Jason
Continuavo a scrutare la figura di Charlotte dall'altra parte del locale. Gli occhi mi bruciavano leggermente, mentre consumavo quel poco di senno che mi restava per capire se si trattasse davvero di lei.
Si sarà congelato l'hotel. Presi un altro tiro dalla canna tra le mie dita, trovando la mia affermazione al quanto ragionevole. Pochi istanti dopo realizzai, solo un po', che forse non aveva molto senso ciò che avevo appena pensato.
Alzai nuovamente lo sguardo sulla bionda, trovandomi a guardare le sue labbra rosee socchiuse. Certo che per essere un'immaginazione era al quanto realistica. Sarà per le ore che l'hai sempre fissata. Hai il suo viso scolpito nella mente, miserabile coglione.
«Charlotte!», urlò Timothée di colpo, voltatosi verso la figura che ormai da istanti stavo fissando.
Mi ci volle un po' per collegare il tutto, dato che i miei neuroni parevano avermi abbandonato. Bryce per poco non si strozzò con lo champagne che si stava scolando, sputandolo poi su una delle ragazze sedute accanto a me. Quest'ultima fece scappare un urlo, mentre Bryce rideva divertito.
Con quello che si era preso sarebbe potuto morire a momenti. Tutti e tre avremmo potuto. Presi un altro tiro, come se l'erba avesse potuto eliminare dalla mia mente il momento in cui avevo messo piede in quell'ospedale.
Sinceramente? Non mi ero neanche accorto di avere perso un volo e di averne dovuto prendere un altro qualche ora dopo. Neanche del fatto che se avessi mantenuto il controllo avrei potuto dire addio al mio migliore amico.
«Scusi», borbottai con tono troppo basso, non appena diedi per sbaglio una spinta a una dottoressa.
Continuai a trascinare le mie gambe in direzione della sala che mi avevano detto poco tempo prima alla reception, sperando di non avere scambiato i numeri o le lettere. Riconobbi Bryce seduto su una sedia di una sala, col viso affondato tra le mani.
Di colpo la sala prese a girare, ma nessuno pareva accorgersene.
«Signore, si sente bene?», sentii una voce di un uomo domandarmi, facendomi rendere conto di essermi tenuto fermo addosso al muro.
Annuii soltanto, notando Timothée appoggiato per terra al muro, con le lacrime che gli rigavano il viso. I genitori del mio migliore amico mi riconobbero non appena scorsi l'angolo, venendomi subito ad abbracciare: «Jason. Sei arrivato, carissimo.»
Annuii nuovamente, i loro visi erano arrossati, ma mai quanto i loro occhi. Potevo sentire le emozioni in me crescere, ma mi fu impossibile esprimere queste, neanche con una lacrima. Era come se fossero intrappolate in me.
La donna mi accarezzò il viso, riconoscendo il disordine in me: «Andrà tutto bene, Jason. Ora, prendiamo un bel respiro-»
«Come sta?», domandai interrompendola, non mi importava di sentire delle stupide parole vuote. Volevo vedere il mio migliore amico.
Timothée e Bryce alzarono il capo in sincronizzazione. Il primo non si preoccupò un minimo nell'ammortizzare quelle parole: «È morto, Jason. Non gli hai neanche detto fottutamente addio.»
«Ei! Non permetterti a parlarmi così!», lo minacciai, di colpo trovai l'unico modo per sprigionare un minimo quella valanga di confusione nel mio petto.
Timothée stava chiaramente piangendo dagli ultimi minuti, alzandosi in piedi mi puntò un dito contro: «Dovevamo essere noi tre con lui! Voleva tutti noi!»
Ero furioso, ne ero a conoscenza, e Bryce pure. Quest'ultimo si era alzato in piedi per cercare di calmare Tim, nonostante anche lui stesse facendo fatica a controllarsi.
«Lo so», sussurrai con i denti stretti. «Lo so cazzo. Lo capisci?»
Osservai il modo in cui stringeva i pugni con violenza.
Continuò ad insultarmi senza esitazione, ma riconoscendo il suo dolore e sapendo che non lo intendeva veramente, lo presi soltanto tra le braccia, stringendolo.
Misi la mano dietro alla sua nuca e portai la sua fronte contro la mia con forza, come avevamo sempre fatto: «Ce la faremo. Guardami, stiamo apposto.»
Timothée annuii, singhiozzando. «Non è fottutamente giusto.»
«Certo che non lo è. Teniamo duro però», lo assicurai. «Dobbiamo...»
Feci lo stesso con Bryce, il quale si era riuscito a controllare un po' meglio. Prendemmo tutti e tre dei respiri profondi.
«Di cosa ti sei fatto?», domandò all'improvviso Bryan. Aveva notato evidentemente il modo in cui mi stavo impegnando per non cadere a terra.
Tirai su col naso: «Erba.»
I due si guardarono, poi si rivolsero a me: «Alza.»
Credetemi, ho sempre saputo che la droga fa male. Ma, per quanto possa essere immorale, quella roba era buona. Timothée non aveva mai davvero smesso di farsene, mentre Bryan aveva smesso per i test che gli faceva suo padre. Quell'uomo era un fanatico del cazzo.
Prima che me ne potessi accorgere mi trovai Charlotte, con tutta la sua bellezza, a un metro da me. Silenziosa, restò in piedi dall'altra parte del tavolo, con lo sguardo puntato sulla mia canna. Non potevo fare altro che osservare i suoi lineamenti, accorgendomi per la prima volta di quanto quella settimana fosse sembrata durare anni.
«Posso un tiro?», mi domandò gentile la ragazza accanto a me, ma la ignorai.
Inspirai dalla canna, mentre tenni lo sguardo in quello di Charlotte.
Bryce prese a parlare e dire cose insensate, ma non me ne curai. Di colpo sentii una dose di rabbia stringersi in gola. Una settimana aveva voluto aspettare per venire da me. Ah giusto, non ti ama più.
D'altronde non ci sarebbe stato motivo per lei di volermi raggiungere. Ero troppo fatto e accecato dalla rabbia, per accorgermi del mio comportamento egoista, ma sopratutto sprezzante.
Nonostante non fossi nella posizione di potermelo permettere, volevo farle capire quanto stessi male. Ma, come sempre, lo feci nel modo sbagliato.
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Thunders
FanfictionCharlotte e Jason si odiano, da sempre. Insomma... nemici per la pelle. Entrambi sono sicuri di conoscere l'altro. Lei ha sempre visto lui come un ragazzo instabile, interessato soltanto a ragazze, droghe e casini. Lui ha sempre visto lei come una...