Charlotte e Jason si odiano, da sempre. Insomma... nemici per la pelle. Entrambi sono sicuri di conoscere l'altro.
Lei ha sempre visto lui come un ragazzo instabile, interessato soltanto a ragazze, droghe e casini.
Lui ha sempre visto lei come una...
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Restammo qualche secondo in silenzio, io a scrutare le sue iridi verdi mente lui a scrutare le mie.
«Quella volta. Quando ti ho vista in bagno...», sentii il suo tono diventare cupo, mentre si passò una mano tra i capelli, «Sai che non potevo non fare niente. E so che mi odi per il fatto che sono andato da tuo padre. Ma ti dovevo salvare.»
«Salvarmi?», chiesi malinconica.
Poggiai il capo al baldacchino del letto, mentre Jason si portò le mani dietro al capo per stirarsi. Annuì.
«Odio essere salvata.»
«E allora l'ho fatto perché non sopporto quando piangi. Non lo sopporto davvero, ad essere sinceri», sussurrò, senza distogliere il suo sguardo dal mio viso.
Incrociai le braccia. «E io non lo sopporto quando ridi.»
Ironicamente il moro scoppiò a ridere, abbassando e poi rialzando lo sguardo. «Questo era soltanto crudele da dire.»
Feci spallucce sorridendo. «Ma tanto sei Jason Filston. Nulla ti ferisce.»
Il moro si morse forte il labbro inferiore, prima di divulgarsi dalla sua posizione e avvicinarsi a me, alla fine del letto. La sua nudità gli diede quel tocco divino, proprio come una statua greca.
Mi portò una ciocca bionda dietro a un orecchio, mentre trattenni il respiro. Poi si sporse piano e mi sfiorò delicatamente le labbra con le sue. Sentii brividi per tutta la schiena.
Senza indugiare lo strinsi in un abbraccio. Probabilmente lo stavo strozzando, ma avevo l'impressione che non fosse mai vicino abbastanza.
Allentai leggermente la presa, ma lui senza esitare mi posò la mano dentro alla nuca per avvicinarmi delicatamente alle sue labbra. Era incredibile come quel semplice gesto potesse portarmi in tilt il cervello.
Jason Filston è condanna? O salvezza?
«Ti amo», sussurrò il moro secondi dopo. Un leggero sorriso sulle labbra, cosa che mi fece quasi svenire. Ero davvero un suo fedele adoratore.
«Ti amo», ribadì poi leggermente in imbarazzo. «Non ho mai amato nessuno come te.»
«E io non amerò mai nessuno come te.» Spalancai gli occhi, realizzando cosa avevo appena detto. Lo guardai imbarazzata. «Ok, facciamo finta che non l'abbia detto-»
«-Invece no. Ormai l'hai detto!»
Ci guardammo negli occhi, ma scoppiammo a ridere immediatamente. Mi tenni la pancia e lui scosse la testa.
«Inizia a farmi venire il diabete tutta questa sdolcinatezza», ammisi. Mi voltai in imbarazzo, ma lui mi buttò di schiena sul materasso.
Scoppiai a ridere, ma lui si posizionò su di me. «E se ti dicessi che sei l'amore della mia vita? Che siamo anime gemelle? Oh, Charlotte sei la mia divinità! La mia musa-»
«Ma sta' zitto», ridacchiai, prima di farlo cadere dal letto.
Il moro si alzò dolorante e spalancò la bocca. «Sei una donna violenta, Moore.»
Alzai gli occhi al cielo.
«Però mi piace», aggiunse divertito, avvicinandomi a lui per baciarmi. Ansimai e le nostre lingue si rincorsero.
Lo spinsi per il petto e lui cadde di schiena sul materasso. Mi sedetti a cavalcioni su di lui, in controllo.
«Allora lo ammetti pure tu. Sei la mia puttana», ghignai.
Aprì bocca per controbattere, ma si zittì quando mi tolsi la coperta di dosso e la maglietta a ruota. Finalmente ero io in controllo di quella relazione.
Alzai le mani per levarmi i capelli dal viso, ma in un gesto Jason invertì le nostre posizioni. Mi trovai a pancia in giù, lui su di me.
