23. Piccola Jenny

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«A quanto pare, oggi nessuno vuole starti accanto, perché solo io posso desiderare la tua acidità. Forse, è il momento giusto in cui lo hanno capito.» Jonah mi poggia un braccio attorno al collo, avvicinandosi con il suo corpo al fianco del mio.

«A quanto pare, sei tu che non hai capito che voglio stare da sola.» Ribatto, anche se so che in questo caso non è affatto la verità. Insomma, sono sempre io, la solitudine fa parte del mio essere, ma adesso non sono io che sto implorando di stare da sola.

Le uniche due persone che, anche se lo nego, mi hanno fatto apprezzare un po' di buona compagnia, adesso mi ignorano come se avessi la meningite infettiva, e non riesco proprio a capire quale sia la motivazione. Si stanno vendicando?

Ti stanno mettendo in chiaro il fatto che hai un carattere di merda, e dici cose davvero meschine, perciò ti evitano. Sei tossica, rovini le persone, e questo non fa bene a nessuno. Mi fa notare la mia coscienza.

Beh, la mia coscienza è molto più stronza di me, ma un po' ha ragione. Ricordando, quello che ho detto ad Erika ha fatto schifo anche a me, che ho parlato senza ragionare neanche per un secondo. E per quanto riguarda Esteban... beh, lui stava solo cercando di farmi notare che stavo sbagliando, sia nel comportarmi con Erika e sia con me stessa, ed io, invece di rendermene conto e ringraziarlo a modo mio, l'ho aggredito.

Una cosa è sicura: non posso cambiare chi sono. Il mio muro di odio è stato costruito per proteggermi da tutto quello che la mia vita ha dovuto passare, e un muro non può essere distrutto.

Quindi, anche se sicuramente ho sbagliato a fare come ho fatto, non posso tirarmi indietro e tanto meno andare indietro nel tempo. Se esiste un destino e le cose dovranno migliorare di nuovo tra noi, così andrà, ma fino ad allora, l'unica cosa che posso fare è parlare a loro come se nulla fosse accaduto.

«La voglia di stare soli è sempre mascherata da una forte voglia di coccole, quindi io sono più che disponibile. Sono avanti a te, baby.»
«Ma vai a cagare.» Mi scollo dalla sua presa sulle mie spalle e apro il mio armadietto.

Prendo la borsa con tutte le mie cose essenziali, prendendo anche il laptop. Lascio tutti i libri delle lezioni e mi allontano. Peccato che Jonah sia l'unico a non essere intimorito dal mio essere stronza.

«Allora, oggi ho una buonissima lasagna a casa fatta rigorosamente a mano da mia madre, quindi oggi vieni con me. Ci facciamo un bel pranzo romantico e un pomeriggio fra le coperte a fare tante cose.» Afferma, senza neanche chiedere un consenso da parte mia.

Mi giro di scatto verso di lui, e lo fisso in un modo in cui credo di non aver mai fatto con nessuno. Gli punto anche un dito contro, e nel parlare cerco di non alzare troppo la voce, per non attirare l'attenzione.

«Forse non sono stata abbastanza chiara: io con te non ci vengo, ne ora ne quando saremo in inferno. Tanto per chiarire, se cerchi una tipa da scopare a tuo piacimento, te trovi a bizzeffe in questo mondo, ma non contare su di me. Io non sono la tua troia di turno, e se vuoi un mio parere soggettivo, non sei neanche attraente come credi di essere. Solo dai pantaloni, si vede che il tuo pene non supera il righello dei bambini dell'asilo.»

Non gli lascio più l'opportunità di controbattere, scusarsi, o dire tutte le stronzate di questo mondo. Me ne vado a passo svelto, e finalmente esco da questo posto orribile.

Andando verso il cortile dell'università, mi apparto in un posto dove non c'è nessuno nelle vicinanze, quindi caccio la mia polvere di cocaina, la allineo sopra ad un foglio resistente e la sniffo subito, sentendomi immediatamente più sollevata. Approfitto della totale solitudine per sniffarmi anche un'altra striscia, e poi metto a posto tutto. Minchia, questa si che è vita.

Proprio nel momento in cui sto per rimettermi in piedi, casco a terra per lo spavento causato dallo squillo improvviso del mio cellulare. Se è Jonah, vado dritta in centrale a denunciarlo per stalking, e a chiedere un'ordinanza restrittiva.

Okay, ora forse no, ma più tardi nessuno mi toglierà questa strada dalla mente.

