«Salta su», mi urlò Allison.
«Che ci fai qui?»
«Niente domande. Sali.»
Ma quanto mi era mancata quella ragazza?
Quando il giorno prima ero arrivata a casa avevo scollegato il Wi-Fi e spento i dati al cellulare per isolarmi per bene dal mondo. Non potevo farmi vedere in quello stato così avevo deciso di fare un'altra maratona di film per tutta la notte e non farmi viva fino a forse qualche giorno.Cosa che tra l'altro non avevo fatto. Avevo invece deciso di spostare la mia corsa pomeridiana alla mattina. Ma non riuscivo a mantenere il ritmo; gli stinchi mi dolevano, il mio respiro era irregolare e la mente era da tutt'altra parte.
E consisteva di due occhi verdi. E un naso degno di un Dio greco e delle labbra. Quelle labbra.
E pronunciavano allegre poesie e storie assurde. Ma lo facevano con una lentezza che dava loro tutta l'attenzione e cura.
La mia. La mia attenzione e cura.
Sospirai, prima di prendere la maniglia della portiera e farmi cadere come un sacco di patate sul sedile dell'auto. Abbracciai la mia amica con tutta la forza che avevo.
«OH! A cosa devo tutto questo affetto?», mi domandò stupita, cercando mettere in moto la macchina per via della fila che si stava formando dietro di noi. «Sono passata per casa tua, ma tuo padre ha detto che sei andata a correre.»
«E perché sei venuta a cercarmi?»
«Non dovrei?», domandò offesa.
Mi asciugai la fronte sudata, notando che ci stavamo dirigendo verso il centro. «Sì che dovresti. Grazie.»
«Cavolo non sono abituata a vederti triste», manifestò a disagio. Non era davvero brava a consolare le persone.
«Io non sono triste.»
«Char. Mi stai mentendo troppo spesso ultimamente. Puoi essere sincera per una volta?»
«Cosa dici? Non ti sto mentendo!»
«Ah no?» Scossi la testa. «E allora perché non mi dici cosa è successo a casa di Christian con Jason Filston?»
Alzai le sopracciglia e deglutii sonoramente. Mi sedetti rigida.
«Dove mi stai portando?», le chiesi in imbarazzo.
Allison rise di gusto, mentre parcheggiò
esattamente di fronte a quella che mi pareva, e speravo fosse, una pasticceria italiana. L'insegna diceva "Tiramisù". Nelle medie avevo fatto un corso di Italiano fuori scuola dove, quasi l'unica cosa che mi avevano insegnato era appunto la parola "Tiramisù".Da quella volta ne avevo provato una fetta e da lì era partita la mia ossessione per quel dolce.
«Ti adoro!», urlai, saltando nuovamente addosso alla mia povera amica per abbracciarla, ma questa riuscì a schivarmi e a correre nella pasticceria lasciandomi così sola.
Cosa?
Ridendo la seguii nel negozio, trovandola già seduta a un tavolo vicino alla finestra. Così dopo aver detto alla cameriera che stavo già con qualcuno, la raggiunsi facendomi cadere sulla sedia di fronte alla sua.
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Thunders
FanficCharlotte e Jason si odiano, da sempre. Insomma... nemici per la pelle. Entrambi sono sicuri di conoscere l'altro. Lei ha sempre visto lui come un ragazzo instabile, interessato soltanto a ragazze, droghe e casini. Lui ha sempre visto lei come una...