiato allo stipite della porta lo guardò con compassione. «Mi dispiace Jason. Vorrei tanto, ma lei non vuole.»
Jason si passò una mano tra i capelli per tirarli. «Abbiamo litigato, ma non pensavo fosse così grave», ammise. Non pensavi fosse così grave?!
Mio padre gli diede una pacca sulla spalla. «Ho capito che non le hai fatto niente, è ovvio, ma per chissà quale motivo non vuole parlarti.»
Ma c'era un motivo per cui mio padre dovesse sempre stare dalla sua parte? Mio padre era sempre stato dalla parte di Jason, sin da quando eravamo piccoli. Si, ma Jason qua, Jason là...
«Almeno sta bene?», lo interruppe Jason.
Aveva quel tono che faceva quando non voleva mostrare preoccupazione. I suoi occhi luccicavano con la luce del sole tramontante.
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Thunders
FanfictionCharlotte e Jason si odiano, da sempre. Insomma... nemici per la pelle. Entrambi sono sicuri di conoscere l'altro. Lei ha sempre visto lui come un ragazzo instabile, interessato soltanto a ragazze, droghe e casini. Lui ha sempre visto lei come una...