39. Interrotta

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Tra le tante cose che mi trovo da fare, pulire la casa era meglio se non fosse stata in questa lista. Abito da sola, ho una gatta insieme a me, e la casa e piena di peli e polvere ovunque. Peccato che però non ho abbastanza soldi per assumere una donna delle pulizie. Sarebbe stato un vero comfort.

Invece no, tocca sempre a me pulire qui, voglio o non voglio, e non è una cosa che voglio trascurare più di tanto, visto che non sono una perfezionista ma a maggior modo non sono una super disordinata. Ho comunque bisogno di un po' di ordine e pulizia. La troppa polvere, come anche i peli di gatto, in casi alti cominciano a farmi allergia, quindi non voglio rischiare di avere due palle da bowling rosse al posto degli occhi.

Siccome in questi giorni ho un po' più di libertà con l'università, avendo solo due lezioni al giorno, mi impongo di dedicare due ore alla pulizia di casa, partendo dalla mia camera da letto e il bagno, per poi passare agli altri impegni, primo fra tutti cominciare seriamente a studiare. Ho prenotato un esame per l'inizio di gennaio, e se voglio evitare di fare un flop al mio primo esame, mi conviene capire bene quello che dovrò dire. Non sono mai stata una studiosa, anzi ero soprannominata la festaiola, oltre a tanti altri soprannomi peggiori, invece qui in università è un po' diversa la situazione. Credo che mi stia cambiando.

Sicuramente non sta cambiando il tuo carattere di merda e la tua apatia verso le persone. Mi ricorda la coscienza. Beh, non sono in grado di dire se abbia ragione o se per una volta si sta sbagliando.

Dopo la prima passata di pulizia nel bagno, faccio quella più approfondita, e passo alla mia camera, cominciando però ad impazzire contro la gatta, che ad ogni parte che pulisco ecco che ci passa lei, sporcando di nuovo. Sono tentata di cacciarla fuori casa, ma si sta facendo già buio, e potrebbe succedere di tutto.

Decido quindi di prendermi una pausa e fare un piccolo break, sperando che questo possa contribuire a dare stanchezza a Mal, in modo da farla addormentare. Non posso perdere troppo tempo, altrimenti la scheda che ho fatto non sarà servita a nulla.

Dopo aver mangiato due fette di pancarrè con il prosciutto crudo, e aver tenuto un po' a bada la gatta, salgo le scale per tornare a pulire da dove avevo lasciato, ma lo squillo del mio cellulare mi costringe a scendere di nuovo. Chi è che ora vuole rovinare i miei piani?

«Pronto?» Rispondo, con tono leggermente acido. Chiunque sia all'altro capo del telefono, può aspettare stasera.
«Hey, Jen, sono Esteban.» Controllo il nome sul display. Si, è lui.
«Che c'è?» Forse sono un po' troppo nevrotica, ma detesto avere qualcosa da fare ed essere continuamente interrotta. Ho cose importanti che devo portare a termine, cazzo.

«Siccome Erika è andata al centro per i disturbi alimentari con sua madre, ti va se vengo da te per studiare? Erika mi ha detto che anche voi avete prenotato il primo esame, perciò credo che sia una buona idea studiare insieme, anche se cose diverse. Mi annoio da solo e non riesco a concentrarmi, perché non ho qualcuno che mi interroga per mettermi alla prova.» Mi chiede, e da le sue spiegazioni per questa sua strana richiesta.

«E il tuo migliore amico non è disposto a farti compagnia?» Chiedo io. Non mi va di stare in compagnia, se non con la mia gatta.

«No, è un coglione e mi sono un po' rotto le scatole dei suoi modi di fare perversi. Lo odio quando fa così.» Mi risponde lui.
«Eh, ci credo. Io l'ho detto dal primo giorno che l'ho conosciuto.» Rispondo io, approvando quello che ha detto Esteban. «Cosa è successo esattamente?» Sono troppo curiosa, adesso. Vorrei avere un movente da usare per ricattarlo quando ne sento il bisogno.

«Te lo posso raccontare a quattr'occhi, venendo a casa tua? Così ti spiego tutto.»
«E va bene, ma non so se ti aprirò subito, perché sto cercando di pulire la mia camera, e vorrei finire prima di cominciare a studiare.» La verità è che odio lasciare le cose in sospeso. O le comincio e le finisco, o non le comincio proprio.

«Allora fra una mezz'ora sono da te. Ora vado a farmi la doccia. A dopo.»
«A dopo.»

Ritorno di sopra, portando il cellulare con me, e riprendo a pulire. Tra le cose che ho detto prima, e gli animaletti strani che sto trovando in giro, non so cosa sia la cosa peggiore.

Finisco di pulire il grande armadio dei vestiti vari, la mensola e gli stipiti del letto. Infine, l'ultima cosa che mi rimane è la scrivania. Comincio a togliere la roba da sopra di essa, ma mentre porto svariate cose sul letto, il portapenne di ceramica della bandiera dell'Inghilterra cade a terra, rompendosi in mille pezzi.

Nello stesso momento, lo squillo del cellulare riecheggia nella stanza, e cercando di non disperarmi per il piccolo regalo di mia madre andato perso, rispondo.

«Piccola Jenny, a quanto pare, ti stai facendo bella per qualcuno. Non sapevo che anche tu avessi un cuore. Pensavo che quello di quando eri piccola fosse andato perso.»

La prima cosa che faccio mentre lui parla è affacciarmi alla finestra della stanza e vedere all'esterno. Non c'è un'anima viva, dove cavolo sta questo mongoloide che mi controlla passo dopo passo?

Mi allontano dalla finestra e sto elaborando ancora una risposta, cercando di ricordare quello che ha detto lui, ma lui parla di nuovo.

«Minchia, quanti bei ricordi che mi stai facendo tornare in mente.»
«Ma quali ricordi, che gli unici ricordi che ho di te sono i giorni che hai distrutto le vite delle uniche persone che mi sono sempre stati accanto, anche quando non me lo meritavo.» Rinfaccio.

«Beh, sei tu che non vuoi ricordare i nostri bei momenti, perché se ti volessi fornire qualche dettaglio, tutto ritornerebbe alla luce.»
«E dammi qualche indizio. Sono sicura che non mi verrà in mente niente, oppure, se è qualcosa che ho preferito dimenticare, vuol dire che è ancora peggio di quello che già so di te.»

«Adesso non ha importanza questo argomento. Ti ho detto che, se devo raccontarti la storia, lo devo fare in ordine cronologico, senza mischiare tutto. Non avrebbe un senso, altrimenti.»

«Allora dimmi come continua. Sei tu quello che deve parlare.»
«E se lo facessi a voce? Forse è un po' meglio, potrei essere più chiaro.»

Il campanello suona.

«Non pensarci neanche lontanamente, io non voglio vederti neanche di sfuggita finché non avrò capito chi sei.» Rispondo io, scendendo al piano di sotto. Il campanello continua a suonare, e la persona dietro alla porta comincia anche a bussarci contro. Io non apro. Lo sconosciuto non può vincere contro di me.

«Andiamo, non dirmi che hai paura di me. Cavolo, ti facevo una tipa molto più tosta, mi stai deludendo.»
«Io non ho paura di te. Forse dovrei dirlo io a te, visto che sei tu quello che si nasconde dietro un telefono.» Lo sfido.
«Infatti ti sto dicendo di aprire la porta. Parlare a quattr'occhi è sempre meglio.»

Stacco la chiamata, e digito il numero d'emergenza. Se devo rischiare, devo anche munirmi di un piano di salvataggio.

Appena la chiamata è pronta per essere avviata, mi avvicino alla porta e apro.
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SPAZIO AUTRICE
Ohoh chi sarà alla porta? Si troverà un pazzo psicopatico con un coltello in mano, stile Scream🤡
Vi voglio bene❤️

Amore tossicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora