33. Morte

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Appena sento le parole di Esteban, la mia immensa rabbia mi porta a scappare di casa. Devo andare in ospedale. Non mi interessa affatto della mia condizione, o che Esteban ed Erika possano accorgersi di quello che ho appena fatto e seguirmi. Devo andare fino in fondo a questa storia di merda.

Lo sconosciuto, se non devo dire Jonah, è il solo responsabile per la morte di mia madre. Ha orchestrato l'incidente appena ho costretto mia madre a fare una vacanza qui, a Malibu, imbrogliandomi, sperando che sarebbe morta sul colpo come all'autista, per poi staccarle la spina che la manteneva in vita dal coma.

L'ospedale è l'unica change che ho per smascherarlo. Loro sono gli unici che potrebbero descrivere questo coglione e condurmi da lui. Mio zio è morto quando ero piccola, poco dopo di mio padre, con un infarto, perciò io non me la bevo questa stronzata.

Durante la mia corsa, sono costretta a fermarmi un'attimo per riprendermi un po'. Tutta l'adrenalina che ho in corpo, per i tagli, la droga, e questa dichiarazione rubata, rischia di farmi sbattere a terra in mezzo alla strada, e non posso permetterlo. Non posso perdere la mia unica occasione per scoprire tutto da sola.

Riprendo la corsa, mi devo fermarmi per altre due o tre volte. Gli occhi si stanno facendo pesanti e la testa oscilla da una parte all'altra, ma non voglio mollare. Questa volta non voglio essere io a perdere.

Proprio quando riprendo la mia corsa, una macchina in mezzo alla strada rallenta e comincia a camminare al mio passo. Ignoro chiunque sia, e proseguo. Sarà sicuramente un pervertito.

«Jenna, sali. Che stai facendo da sola?» È Erika.
«Niente, avevo bisogno di sfogarmi e ho pensato di farmi una corsa.» Dico. Non è affatto vero, ma non so se loro si sono accorti di essere stati spiati, o della droga che ho in corpo.

«E penso che possa anche bastare. Stai per sbattere a terra.» Mi fermo e constato che ha ragione. La mia testa oscilla sempre di più, ma non voglio fallire. Non è possibile che non porto a termine nulla.

«Non posso, ho bisogno di respirare.» Mento, riprendendo a correre, ma la macchina inchioda e il guidatore comincia a correre dietro di me. Proprio appena cerco di aumentare il passo della corsa per evitare di essere presa, casco a terra senza neanche rendermi conto di come sia successo.

Esteban quindi riesce a raggiungermi, mi prende a mo' di sposa e mi mette in macchina, facendo dietrofront. Ho perso.

«Jen, non stai affatto bene, e sono certo che non è influenza. Dimmi che non lo hai fatto di nuovo.» Si riferisce al drogarmi.
«Non lo so.» Faccio un sorriso infastidito. Non mi si deve dire cosa posso e cosa non posso fare. Sono sempre stata uno spirito libero, e devo restare tale.

«Stavi rischiando di morire e lo hai rifatto, rischiando nuovamente.» Mi fa notare.
«Ma no? Buongiorno, chi ti dice che non è proprio quello che voglio?» Rispondo, prima ironica e poi retorica.

Intanto le mie gambe cominciano a sanguinare da sotto il pantalone, a causa della caduta, ed Esteban lo nota, e sta per dire qualcosa ma Erika lo precede.

«Ti prego, Jenna. Te lo chiedo per te e come anche per me, considerando anche la mia di condizione mentale, a causa del disturbo alimentare. Cerca di non distruggerti, perché per me è peggio. Sono facilmente condizionabile, e mi danneggia maggiormente questa cosa.»

«Erika, tu non faresti mai uso di droghe o canne. Non fumi neanche.» Ridacchio.
«Secondo te no? E come te lo spieghi, allora, che la tua ultima bustina di polvere bianca non c'è più? Non hai controllato?» Ora non è ne dispiaciuta, ne divertita. È fottutamente seria.

Quella scioccata dovrei essere io, considerando che la droga è mia, ma Esteban lo è tre volte più di me. Ci guarda entrambe senza parole.

«Cristo santo, sono l'unico sano di mente in questa macchina?»
«Perché, non hai mai fumato tu?» Chiedo io, scioccata anche con lui.

«Non ha importanza, ora. Cosa devo fare, portarvi in ospedale? Io non posso farcela da solo con voi due.» È esasperato, e non riesco a capirlo. In cosa dovrebbe aiutarci? Io sto bene, considerando ciò che è successo a mamma.

Sto per dite di si, ma Erika comincia ad implorare negativamente, facendo quindi cambiare idea al cugino, tornando a casa.

Infastidita, sbatto la portiera della macchina e aspetto che qualcuno dei due apra la porta di casa per rintanarmi nel letto di Erika e dormire per sempre.

Arrivata in camera, non faccio in tempo a chiudere la porta che Esteban piomba all'interno, prendendosi la borsa, e persino il pacchetto di lamette di Erika. ma chi è questo mostro, ora?

«Queste ora le tengo io, e vedrò cosa farne. Non butterò le tue droghe per rispetto, ma ciò non vuol dire che continuerai a tenerle tu. Per quanto riguarda le lamette, invece, le tolgo perché ho notato che hai fatto anche tu quello che ha fatto Erika, e la situazione non deve andate peggio di così. Se devo salvaguardarvi senza potervi portare in ospedale, dovrò farlo secondo quello che io ritengo giusto.» Mi avvisa, con tono fermo e deciso.

«Bravo, quindi anche tu fumi? Quante cose nascondi, Esteban?» Incrocio le braccia al petto.
«Cosa dovrei nascondere, Jen?»
«Ho sentito quello che hai detto ad Erika sulle dinamiche che ti ha detto il dottore. Grazie per avermi messo al corrente di questa cosa, davvero.

«Avevo immaginato che stavi origliando, e dedotto anche come causa al fatto che sei scappata, sicuramente per andare in ospedale anche se sei in questo stato. So che avrei dovuto dirtelo subito, ma come potevo farlo, se già eri distrutta? Stavo aspettando il momento giusto per farlo.» Si giustifica.
«Non esiste il momento giusto per queste cose.»

Lui se ne va senza neanche rispondere più, rendendosi conto di aver sbagliato, ed io mi butto sul letto a peso morto, frustata. Vorrei addormentarmi o chiudere almeno gli occhi, ma appena lo faccio mi rotola nella mente tutto l'accaduto di questi ultimi giorni.

Non posso continuare così. Perché non si può spegnere il cervello?

Prendo il cellulare appena comincia a squillare, e rispondo immediatamente appena mi rendo conto che è proprio lo sconosciuto a chiamarmi.

«Cosa vuoi ancora da me? Non ti è bastato uccidere mia madre e probabilmente anche mio padre?» La mia voce è più altra del desiderato.
«Beh, in effetti è stato davvero molto divertente. Se non lo provi, non potrai mai scoprire l'adrenalina che si prova.»

«Vaffanculo, cosa vuoi ancora? Vorresti uccidere anche me? Coraggio, vieni. Sto aspettando solo questo.» Lo incito, sperando di avere un si a questa domanda.

«Nah, non è ancora il momento giusto. Hai ancora troppe cose da scoprire, prima che io possa completare il mio piano di vendetta.»

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SPAZIO AUTRICE
Raga, vi giuro che mi sono sentita malissimo per la morte della madre... e odio il tizio:)

Spero sia lo stesso anche per voi, mercoledì nuovo capitolo:)

Ps. Sto ancora sotto esame, e non ho ancora visto mio padre, che si trova attualmente in cucina (sono in soggiorno) e sto morendo perché a breve tocca a me fare lo speaking. Apprezzate che abbia aggiornato ora altrimenti non so quando lo avrei fatto❤️

Amore tossicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora