«A cosa pensi?»
La sua voce profonda mi riportò alla realtà, facendomi girare verso di lui dall'altra parte del letto. Eravamo sdraiati sul suo letto, godendoci la sensazione del postorgasmo. Io avevo la testa poggiata al suo petto, mentre entrambi fissavamo il soffitto col respiro spezzato.
Alzai il capo e lo guardai con un sorriso. Restai affascinata dai suoi occhi che riflettevano i raggi arancioni dell'alba provenienti dal mare.
Mi sedetti sul lenzuolo. La sua maglietta mi cadeva molle sulle spalle.
«Sto pensando al quanto siamo stati imbarazzanti stasera», gli dissi ridendo. Jason fece lo stesso divertito.
«Cioè io ti faccio venire e tu pensi a questo? Che complimento...»
Lo guardai con un ghigno, ma lui mi diede le spalle. Lo afferrai per il bicipite per rotolarlo verso di me.
Lui mi guardò con una smorfia offesa e io inclinai il capo, guardandolo dall'alto. «Se vuoi proprio saperlo stavo pensando al quanto sia enorme e possente il tuo-»
«-Vaffanculo. Non è divertente», sbottò e io scoppiai a ridere. Sapeva che lo stavo prendendo in giro e questo lo rendeva ancora più divertente.
«Dai, che permaloso che sei. Lo sai che mi piace da morire.» Gli passai affettuosamente una mano tra i capelli. Sorrisi istintivamente non appena lui fece lo stesso.
O che creatura divina che era Jason. I suoi occhi sembravano filati dagli angeli. Volevo mi lasciasse adorarlo.
«Davvero mi ami?», gli chiesi poi piano, godendomi le sue leggere carezze sulla mia pelle.
«Hai ancora dubbi? Eppure mi pareva che alla festa te l'abbia ripetuto un bel po di volte», rise.
Annuii, pensando a quella sera. Quando mentre ballavano e ci baciavamo aveva continuato a regalarmi dei "ti amo" senza motivo. Giusto per farmelo sapere.
Mi poggiai col petto sul suo sterno e poggiai il mento sulle mie mani. «Non mi sono bastate, Filston.»
«Purtroppo sì, Charlotte. Purtroppo da sempre», proclamò poi però con gli occhi ancora incatenati ai miei. Arrossii per l'emozione che mi trasmisero quelle parole.
«Sempre?»
«Sempre...», rispose il deficiente senza esitare. Non sembrava si vergognasse di questa affermazione, anzi ne andava fiero.
Ridacchiai. «Pure quando mi hai fatto uno sgambetto durante la corsa con la squadra da football?»
«Ok, forse quella volta me ne sono dimenticato», ribadì sorpreso. Ci sedemmo l'uno di fronte all'altro. Le mie ginocchia sfioravano le sue.
Il lenzuolo lo copriva fino ao fianchi e io dovetti combattere contro la voglia di strapparglielo.
«Sei una persona terrorizzante da amare. Mi hai reso la vita impossibile.»
«Impossibile?»
Alzai un sopracciglio, sorridendo.
Jason annuì. «Hai sempre fatto come vuoi. Mi hai fatto impazzire.»
«Sembra una scena di quei film in cui adesso mi dirai che sono perfetta e diversa da tutte le altre», esclamai divertita, alzandomi dal letto con spensieratezza, «Che nessuno può tenerti testa e che sono l'unica degna del tuo tempo-»
«-Perché tu sei diversa», disse Jason, continuando a tenere il suo sguardo nel mio. «Una scassapalle, ma diversa.»
Presi la coperta per avvolgermela intorno al corpo e lasciarlo nudo. Lui si coprì a bocca spalancata e io risi di gusto. Poi però restò seduto con nonchalance.
Rimase poggiato al letto, mentre camminai per la stanza con leggerezza. «Ti ricordi Dean Aus?», domandò.
Annuii confusa, prima di poggiarmi col ginocchio al materasso del letto.
Si prese il volto tra le mani, abbassando il capo: «Quel pugno in primo liceo gliel'ho dato io.»
«Non ci credo. Davvero?», domandai entusiasta, osservandolo a bocca aperta.
Lui annuì. «Nessuno l'ha detto in giro, ma nello spogliatoio aveva detto che gli avevi fatto un p- beh, aveva detto una cazzata.»
Mi poggiai con i pugni al letto, prima di scrutarlo con un ghigno: «Hai fatto a botte per me, Filston? Che romantico.»
«Solo per te, Moore», rispose divertito a sua volta.
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Thunders
FanfictionCharlotte e Jason si odiano, da sempre. Insomma... nemici per la pelle. Entrambi sono sicuri di conoscere l'altro. Lei ha sempre visto lui come un ragazzo instabile, interessato soltanto a ragazze, droghe e casini. Lui ha sempre visto lei come una...