44. Mensa

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Come io non mi sono fatta vedere per tre settimane, anche lo sconosciuto non si è più fatto sentire, sia perché ho preferito avere il cellulare in modalità silenziosa, e anche perché l'ho tenuto spesso spento.

Le chiamate perse, i messaggi non letti, e tutte le altre notifiche varie, ne ho a bizzeffe, ma non ho neanche la voglia di vedere chi mi abbia cercata in questi tanti giorni. Non ho dato più notizie di me, ma sicuramente non per testare chi davvero ci tiene a me e mi avesse chiamata o scritta. Non faccio parte del gruppi di persone che fanno i doppi giochi. O dovrei dire giochi da bambini?

Distogliendo la mente dai miei tanti pensieri interiori, spengo di nuovo il telefono e continuo a seguire Esteban, che intanto mi sta accompagnando verso la mia classe.

È strano che, nonostante il mio continuo orribile comportamento, lui sia ancora qui accanto a me. Non so per quanto tempo potrà farlo ancora, perché non credo di poter cambiare da un giorno all'altro, ma ammetto che mi fa piacere questa cosa. Vuol dire che, nel mio piccolo, tra tutto il marcio ho anche qualcosa di bello da offrire.

«Erika mi ha detto che oggi non viene. Ha la terza visita al centro e, se non vedono miglioramenti, la fanno ricoverare in psichiatria ospedaliera, e appena si libererà un posto in struttura, la spostano nella loro residenza. Queste settimane sono state davvero toste per lei.»

«Ah... è colpa mia, vero?»
«Colpa tua no, ma in questi giorni è stata molto preoccupata per te, che sei sparita dal nulla senza lasciare avvisi, quindi un po' potrebbe anche essere colpa tua.» Ammette.

Non ho idea di rispondere, ma mi dispiace, a volte, essere così bastarda. Alcune persone non meritano quello che faccio.

«Sono arrivata, comunque. Filosofia mi aspetta.»
Entro nella stanza salutando il mio amico, e vengo accolta dai mormorii e le chiacchiere incessanti degli altri studenti. Subito dopo di me, anche il professore entra nella classe, e di conseguenza ora regna il silenzio. Bene, prepariamoci, che si ricomincia con le vere lezioni, e gli appunti in tempo reale.

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La mensa dell'università è senza dubbio la cosa che mi è mancata di meno in queste settimane di assenza. Lo ammetto, nell'ultimo periodo sto alternando periodi di extreme hunger, e periodi di digiuno o pasti veramente microscopici, e di conseguenza ogni cosa mi disgusta peggio del vomito.

Sinceramente, però, ho sempre pensato che il cibo della mensa fosse scadente, quindi non mi sorprende pensarlo ancora di più adesso.

Nonostante la forte nausea che tutto ciò mi sta dando, prendo un piccolo trancio di lasagne di zucchine, e prendo posto ad uno dei tavoli in fondo. Voglio stare sola, nei miei pensieri e nei miei demoni.

Comincio a mangiare il pezzo di lasagne davanti a me e, sorprendentemente, posso dire di star mangiando qualcosa di buono. Bene, il bis mi aspetta.

Voracicamente, finisco il primo pezzo e mi alzo per prendermi il secondo pezzo. Devo essere fortunata, però, per trovarne ancora.

Chissà con quale colpa di grazia, nel vassoio sono rimasti giusto altri due pezzi. Presa dal momento, li prendo entrambi e torno al tavolo di prima.

Divoro velocemente anche questi, senza più neanche pensare a cosa sto mangiando.

Successivamente, vedendo alcune persone al tavolo di fronte al mio che mangiano la lizza e il pesce, inducono me a dare una controllata più approfondita al buffet. Ad ogni cosa che mi attrae, mi fermo e prendo due porzioni. Torno al tavolo con il vassoio contenente salmone, pesce spada, pizza margherita, spinaci e torta nutella e pistacchio.

Completamente immersa in me stessa, mangio e finisco tutto senza lasciare una briciola. A breve potrei anche leccare i piatti, senza neanche più il bisogno di lavarli. Peccato, però, che la mia perdita di controllo mi porta a stare male con lo stomaco. Dio, certe volte vorrei essere più forte e costringermi a stare in compagnia.

Sta diventando ingestibile questo disturbo che sta riaffiorando dopo vari anni di pausa. Non riesco più ad avere uno schema di alimentazione equilibrata, o una motivazione nel farlo.

Senza neanche portare il vassoio con i piatti sporchi al lavaggio, scappo dalla mensa e, nel dirigermi verso il primo bagno che trovo, mi scontro con qualcuno.

«Cristo santo, ma non vedi dove vai?» Sbocco. Si, i miei forti sensi di colpa mi portano ad essere maggiormente nervosa.
«Oh, non lo sapevo che la colpa ricadesse solo su una persona, in questo caso. A mio parere, stavi proprio sulle nuvole mentre camminavi. Stavi pensando a come sarebbe andare a letto con un dotato come me?» Ed ecco che Jonah si fa di nuovo vivo con il suo comportamento da arrogante.

«Spostati o giuro che ti vomito addosso.» Lo minaccio, alzandomi di nuovo in piedi.
«Che c'è, stai reprimendo il tuo desiderio di saltarmi addosso? Sappi che il mio pacco ti aspetterà sempre. È sempre disponibile per te. Con le altre non è soddisfatto, forse perché nessuna è stronza come te.»

«Crepa, allora. La mia stronzaggine non ti desidererà mai. Fatti soddisfare dalle altre, o se nel caso è inutile, prova con i ragazzi.»
«Bleah, che schifo. Io non sono gay, e non mi piace il pene degli altri. Solo il mio.»

«Che omofobo del cazzo. Levati dalle ovaie prima che davvero ti vomito sul tuo prezioso pacco inesistente.»
«Non posso levarmi dalle tue ovaie, perché ancora non le vedo.»

Sentendo il cibo masticato che comincia a salire da solo, sono io che scappo da lui. Devo assolutamente trovare un bagno prima che faccia una colossale figura di merda davanti all'intera scuola.

Liberata da tutto lo schifo che ho mischiato in menta, esco dalla Pepperdine, e finalmente mi accendo uno spinello. Un po' di conforto ci vuole, ne ho proprio bisogno.

Mentre fumo in pace, il mio cellulare comincia a squillare. Non mi va di sentire Esteban, Erika, o peggio ancora Jonah. Non ne ho proprio le forze. Interiormente sono distrutta per il riaffioramento dei comportamenti disfunzionali e distruttivi che non mi toccavano da tanto, e devo solo trovare qualche scappatoia per vincere anche questa sfida.

Mia madre non c'è più, ho perso la mia famiglia e non ho nessuno che davvero mi faccia sentire viva, se non persone che mi assillano continuamente e pretendono di essere considerati da me. Nonostante questo, però, non posso rischiare un altro ricovero. Non voglio fare come Erika, e soprattutto detesto gli ospedali, quindi non mi avranno. Io sono tosta, e ora lo sarò ancora di più.

Il cellulare, però, continua ad essere insistente con la sua suoneria, quindi, snervata, rispondo.

«Cavolo, quasi che sono disgustato anche io da quel che ho visto. Non pensavo che mia figlia possa arrivare a distruggersi in questo modo. Non trovi che anche gli altri potrebbero averti visto?»

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SPAZIO AUTRICE
Ripeto: secondo voi lo sconosciuto è serio? Uno scapestrato lo è per certo😂

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