6. Sballo

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Mi alzo di scatto dall'erba, e noto un ragazzo che non ho mai visto prima, capelli biondi e occhi color ghiaccio.

«Ehm, direi che sono libera di fare cosa voglio, visto che è momento di pausa. C'è qualche regola?» Ribatto. Non mi pare che qualcuno mi abbia detto che ci sono cose che non si possono fare, soprattutto cose stupide come questa.

«Nono, più che altro è un po' snervante vedere che qualcun altro fa quello che faccio io di solito. Stavo giusto venendo a rilassarmi, ma a quanto pare qualcuno ha rubato il mio posto fidato.» Nella sua voce scorgo una punta di fastidio.

«Non mi risulta esserci scritto un nome qui, quindi c'è libero accesso a chiunque, e non devo venire a dare conti a te.» Qui la gente sta proprio fusa.

«E se ti chiedessi di toglierti o almeno spostarti un po' più in là?»
«Ti risponderei di no, perché ormai sono già accomodata qui. Più che altro, tu puoi benissimamente metterti da un'altra parte, visto che questo giardino è piuttosto grande.» Nessuno mi deve comandare.

«Beh, allora immagino che non sia un problema se mi distendo accanto a te. D'altronde, come ho detto, questo è il mio solito posto, è non intendo rinunciarci adesso.»

Per evitare di mettermi a fare la polemica, sbuffo soltanto. «Fai che vuoi.» Mi limito a rispondere, con voce infastidita.

Coglie al volo la mia risposta, e si sdraia, ed io intanto mi sposto giusto un po' e mi distendo di nuovo. Aziono di nuovo la musica, che avevo bloccato, e chiudo gli occhi, godendomi pienamente il momento di tranquillità.

Tutto va perfettamente al suo posto grazie alla melodia, ma questa benedizione viene spezzata subito dopo dal ragazzo al mio fianco, che ora non è più al mio fianco ma esattamente appicciato a me.

Sobbalzo come un fulmine dal giardino, e gli rivolgo uno sguardo assassino, tanto orribile da fargli fare uno sbuffo rumoroso. Ah, lui è infastidito dal mio modo di reagire? Ma adesso gli faccio vedere io come ci si infastidisce... anzi, gli faccio proprio contorcere le budella.

«Che cazzo pensi di fare, brutto schifoso, ti ho fatto distendere accanto a me, non di strusciarti come un maniaco depravato.» Sibilo, cercando di non alzare troppo la voce. A quanto pare, però, non ho avuto l'effetto desiderato, visto che lui si guarda attorno.

«Innanzitutto non sono un maniaco, perché i maniaci non fanno quel che vogliono davanti a tante persone. E poi, in tutta onestà, hai un fisico proprio scopabile, e hai tutta l'aria di chi ne vuole una bella e soddisfacente. Si da il caso, quindi, che io sono più che disponibile, e te lo stavo facendo capire.» Assume un sorriso perverso, e se è possibile, il mio guardo si fa ancora più truce e omicida. Più che altro, però, sono soprattutto disgustata.

Che fine hanno fatto le frasi sdolcinate per rimorchiare una donna? Non che le voglia sentire, perché sono piuttosto insensibile, ma questa è la prassi. Che schifo gli uomini di oggi.

«Vorresti dire che non ho ragione?» La sua perversione continua, e mi viene solo voglia di riempirlo di sberle, facendogli sentire tutta la mia ira. Altro che orgasmo.

«Fosse per me ti avrei già spedito in galera, ma mi fai talmente schifo che solo a dover parlare di te, mi sale tutto il cibo che ho ingerito.» Detto ciò, raccolgo le mie cose, e mi avvio verso l'entrata dell'università.

«Tanto lo so che stai facendo tutte queste mosse per farti desiderare ancora di più, è ti assicuro che ci stai riuscendo.» Urla, attirando l'attenzione di molti presenti.

Anche se sembra una cosa immatura, senza pensarci due volte mi giro e gli faccio il dito medio. Ribadisco, qui la gente sta proprio fuori.

Vado in bagno e, anche se non si dovrebbe fare, soprattutto qui dentro, prendo una cartuccia, compongo una canna e la accendo. I primi tiri li sento forti, dopo di che cominciano a scendermi come l'acqua. Ah, che benessere. Questo si che è rilassante, soprattutto per i nervi.

Finito, resto un po' nel bagno, sedendomi a terra, e lascio che la canna appena fumata faccia effetto. È la cosa più bella, perché mi sballa e mi fa sentire un'altra persona, ma del resto odio fumare, anche perché spesso mi viene la nausea. Dovrei smettere, infatti, ma non ci riesco.

Dopo un po', indosso i miei occhiali da sole oscurati, ed esco, barcollando leggermente. Mi sto sforzando tanto per non ridere, anche perché non voglio fare figure di merda il primo giorno di lezioni.

«Jenna, ti ho trovata finalmente. Hai copiato gli appunti?» La voce di Erika si avvicina. Sbuffo. Oggi non ho un momento per stare da sola, ma che cavolo...

«Già, purtroppo sono ancora qui.» Sbiascico. «Boh, non mi ricordo se li ho copiati. Che appunti erano?»
«Ma come boh? Gli appunti della lezione di stamattina...»
«Ah, si... aspetta, che lezioni ho fatto?»

«Jenna, stai bene?» Chiede, preoccupata. Si avvicina e mi alza gli occhiali, per poi sussurrare subito dopo: «Ti sei fatta?»
"Ma chi, io? Non dire cose che non si avvicinano neanche di un centimetro a me.»

«Okay, sei fatta. Vieni con me.» Mi tira per un braccio, e mi trascina di nuovo nel bagno. Che devo fare qui? Non devo fare pipì.

Subito dopo mi posiziona davanti al lavandino, apre l'acqua, e prima che io possa realizzare le sue intenzioni, comincia a bagnarmi velocemente la faccia. Ma che cazzo...

Di colpo il mio colpo reagisce, schizzando una manata piena d'acqua addosso ad Erika, e lei mi guarda scioccata, allontanandosi di scatto.

«Non osare mai più fare qualcosa senza il mio consenso, altrimenti questo sarà solo un assaggio.» La minaccio. Okay, forse sono troppo cattiva.

«Di certo non sono io quella che fa cose illegali all'interno di una struttura dove ci sono tante persone, per poi sperare di passarla liscia. Stavo solo cercando di aiutarti, rimediare al casino che hai combinato, e salvarti la pelle da quello che sarebbe potuto succederti. Sai che, se ti avesse scoperto qualcun'altro, o un professore, avrebbero potuto farti un'espulsione? Quindi ora, se non vuoi questo, continua a sciacquarti per alleviare l'effetto della canna.»

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