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Feci un balzo abbastanza grande per potermi appendere al suo collo e tentare di fermarlo: «Fer-ma-ti!»

Ma Jason non si fermò, divincolandosi con facilità dalla mia presa. Si girò verso di me, senza però fermarsi dall'avvicinarsi all'acqua.

«Un altro mese. Un altro cazzo di mese staranno fuori!», urlò con un sorriso poi, anche se potei facilmente riconoscere la rabbia nelle sue parole.

Mi bloccai, capendo che si stava riferendo ai suoi genitori. Ma qualcosa si strinse nel mio petto.

«Che ti importa, Filston? Avrai più tempo la casa libera», provai a consolarlo, con l'intento di convincerlo a calmarsi, ma il moro non pareva convinto.

Notai dal suo viso che invece di calmarlo lo avevo solo fatto arrabbiare di più.

«Quand'è che vi ficcherete in quella testa del cazzo che non voglio stare qui da solo?». esclamò poi d'un fiato, cogliendomi letteralmente di sorpresa.

«Pensavo ti piacesse. Organizzare feste-»

«Bè, pensavi male», sbottò forzando un sorriso, «Pensavi male come sempre.»

Gli diedi una spinta sul petto, sentendomi provocata. «Non provare a prendertela con me adesso.»

Notai che ormai aveva raggiunto la riva dell'acqua. Il motivo per cui però stavo cercando di impedirglielo era che non avevo abbastanza coraggio per lasciare che entrasse in acqua in quello stato.

«Filston, ti prego fermati!» Non potei più trattenere una lacrima di rabbia.

Il moro si fermò di colpo non appena sentì la mia voce spezzarsi. Mi scrutò con fermezza, il vento che gli sfiorava il viso, mentre le ombre sul suo corpo ne accentuava i lineamenti.

Feci scappare uno sbuffo, tenendo lo sguardo sul ragazzo.

«Non sei solo. Ci sono io», sussurrai poi, senza pensare un attimo prima di parlare.

Mi pentii subito dopo di avere detto quelle parole, notando il modo sorpreso con cui mi guardò. Feci in tempo a battere le ciglia, che si scaraventò su di me e mi prese il volto tra le mani. Ansimai forte, trattenendo di colpo il respiro.

I miei occhi rimasero puntati nei suoi versi. Strinsi i suoi avambracci con forza, ma lui non si scansò. Boccheggiammo entrambi. Jason appoggiò la sua fronte alla mia. Sapevo che se si fosse sporto di pochissimo avrebbe annullato completamente le distanze.

E il mondo avrebbe ufficialmente perso chiarezza e logica ai miei occhi.

«Sei qui adesso. Ma non penso che resterai dopo.»

«Dopo quando?» Inclinai la testa per guardarlo, ma non si decise ad aprire bocca e rispondermi. Invece mi lasciò il viso, indietreggiando di poco.

Ignorò completamente la mia domanda: «E poi non puoi farci niente se il mio migliore amico mi tira nella merda.»

«Ho sentito quello che vi siete detti. Lo so che hai paura-»

«Non ho paura», mi contraddisse irridendosi. Lo scrutai con un sopracciglio alzato per sospirare.

Mi accarezzai piano le guance che prima aveva tenuto tra le sue mani. Jason scrutò il mio gesto. Potevamo finalmente arrivare a una tregua? Avrebbe finalmente dato pace ai miei tormenti?

Le mie speranze di disintegrarono non appena mi afferrò per i fianchi per poi alzarmi in aria e poggiarmi sulle sue spalle.

«Cos- Filston, mettimi subito a terra!»

Ma non mi ascoltò. Anzi, prese a correre in chissà quale direzione. E adesso?

Rimasi sbalordita non appena mi fece cadere senza alcuna pietà nell'acqua tiepida del mare. Jason si tuffò di testa subito dopo accanto a me.

ThundersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora