«Buon Natale, Jen. Dormito bene?» Esteban entra nella sua stanza, dove io mi trovo ancora mezza addormentata sul suo letto.
Ah, ecco, ieri ho dimenticato questo piccolo e futile dettaglio... non so come, forse per il fatto che la sua stanza è l'unica al piano terra, la mia troppa stanchezza mi ha portata qui, e sono crollata su questo letto senza neanche rendermene conto, quando il mio obbiettivo era semplicemente quello di respirare un po' tranquilla, per riprendere le forze.
Mi stiracchio un po', allungandomi sul letto, prima di rispondere. «Buon Natale anche a te, ES. Sono distrutta. Ora come ora, anche se la giornata non è ancora cominciata, sto odiando le feste e soprattutto il Natale. Lo sto odiando anche di più di quanto ho fatto in questi anni.» La mia risposta è spontanea, senza neanche pensare a cosa dico.
«Beh, non ho mai avuto un Natale senza la mia famiglia, ma posso solo immaginare come ti senti in questo momento. Prima l'assenza di tuo padre ti ha fatto odiare questi momenti, ed ora anche l'assenza di tua madre. Sicuramente è davvero tanto per te, ma non essere tanto negativa. Prova a pensare che loro sono ancora con te, nel tuo cuore, e che sono comunque presenti accanto a te con la loro anima. Loro ti stanno sempre accanto. Non ti hanno mai abbandonata.» La sua voce, verso la fine del suo monologo, si fa più cupa. C'è qualche demone che anche lui affronta ogni giorno, e vorrei tanto sapere di cosa si tratta, ma non voglio neanche toccare tasti delicati. So cosa significa invadere le debolezze degli altri. Intanto, la sua mente lo porta a distendersi accanto a me, sopra alle coperte, ed io non gli dico nulla. In fin dei conti, il letto è suo, come anche la stanza, e la casa.
«Non so se pensare davvero che loro siano con me. Non riesco a credere ai fantasmi. É abbastanza inquietante come cosa.» Ammetto, sorridendo. Sarebbe bello vederli accanto a me, almeno come anime vaganti, ma fa paura.
«Lo so, ma almeno ti aiuta ad odiare di meno queste giornate. É più brutto passarli da soli a detestare ogni secondo di questi giorni, che credere ai fantasmi dei nostri cari, godendosi un po' di più le giornate.»Non so cosa mi spinge a farlo, ma appoggio la mia testa sul suo petto, facendogli degli strani disegni invisibili con le dita. Forse è il fatto che lo sento distrutto quasi quanto me, ma sicuramente per qualche motivo un po' diverso dal mio.
Prendo coraggio, e quindi gli faccio la domanda che sta frullando nella mia testa da quado sta cercando di migliorare il mio umore. «Cosa nasconde la tua testolina? La mia mi dice che anche tu hai perso qualcuno di caro, e che neanche i tuoi giorni di festa siano belli come una volta.»
Passa un po' di tempo in silenzio. Forse ho sbagliato a dare ascolto alla mia troppa curiosità. Forse non avrei dovuto spostare l'attenzione da me a lui, giusto per non pensare più a me. Questa è una prova che io non sono in grado di stare in compagnia ed avere dei dialoghi sobri e tranquilli.
«La mia situazione può essere simile alla tua, per le emozioni negative che si provano, ma è per cause diverse.» Alla fine si decide a rispondere, restando però nuovamente in silenzio. Beh, è già tanto, secondo me. É un tasto delicato, quindi è normale che non gli va di parlarne. Sto per dirglielo a voce ma lui riprende a parlare, mentre mi accarezza i capelli. «Okay, per quanto riguarda i miei nonni, si avvicina di più alla tua situazione. In parole povere due di loro non li ho mai conosciuti, e gli atri sono tutti morti nel corso degli anni. Questo, però, a mio parere, è niente in confronto a quello che è successo con... con mio padre. Avevo circa sette anni quando ha lasciato me e la mamma di punto in bianco, senza dirci nulla. Non ho sue notizie da allora, e l'ho odiato tanto per tutto il male che ha causato alla mamma e a me. Da quel giorno, in cui ho vissuto il mio primo serio abbandono, detesto essere abbandonato, e quando succede, la mia mente mi riporta a rivivere quel giorno in cui non tornò a casa. Da lì, ovviamente, cominciai ad odiare anche le feste, e in modo particolare il mio compleanno, perché l'ultima volta che l'ho visto uscire di casa era il giorno del mio compleanno, e disse che doveva andare a prendermi un regalo.»
Durante tutto il suo racconto a voce cupa, la mia mente viaggia per vivere passo dopo passo quello che ha vissuto lui. La sua storia è davvero struggente, e non avrei mai immaginato che un ragazzo così solare all'apparenza avesse un passato così oscuro. «Questo vuol dire essere forti.»
«Cosa?» Mi chiede. Cavolo, ho pensato ad alta voce.
«Stavo pensando a quello che hai detto, e dico che tu sei proprio un uomo forte. Non è da molti cercare di non pensare a tutto il male che si vive. Hai saputo mascherare bene il tuo dolore con la felicità.»«Adesso io ti dico che se mi chiami uomo mi fai sembrare una persona di quarant'anni.» Smorza la situazione, commentando il modo in cui l'ho chiamato, e finiamo per ridere insieme. «Ma comunque si, su questo posso dire che sono come te. Detesto mostrare il mio dolore, e soprattutto detesto mostrarmi debole. La vita non è perfetta a nessuno, ma è bello farlo credere.» Ridacchio di nuovo.
«Io detesto solo mostrarmi debole, perché io sono una tosta, e non posso spezzare questa mia immagine. Le persone devono temermi.»
«Menomale che però io ho visto chi sei davvero. Non mi importa niente del fatto che non sei forte come vuoi far credere, e che non vivi una vita perfetta. Sto vivendo insieme a te tutto lo schifo che ti capita, e l'unica cosa che mi importa al momento è aiutarti a sconfiggere questi demoni.»Sorriso senza farmi vedere, ma lui se ne accorge lo stesso, perché le dita della sua mano tracciano il sorriso sulle mie labbra. Non riesco neanche a pronunciare un semplice "grazie" per la sua pazienza, ma lui non se ne importa neanche di questo. Ormai sa come sono, e sa che anche se vorrei dire qualcosa che non dico, comunque la penso. Mi sorprendo anche io delle sue capacità, e un po' mi da un po' fastidio essere così trasparente con lui, ma ammetto che mi fa piacere. Evito di mettermi in imbarazzo, facendogli comunque capire quello vuole.
Di punto in bianco, il suo volto su avvicina al mio, ed io evito di girarmi verso di lui. Può finire male. Mentre continua ad accarezzare i miei capelli, io chiudo gli occhi. Non so se sia per la pace che mi sta dando questo momento, o per il fatto che voglio solo far finire tutto questo momento imbarazzante e disagiante.
Lascia un bacio sulla mia guancia, esattamente ad un centimetro dalle mie labbra, e poi ritorna alla sua posizione dritta.
«Allora, che ne dici di andare in salone? Non apriremo ancora i regali, perché i programmi per la giornata sono un po' particolari, ma voglio farti conoscere una persona importante per me.»
Questo è il suo modo di sviare un "bel" momento, per evitare commenti indesiderati. Nonostante il mio voler comunque dire qualcosa al riguardo, rispetto il suo cambio di argomento e mi alzo dal letto, acconsentendo alla sua richiesta.
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Amore tossico
RomanceIl bisogno di avere una persona da amare, che sia un nerd o un bad boy; un migliore amico sul quale poter contare sempre, poter raccontare ogni cosa, e vivere tante folli avventure insieme; diventare qualcuno nella vita, sentirsi realizzata, avere u...