50. Commedia

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«Come stai, oggi, pasticcino? Ti ho portato una scatola di cioccolatini.» Parla Jonah. Esteban, intanto, continua a guardarmi più confuso di quanto lo sia io. L'ultima cosa che lo sconosciuto ha detto ci ha lasciati con il fiato appeso, senza parole. Secondo me, questo signore pesca le stronzate da dire dal suo stagno, altrimenti qual è il senso di tutte queste cose? Non c'è un senso.

Poi, oltre allo sconosciuto, ci si mette anche Jonah che, da quando ha saputo di quel che mi è successo, non smette di fare gesti che dovrebbero essere romantici, ma che sono sempre nel suo stile perverso.

«Grazie, sto come sempre.» Rispondo, mentre la scatola dei cioccolatini viene messa sul mio petto ingessato. No, non sono diventata un tavolino, ma è proprio quel che sembra.

Esteban intanto la apre, e prende un cioccolatino che mette subito in bocca, e uno che lo da a me. Cavolo, ha scelto, tra i vari gusti presenti nella scatola, proprio il fondente, il mio preferito.

«Cavolo, è troppo tosto, però. Fra un po' rischio di spezzarmi anche la mascella.» Scherzo, constatando la piccola difficoltà che riscontro nel mangiare il cioccolato.

«Beh, comunque un po' di dolce ci vuole. Ti migliora il modo in cui ti senti, senza dubbio.»

Il mio cellulare squilla di nuovo, e la mia mente viaggia subito a mille all'ora. È impossibile, quindi, che lo sconosciuto sia Jonah, considerando che ora è qui con noi, e non sta usando il cellulare. Poi, quando lui è entrato nella stanza, lo sconosciuto ha parlato e ha staccato, quindi mo, non può essere Jonah.

«È Erika, Jen. Vado fuori a rispondere? Evidentemente vuole chiedermi qualcosa, visto che il mio cellulare è morto.»
«Va bene.»

E niente, mi tocca rimangiarmi quello che ho pensato. L'ultima parola non è stata detta, perché non è neanche lo sconosciuto che stava chiamando adesso.

Jonah si avvicina e mi accarezza la fronte, scostando qualche ciocca di capelli dal viso, ed io cerco di fargli capire di spostarsi. Non ho possibilità di difesa, non può avviare una battaglia che non è alla pari.

«A proposito di chiamate, prima ho sentito che stavate a telefono con un signore che vi ha detto di un deja-vu. Non mi interessano le dinamiche della conversazione, ma la voce dell'uomo l'ho sentita di sfuggita e non mi è sembrata una voce nuova.»

Lo guardo stranita. «Quindi pensi di conoscere la persona che parlava?»
«Aspetta, mi stai dicendo che neanche tu sai con chi parli a telefono?»
«E tu mi stai dicendo che anche a te chiama qualcuno che non conosci e ti tartassa?»

«Beh, non proprio. Nel giro di due mesi sono stato chiamato tre volte da un numero sconosciuto, con una voce tosta quasi quando quella che ha chiamato a te, ma poi non si è più fatto vivo, quindi non mi interessa.»

«In quelle poche volte che ci hai parlato, cosa ti ha detto di particolare?»
«Onestamente non ricordo quasi niente, perché questa faccenda mi è saltata in mente solo ora che ho sentito la vostra chiacchierata finale. Sto quasi sempre ubriaco o fatto per ricordare delle cose così stupidi. Solo una cosa mi è rimasta impressa: il deja-vu, e la storia che sembra ripetersi, a detta sua. Vorrei capire quale storia, ma sinceramente neanche mi importa. Adesso voglio solo starti un po' accanto.»

È la stessa persona che chiama me, quindi. A quanto pare, ho trovato un socio vittima di stalking da parte di una persona che non conosciamo. A maggior ragione, non può essere lui lo sconosciuto.

Resto in silenzio. Non so neanche cosa dirgli. Il giorno del funerale di mia madre l'ho accusato in malo modo, ed ora che ci penso, se lo sconosciuto è la persona che ha ucciso anche mio padre quando io avevo solo cinque anni, Jonah non mi conosceva neanche. Non ha il minimo senso, quindi, un'accusa verso di lui.

