5. Prime lezioni

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Non lo farò. Neanche se mi pagassero un milione di euro all'ora. Sono stata tanti anni sola, e non cambierò più la mia situazione di vita, perché le persone finiscono sempre per distruggermi. Odio la compagnia, perché ripetutamente, in passato, sono stata presa in giro dalle persone che consideravo parti integranti di me, e da lì ho completamente chiuso. Non posso arrivare ad ammalarmi e farmi ricoverare di nuovo. Non succederà, ed è una promessa che ho fatto a me stessa.

Senza proferire parola, lo supero, diretta verso l'uscita, ma a quanto pare il ragazzo non comprende il mio dissenso, il mio rifiuto silenzioso.

«Lo vuoi capire che non tutti sono bastardi? Non significa niente che se qualcuno ti ha distrutta, vuol dire che lo farò anche io. Mi conosco, e posso assicurarti che se mi metto in testa di voler conoscere qualcuno, mai nella mia vita penseró di ferire.» Mi fa girare verso di lui, prendendomi per la spalla destra.

«E tu lo vuoi capire che non sono disposta a fare nuove conoscenze? Sono venuta qui per studiare, sono da sola e così intendo rimanere. Odio le persone, perché sono una più bastarda dell'altra, e tu non sei un'eccezione, seppur non ti conosco neanche. Per me è puramente scontato.» Borbotto.

«Dammi una change per dimostrarti che non tutti sono così, allora.»
«No.»

Sperando che abbia afferrato il mio concetto, mi giro nuovamente e me ne vado. Questa volta non mi segue. Menomale.

Torno a casa, ormai stanca, e mi preparo una cena veloce, in modo tale da potermi mettere presto nel letto. La gente sa essere proprio invadente, ed io lo detesto.

Mentre cucino le uova ad occhio di bue, aziono la musica e comincio a danzare lentamente al suo ritmo. La musica è la mia unica salvezza.

Nel mentre, taglio un po' di pomodori, li condisco, e tosto anche due fette di pane.

Mi gusto il tutto con calma, e termino il pasto con una barretta di cioccolato fondente. Sta arrivando il mio peggior nemico, il ciclo.
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La prima lezione risulta un po' pesante per la mia mente, tanto da non riuscire neanche a seguirla. Finora non ho preso neanche un appunto. Direi che è cominciato proprio tutto con il nome di Dio.

«Hey, lezione incomprensibile?» Sento una voce al mio fianco, e quando mi volto, mi accorgo che Erika si è appena seduta al posto accanto al mio. Alzo gli occhi al cielo, cercando di non darlo a vedere, ma concedo lei una risposta.

«Questo professore spiega decisamente come Eminem. Sembra che sta rappando, e non sono riuscita a scrivere nemmeno un appunto.» Sbuffo, appoggiandomi allo schienale del mio posto. Forse mi sono seduta troppo lontana al professore.

«Lo avevo capito dalla tua espressione spaesata.» Ridacchia. «Io invece ho scritto qualcosa. Al liceo ero una spada, quindi mi è rimasto un po' di allenamento. Magari dopo posso farteli copiare, altrimenti dovrai studiarti tutto il libro senza capirci nulla.»

Sorrido per la sua disponibilità, e anziché rifiutare, le mie labbra parlano ancora prima che il mio cervello possa elaborare una risposta, accettando.

Sorride di rimando, e a questo punto ritorniamo a seguire la lezione. Manca ancora un'ora, ma come prima lezione, mi sta risultando davvero interminabile. Spero solo che non saranno così anche le altre, altrimenti abbandonerò gli studi già oggi, direttamente.

Appena esco dalla stanza, un sospiro di sollievo invade il mio corpo. E la prima è andata. Mi dirigo all'armadietto per prendere un altro quaderno e il libro di sociologia. Speriamo che sia più semplice della precedente.

"Hey, per quanto riguarda gli appunti, vuoi che te li lascio ora oppure ne parliamo insieme a pranzo, così te li copi?» Si avvicina Erika.

«Puoi anche lasciarmeli ora, così, se anche sociologia sarà incomprensibile, li copieró durante quelle due ore, e magari mi passerai anche gli altri.»

Mi guarda delusa, ma mi lascia ugualmente il suo quaderno, per poi voltarsi.

«Comunque mi chiamo Jenna Alisha Sophie Dempsey, non te lo avevo ancora detto.»
«Wow, qualche altro nome?» Ridacchia, facendo ridacchiare anche me. «Qual è il tuo preferito?»

«Non ne ho uno che mi piace di più, ma puoi chiamarmi Jenna, semplicemente Jenna, perché è il primo e sono abituata a questo.»
«Va bene, grazie.» Se ne va, e resto nuovamente sola. Non so neanche io perché le ho detto il mio nome, ma almeno ora può chiamarmi per nome e non dicendo "hey".

Do un'occhiata veloce agli appunti di Erika, per poi dirigermi verso l'aula della seconda lezione, aiutandomi con la mappa. Quest'università è decisamente enorme, è impossibile memorizzare i posti dove andare.

«Signorina Dempsey?» Mi ferma un uomo. Ma chi è.
«Si, cosa vuole?» Okay, forse dovevo evitare questa risposta. Non lo conosco, e soprattutto è molto più grande di me, quindi non devo rivolgermi così.

«Sono il professore di sociologia, e a quanto pare tu sei una nuova studentessa. Ho già parlato con l'altra ragazza, e per lei non ci sono problemi. Dunque, siccome siamo già ad ottobre e siamo già avanti con il programma, a breve ci sarà il primo esame, e comincia dall'inizio, quindi se non volete studiarvi i primi capitoli da sole, c'è l'opportunità di fare un corso di ripetizione dai tirocinanti del terzo anno, in modo tale da mettervi in pari. Allora, sei d'accordo?»

Ci penso un po' e, seppur controvoglia, accetto. Non riusciró mai a studiare una cosa che non so neanche cosa significa, quindi qualche spiegazione, seppur approssimativa, potrà essermi utile.

«Perfetto, allora informeró coloro che vi seguiranno. Ora, anche se sarà un po' complicato, puoi tranquillamente seguire la mia lezione, che comincerà a breve.» Annuisco.
«Ci vediamo fra un po', allora.» Se ne va ed io mi maledico mentalmente per essermi lasciata coinvolgere e continuare gli studi. Oggi è il mio primo giorno, e a breve già mi toccherà fare il primo esame. Che batosta.

A pranzo riempio il mio vassoio di riso alla zucca, merluzzo al forno e spinaci, e appena finisco tutto, prendo il quaderno e comincio a copiare gli appunti di pedagogia. Sto semplicemente copiando, ma non ci capisco ugualmente una mazza. Che materie complicate.

Finito di copiare, esco dalla mensa, e dopo aver riposto i quaderni nel mio armadietto, il quale ho faticato per trovare, esco fuori a fumare una sigaretta. Quanto vorrei fumare altro, ma qui, ora, è assolutamente impossibile. Non sono una che che si importa delle regole, ma è il mio primo giorno, e non ci tengo ad essere mandata via a calci in culo.

Nel mentre, mi distendo sull'erba del cortile, e ascolto un po' di musica. Potrei tranquillamente addormentarmi, visto che la mia ultima lezione del giorno è alle 4:00 pm.

«Ah, che relax.» Sento una voce maschile nel mio orecchio.

Amore tossicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora