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5 Gennaio 2021

Erano passate ormai due settimane. Mio padre era tornato per Natale ed io non avevo esitato a rifugiarmi in casa il prima possibile. Avevamo passato le feste in casa a guardare film e bere cioccolate calde.

Mio padre spegneva il telefono, Cole indossava i suoi pigiama preferiti e io? Io sorridevo.

Ciò che mi riusciva.

Poi per capodanno eravamo andati in Canada, perché era una nostra tradizione iniziare l'anno nuovo lì. Quando non ci riuscivamo mio padre ci restava male e quindi cercavo di evitarlo.

Ma era un capodanno così- vuoto.

Lo avevano trascorso a una festa di un amico di papà, perché era famoso per la sue feste alla "Grande Gatsby". Ed erano degne di quel titolo, perché la notte era stata solo un ammasso di brillantini, champagne e candelabri.

Ma le persone ridevano e si ubriacano e io le guardavo in silenzio. Perché c'era qualcosa in quella bellissima superficialità, quella luminosità, che mi portava alla mente Jason.

Non il Jason appassionato e riflessivo, ma quello rumoroso e esuberante.

Che tutti amavano e io odiavo.

Non avevo idea di come stesse. Avevo pensato di scrivergli a Natale e poi a capodanno, ma ogni volta che premevo sulla mostra chat vuota mi ricordavo che neanche lui mi aveva scritto.

E lui odiava quando lo si cercava.

Così avevo spento il telefono e sotterrato nella tasca dei pantaloni. Poi chiamavo puntualmente Cole e ci andavamo a fare una passeggiata.

Quando tornammo a Los Angeles, le uniche volte in cui vidi Jason era a lezione. Ultimamente mi ero sentita sempre osservata e non capivo per cosa fosse, ma poi avevo capito che era colpa sua. La verità era che Jason aveva iniziato non solo a evitarmi, ma anche a fissarmi con lo sguardo di un omicida. Durante gli allenamenti sapevo che mi stava fissando con gli occhi assottigliati e a lezione faceva lo stesso. Non gli importava il fatto che me ne accorgessi.

E sinceramente stavo iniziando a sentirmi a disagio. Sapevo che era arrabbiato perché non ero più tornata dopo l'incidente a casa sua. Ero scappata e a quanto pare gli diede fastidio. Ma stavo davvero iniziano ad avere paura che mi avrebbe aggredita nel bel mezzo delle lezioni.

Con Jack invece ormai avevamo una vera e propria relazione. Cercavo di sentirmi con lui il più spontaneo possibile e cercavo di convincermi che non fosse davvero così noioso come si comportava quando stavamo insieme, ma era solo una grande bugia.

Una volta gli avevo chiesto di farci un bagno vestiti giusto per sapere cosa si provasse a farlo nell'acqua di mare, ma lui aveva rifiutato immediatamente perché "l'acqua Marina rovina i vestiti". Jason ci si sarebbe buttato senza ripensarci.

Ma poi mi ricordavo che era per quello che mi piaceva Jack. Perché era sereno e dolce.

Mi comprava il pranzo e organizzava picnic la domenica. E nonostante durante le feste sembrava sprigionare molti demoni quando beveva vodka e prendeva cocaina, Jack era sincero.

Così sincero. Quasi dolorosamente sincero.

«Secondo me dovresti andare da lui e parlarci», mi disse Allison, mentre stavamo entrando in auto. «Cosa ti trattiene?»

«Tutto! La mia dignità. Il mio-»

Quando le avevo raccontato dell'accaduto era rimasta a dir poco senza parole. E dovetti giurarle tre volte che non era uno scherzo.

Mi bloccai quando mi fulminò con lo sguardo. Erano appena finite gli allenamenti del venerdì pomeriggio e finalmente alle cinque e mezza ci lasciarono uscire da quell'inferno che chiamavano scuola.

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