Rispondo senza neanche vedere chi è che mi chiama. «Chi è che mi rompe i coglioni adesso?»

«Non ricordavo che fossi cosi odiosa. C'è da dire che però ti dona un sacco. Sei proprio sexy così.»
«Ma chi sei?»
«Hai proprio una memoria corta, Dempsey. Capisco che non mi sono fatto sentire per un po' di giorni, ma non puoi certo dimenticarmi in questo modo. Dovrei essere tanto importante per te.»

«Se non mi dici chi sei, non posso neanche dirti se sei importante per me.» Ribatto, ovvia.
«Oh, no. Non la farò così semplice. In questo modo ti rovinerei soltanto la sorpresa.» Mi sto immaginando un sorriso beffardo in questo momento.

«Sei Jonah?»
«Cazzo, e chi è adesso Jonah? No, aspetta, non dirmelo. È il tuo fidanzatino? Dimmi dove si trova e lo faccio fuori.»
«Non ti dirò niente di quello che mi hai chiesto. Che cosa vuoi da me?» Borbotto, secca, senza neanche rendermi conto che ho appena difeso Jonah.

«Mh, vediamo... no, non ti dirò quello che voglio da te, piccola Jenny, se tu non risponderai prima alle mie domande.» wow, sa anche fare le cose per ripicca.

«Bene, allora. Sai dove si trova quel grosso posto quasi deserto, al nord? Facile, basta che cerchi la città Fanculandia, e ti porterà direttamente dove vuoi. Ciao ciao.»

Stacco la chiamata prima ancora che lui possa rispondere, e cerco di realizzare tutto ciò che è successo in questi minuti di conversazione telefonica. Una cosa l'ho capita per certo: è la persona che mi ha chiamato l'ultimo giorno che sono stata con Esteban ed Erika.

Un'altra cosa, però, non mi è chiara: perché il modo in cui mi ha chiamata, piccola Jenny, non mi sembra nuovo? Io mi chiamo Jenna, con gli altri nomi dopo, ma non riesco a ricordare se qualcuno mi abbia mai chiamato Jenny, in modo particolare da piccola. Un po' ha ragione lui, ho una memoria proprio corta.

Il mio telefono squilla di nuovo, e stavolta ho la prudenza di vedere chi mi cerca. Sconosciuto. Evito di rispondere, dando per scontato che sia di nuovo lui, e mi alzo.

Il cellulare però non smette un momento di squillare, o meglio si stacca e riprende due secondi dopo. Se mi sposto con il cellulare che continua a suonare, le persone in cortile che se ne accorgeranno mi prenderanno per sorda.

«Che vuoi? Mi pare di essere stata chiara sul fatto che te ne devi andare a fanculo.» Sbotto, al livello massimo della mia acidità, rispondendo alla chiamata per far smettere questo dannato telefono di squillare.

«Ma certo, sei stata piuttosto chiara, ma deduco che per andare a Fanculandia il treno non parte per una persona sola. Stavo pensando, quindi, di portare tua madre con me. Sarà sicuramente una compagnia perfetta, e chi lo sa, magari finirà come è successo a tuo padre. Un bacio, mia cara dolce Jenny.» Questa volta è lui a staccare la chiamata senza darmi l'opportunità di rispondere.

Che cosa vuol dire che finirà come mio padre? È qualcuno che conosce la mia famiglia? Dio santo, non ci sto capendo più niente. Non riesco a capire se ora mia madre è in pericolo, o se è tutta una presa per il culo.

Senza pensarci due volte, riprendo la mia polvere di cocaina, allineo tre file degne di essere sniffate, e salgo in paradiso.

Sorridendo come un'ebete, poso tutto nella borsa e mi incammino nel cortile, in mezzo agli altri ragazzi, e finalmente vedo davvero il paradiso che aspettavo.

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Spazio autrice
Ahhhhh, aiuto AHAHAH. Giuro, sarò strana, ma lo spirito di vita di Jenna praticamente è il mio. Non che mi faccio di qualcosa, sia chiaro, ma per tutte le cose orribili che mi capitano, la voglia di lasciarmi andare è impressionante. Spero che anche se non letteralmente così, qualcuno di voi possa capirmi. 

Commentate le cose che approvate e che vi fanno sclerare AHAHAH almeno ho qualcosa di bello da leggere, che potrebbe rendermi felice.

Grazie, Bears.
Mary


PS. Vi piace essere chiamate/i "Bears"? O preferite qualche altro nominativo? Love u<3

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