25. Aiuto

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Sono tanto tentata di chiamare mia madre adesso, ma sicuramente Esteban ed Erika mi stanno aspettando, fuori dalla porta o al piano di sotto, e non voglio parlare con loro di questo o destare sospetti.

Mi fido di loro, cosa strana per me, ma se sapessero una cosa simile avrebbero paura e automaticamente si allontanerebbero di nuovo da me. Questo non posso permetterlo, non adesso, perché anche se non sembra, ho bisogno di qualcuno che mi stia accanto aiutandomi in silenzio.

Mi vesto velocemente, e raccogliendo poi i capelli bagnati in un'asciugamano presa prima in bagno, scendo al piano di sotto.

Sentendoli conversare a bassa voce, senza riuscire a capire neanche una parola, aspetto un po' prima di varcare la soglia della cucina.

"Hey... grazie e scusatemi.» Dico alla svelta, sentendomi in dovere di farlo. Dopo tutto quello che hanno fatto e continuano a fare per me, questo è un briciolo di pane in confronto a tutto quello che potrei fare.

Loro, anche se sanno quanto io detesto questo gesto, mi abbracciano forte, ed io li lascio fare.

1... 2... 3... «Okay okay, credo che questo sia più che sufficiente.»
Loro scoppiano a ridere forte mentre cominciano a lasciarmi libera. «Non ti smentisci mai. Basta poco e torni in te.» Mi fa notare Esteban, divertito.

«Beh, chi non muore si rivede.» Rispondo io, retorica.
«Non è proprio la stessa cosa, ma va bene lo stesso. Anche se sei spesso snervante, è questa che tu sei, e mi farebbe strano vederti cambiata di punto in bianco. Non saresti più tu.»

Non ha tutti i torti però non capisco se lo ha detto in modo ovvio, o in modo carino. In ogni caso, non mi importa questo al momento.

«Io credo di dover andare. Ho gli appunti sa studiare, quei pochi che sono riuscita a scrivere, e devo soprattutto pulire la casa, perché sembra un campo minato.» Cerco di non lasciar trapelare nulla dalla mia voce, e di trovare delle scuse plausibili per andarmene, ma la fortuna non è dalla mia parte.

«Per adesso è meglio se resti un po' qui da noi. Sei ancora un po' stordita, e devi smaltire un po' tutto lo schifo che hai in corpo. Ho preparato un semplice riso al forno, e vorrei che restassi a mangiare da noi.» Guardo Erika che, dopo la richiesta di suo cugino, ha cambiato la sua espressione. Ora mi sembra di vederla spaventata, terrorizzata, e capisco subito qual è la ragione di questo suo cambio d'umore improvviso.

«Io vado un momento in camera a prendere il cellulare. Oggi ho anche dimenticato di chiamare mio fratello, quindi mi conviene farlo, prima che mi ritroverò una cascata di chiamate perse.» Fa una risatina nervosa, e sgattaiola via.

Sono tentata di seguirla per calmarla, ma Esteban mi blocca.

«Questo è uno dei motivi per cui ti ho chiesto di restare. Ha costantemente paura di mangiare, e so che la compagnia le trasmette più sicurezza. Visto che la mia non è mai abbastanza, credo che avere una persona che la capisca al suo fianco sia la cosa migliore.» Mi informa.

«In effetti, credo di restare. Non mi piace molto vederla così.» Affermo, accettando la proposta.
«Aspetta... hai detto che questo è uno dei motivi. Quali sono gli altri?» Chiedo subito dopo, incuriosita.

«Beh, in primis direi che voglio ricambiare il pranzo fatto a casa tua con tua madre. Mi ha fatto un sacco piacere conoscerla.»
«Non ci sta molto bisogno, non ti preoccupare. Mia madre sa essere molto generosa quando vuole.»

«A me piace ricambiare i gesti, quindi non obiettare.»
Alzo le mani all'aria. «Va bene, tanto ormai ho già detto di sì, e non mi sembra il caso di tirarmi indietro. Poi? Quali sono gli altri motivi?»