«Allora, cosa mi dici? Sai già quando ti dimettono?» Mi chiede, avvicinandosi, e prendendosi un cioccolatino che lui stesso ha portato.

«No, perchè?»

«Mi manca averti con me all'università. Mi sento più felice se ci sei tu che mi mandi a quel paese.» Mi sorride, e posso notare la sua solita vela di perversione.

«Jonah, io non sono niente per te, intanto tu continui ugualmente a stare dietro a me nella speranza che prima o poi io ceda ad una delle tue avances. Ti conviene smetterla, prima che io finisce per denunciarti per abusi verbali.» Lo avviso. Sono onesta, per lui può sembrare un gioco, una cosa divertente, ma per me non lo è affatto. Mi sento costantemente molestata contro la mia volontà, e non sopporterò questa cosa ancora per molto.

«Io sto solo cercando di corteggiarti a modo mio, perchè i metodi antichi e antiquati mi stanno sui nervi. voglio essere originale, vorrei conquistarti, e lo sto facendo. Sono uno che vince, e mi fermerò ad un no solo quando morirò.» Ribatte lui. E niente, resta convinto dei suoi metodi di persuasione, anche a costo di rischiare il carcere. Questo ragazzo è proprio impossibile.

«Eccomi qua di nuovo. Forse ce l'ho fatta a convincere Erika. Domani mattina sua madre torna a Malibu per stare l'ultimo giorno con sua figlia prima del ricovero, e dovrebbero venire insieme. Erika se la sta passando male ultimamente, e forse solo la tua compagnia può aiutarla.» Esteban ritorna nella mia stanza, e poi si rivolge al suo "migliore amico". «Credo che tu debba tornare a casa. L'infermiera mi ha detto che al momento non sono permesse le visite, se non una sola persona, perchè devono spostarla di nuovo in sala operatoria per valutare i movimenti successivi.»

«Esty, credo che allora in questo caso posso anche restare io qui con lei. Non ti sei allontanato neanche un giorno da qui, e possiamo fare anche un cambio, considerando che voglio stare con lei a farle compagnia. Hai bisogno di dormire, ora quindi tocca a me stare sveglio.» Gli fa presente Jonah.

«Lei non ha bisogno della tua compagnia, Jo. Non la vuole, la metti soplo a disagio con le tue solite porcate, e soprattutto la infastidisci. Ora non può permettersi drama, o cose simili, ma ha bisogno solo di tranquillità. Torna a casa e ti avviso di qualsiasi novità.» Okay, lo ammetto. Forse Esteban si sta comportanto da stronzo con il suo migliore amico, ma non posso dire che non ha ragione. Ho bisogno di tranquillità, e so per certo che Jonah non è la persona giusta a cui fare affidamento.

«Ma... sei o non sei mio amico? Dovresti essere il primo a sostenere una mia volontà, e soprattutto ad aiutarmi nell'ottenere ciò che desidero. A quanto pare, però, mi stai mettendo solo i bastoni tra le ruote, fin dal principio. Cos'è, sei geloso di me perchè tu non sei capace di conquistare una persona?»

«Io non sono geloso di nessuno, ma non posso permetterti di continuare ad infastidire una persona che reputo molto importante per me. Lo vedo che lei è solo infastidita dalle tue avances, quindi voglio aiutare lei a farla stare più tranquilla, e aiutare te ad evitare di continuare questa tua sfida. Stai infastidendo un pò tutti con questa storia.» Minchia, non sapevo che Esteban fosse in grado di ribellarsi e tenere testa al suo migliore amico. Questa cosa mi fa piacere.

«Vaffanculo. Sapevo di non poter contare su nessuno, se non sulle mie stesse forze.» Se ne va trascinandosi tutta la sua rabbia con se, ed io guardo Esteban, scoppiando a ridere piano e silenziosamente. Questa commedia è stata divertente.

A rovinare il nostro momento di libertà e divertimento è di nuovo lo squillo del mio cellulare. Esteban guarda chi è la persona che mi sta chiamando, e poi gira il cellulare verso di me.

«Guarda un po' chi è.»

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