«Mi sa che devo ricordarti che è davvero in controllo qui-»
«Vediamo», boccheggiai. Mi voltai per sorridergli furba. Odiava quando si metteva in discussione la sua autorità e io lo sapevo.
Mi prese per le cosce per voltarmi. Cercai di baciarlo, ma mi strinse per il collo. Restai immobile davanti alle sue labbra. Ansimammo insieme, i suoi occhi ormai scuri.
Imitai i suoi movimenti, stringendogli la gola, ma lui mi tolse la presa. Perché mi stavo divertendo così tanto a provocarlo?
Manutenni il respiro, quando mi stimolò con le sue dita. Mi sdraiai automaticamente, stufa di contrappormi. E Jason era soddisfatto, perché sogghignava soddisfatto. La sua mano scese sul mio seno, per cui strinsi le lenzuola tra le dita.
Il suo sguardo stava scannerizzando il mio corpo nudo sotto di lui. I miei ansimi aumentavano insieme alla sua pressione sul mio punto più sensibile.
«Oh, D-» Jason mi ribaltò nuovamente. Mi poggiai coi gomiti al cuscino per togliermi i capelli dal volto. Stavo già sudando.
Vidi i suoi pugni posarsi sui miei lati, prima che Jason si spinse in me. Ansimammo in un fiato e io poggiai la fronte al cuscino. Il suo fiato caldo si scontrava contro la mia schiena. Mi morse delicatamente e io spostai il volto di lato.
«Charlotte-»
«Più forte. Ti prego», boccheggiai. Non mi importava di essere talmente bisognosa. Talmente controllata.
Jason obbedì alla mia richiesta, spingendosi più a fondo. Spinse con la mano sulla mia schiena per tenermi ferma. Non avevo mai visto quella parte di lui. Così sicura.
Portai il capo in dietro in piacere. Jason si piegò per unire le nostre labbra. Il suo viso era caldo e i suoi ansimi forti.
Respiravo con le labbra socchiuse, mentre le sue dita mi toccavano costantemente. I suoi movimenti si fecero sempre più precisi e bruschi.
Sfregai la fronte contro il cuscino, quando Jason si fermò a fondo. Non si fermò con le dita però fino a quando non mi irrigidii sotto il suo peso. Le mie nocche erano bianche.
«Porcaputtana», manifestò ancora su di me. Respirammo in unisono, immobili e intendi a riprenderci dall'euforia.
Alzai il capo e lui mi baciò con un che di affettuoso. Molto diverso dal modo in cui mi aveva toccato poco prima.
Si alzò dal letto e io mi rimisi a sedere. Guardai con un sorriso il suo corpo nudo sotto la luce dell'alba. La pelle luccicava per il sudore.
«È stato... Inaspettato», balbettai col viso arrossito. Mi volsi con la coperta, quando Jason si voltò con un ghigno.
Mi prese il volto in una mano, baciandomi. «Almeno abbiamo chiarito i ruoli in questa relazione-»
«-Sognatelo pure.»
Alzò un sopracciglio, perché le mie parole non erano molto coerenti con ciò che era successo poco prima. E lui lo sapeva.
«Ho fame», disse poi. Jason alzò le braccia al cielo e si grattò la testa sospirando.
Annuii, grata che fossimo così simili.
«A chi lo dici», aggiunsi. Sospirai, sentendo la pancia brontolare: «Chiamo d'Antonio... e la pizza la scelgo io!»
Gli lanciai un'occhiata minacciosa, sapendo che avrebbe insistito sullo scegliere il gusto della pizza.
Jason scosse im capo. Mi prese sotto braccio, mentre ci avviamo verso il piano di sotto dove si trovava il telefono.
«Sai che è impossibile che te lo permetta senza almeno combattere», disse, prima di lasciarmi un bacio casto sulla fronte facendomi.
Sospirai, mentre scendemmo le scale. «E allora mi farai arrabbiare.»
«Non importa. Sei bellissima quando ti arrabbi.»
Sorrisi divertita, beandomi del suo corpo caldo che mi teneva al sicuro.