«Non ce ne sono altri.» Risponde lui, velocemente, ed io lo guardo di sottecchi.
«Cosa mi nascondi?» Incrocio anche le braccia al petto.

«E cosa dovrei nascondere secondo te?» Sorride, e io lo guardo ancora più stranita.
«Non me la conti giusta, ragazzo.»

Erika ritorna in cucina con la stessa espressione di prima, lascia il cellulare sul piano colazione e comincia ad apparecchiare la tavola.

Io mollo immediatamente la conversazione con Esteban e aiuto lei.

Durante il pranzo, vedendola molto indecisa e in difficoltà, le prendo la mano e questo piccolo gesto contribuisce a darle un po' più forza.

———
Dopo esserci fatti una passeggiata fino a casa, finalmente apro la porta e, prima di entrare, mi volto verso di loro per salutarli.

«Beh, grazie per la giornata.»
«Io direi grazie a te, perché sei tu che hai fatto tutto.» Ribatte Esteban, sorridendo, ed io non dico nulla. Ci siamo aiutati a vicenda.

«Grazie, Jenna. Non te lo volevo dire ma... mi fai bene, anche se non sei un modello.» Stranamente, scoppio a ridere per l'affermazione di Erika. Non ha tutti i torti. «Non seguite mai il mio esempio.»

Entro dentro e, la prima cosa che faccio è buttarmi sul divano, esausta. Subito dopo, però, mi ricordo di dover chiamare mia madre. Per quanto certe volte mi stia sul cazzo, non posso rischiare.

Le propongo di fare una vacanza qui da me, e la sua risposta è: «Devo pensarci un po'. Devo valutare prima le cose che ho da fare qui, e poi vedo se è possibile.»

Subito dopo, non so cosa esattamente mi spinge a farlo, ma mi ritrovo in bagno a rigettare tutto nel water. Non so neanche specificare se sia stato un gesto volontario o spontaneo, so soltanto che trattenerlo è stato impossibile, e sembra di aver buttato fuori anche l'anima.

Annoiata di stare dentro casa, anche se fino a poco fa stavo da Erika, le mie gambe mi portano ad uscire di nuovo.

Non so neanche io cosa penso di voler fare, ma dentro casa non voglio starci. Mi sa che sto iniziando ad odiare la solitudine, e questa cosa non è da me.

Sono le 7:30 di sera, e il cielo è già scuro. Andare al mare sarebbe anche bello, ma non ha molto senso, visto che neanche il tramonto c'è più.

Considerando quello che è successo a casa prima, poi, non mi sembra neanche il caso di fermarmi da qualche parte per prendere qualcosa da mangiare. Il mio corpo non lo accetterà. Evidentemente ho esagerato con tutta la cocaina che ho assunto.

Cosa sono uscita a fare, a questo punto? Era meglio se restavo a casa, così avrei potuto anche dormire.

Mi ritrovo ferma ad osservare la vetrina di un ristorante, dove si possono vedere le persone che si gustano dei piatti pieni di cibi strani. No, non sto vedendo se c'è qualcosa che posso comprare, bensì quel che ha catturato la mia attenzione è un annuncio di ricerca personale. Bene, tentare non fa male a nessuno.

Entro, anche se con un po' di indugi, e mi rivolgo direttamente alla reception.
«Salve, è anche disponibile il posto di lavoro?»

Lei mi guarda da capo a piedi, e poi risponde alla mia domanda. «Mi dispiace, ma non assumiamo le persone come te. Cerchiamo ragazze con un abbigliamento formale, eleganti, e tu non rispecchi affatto questi punti.»

Sono basita. Ma che scusa è questa?

Esco dal locale senza neanche salutare, e il telefono comincia a squillare. Jonah.

Sbuffo leggendo il suo nome, ma rispondo. Sono solo annoiata, non so cosa fare, e voglio sapere cosa ha sa dire.

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SPAZIO AUTRICE
Nuovo aggiornamento prima dell'orario, Bears. Commentate se vi va, mi farebbe piacere leggervi:)

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