L'asfalto era bagnato, le luci giallastre dei lampioni sembravano tremare nell'umidità sospesa dell'aria.
Filippo abbassò lentamente il cappuccio della felpa, i lineamenti tesi, lo sguardo tagliente puntato su Giulia. Era davanti a lui, proprio lì, in quella stradina dove tre anni prima giaceva il corpo straziato di Eugenio.
Il luogo era immerso in un silenzio irreale, rotto solo dal fruscio del vento e dallo scricchiolio dei rami secchi sopra di loro.
Lei, avvolta in un cappotto nero, lo fissava. Gli occhi verdi erano spenti, opachi, velati da qualcosa che lui non riusciva a decifrare.
Rimorso? Strategia? Vuoto?
"Devi dirmi perché siamo arrivati a questo punto..."
La voce di Filippo era roca, spezzata, intrisa di collera e amarezza.
Ogni parola era una scheggia che si conficcava tra loro, lacerando ciò che restava.
La giovane non parlò subito.
Le sue labbra tremarono impercettibilmente.
"Mi dispiace aver deluso le tue aspettative."
La voce era bassa, rotta.
Lui digrignò i denti, il respiro spezzato dal rancore.
"Deluso? Tu hai... venduto tutti. Messo in ginocchio due famiglie. Ti rendi conto di cosa hai fatto?"
Lei abbassò lo sguardo.
"C'è qualcosa di più importante che devi sapere. Qualcosa che non può più aspettare."
Filippo strinse la mascella.
Le mani erano strette nelle tasche, ma il corpo era teso come una corda pronta a spezzarsi.
"Non voglio sentire altre scuse."
Giulia fece un passo avanti.
"Non sono scuse. Si tratta di una verità che può ancora salvarti."
Dalla tasca interna del cappotto tirò fuori un foglio ripiegato.
Bianco, stropicciato.
Le mani le tremavano.
"È il caso che tu sappia..."
Il gesto successivo fu istintivo.
Filippo si mosse di scatto, la mano pronta a stringere l'impugnatura della pistola nascosta sotto la felpa.
La diffidenza, la paura, la tensione esplosero in un lampo.
Uno sparo.
Il suono tagliò l'aria come una frustata.
Giulia vacillò, il foglietto volò via come una foglia secca.
Il suo sguardo incontrò quello di Filippo, per un solo, lunghissimo secondo.
Poi, il buio.
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Si svegliò di colpo, mandido di sudore.
Il respiro mozzato, affannato.
Si tirò su, a sedere nel letto, passandosi una mano tremante sul viso. Gli occhi azzurri, ancora annebbiati dal sonno, cercarono qualcosa nella penombra.
La stanza era buia, tranne per la luce fioca che filtrava dalle veneziane chiuse.
Si alzò. I piedi nudi toccarono il parquet freddo.
Ancora quella scena.
Il vicolo, la pistola.
Il suo cuore non accennava a calmarsi.
"Era solo un sogno. Solo un brutto sogno, cazzo," disse tra sé come per tranquillizzarsi.
Afferrò la felpa poggiata sulla sedia, infilandosela velocemente sopra il petto nudo.
Si avvicinò al mobiletto, prendendo una sigaretta dal pacchetto spiegazzato accendendola.
Il fumo uscì lento dalle sue labbra, mentre i pensieri cominciarono a farsi pian piano più nitidi.
---
Più tardi, con passo rapido, scese in salotto col tentativo di liberarsi dal peso che lo stava schiacciando.
Ma, non appena vi mise piede, il suo sguardo si posò su due trolley, abbandonati all'ingresso, come se qualcuno fosse appena arrivato.
Un vago senso di disagio lo colse mentre si accingeva ad avvicinarsi.
Una voce femminile, alta e stridula, interruppe i suoi pensieri.
"E così pensavi di metterci da parte?" sbottò una donna dagli occhi tondi e la bocca velenosa, mentre annaspava contro il marito seduto a fissarla in un angolo. Indossava un tailleur color ciliegia, griffato e stretto sul corpo prosperoso, e i capelli rossastri e crespi le incorniciavano il viso, aggiungendo un'aria indomabile alla sua figura.
Filippo rimase in piedi sulla soglia.
Non poteva fare a meno di notare quanto fosse nervosa.
Era accompagnata da un bambino di quasi otto anni, grassottello, che fissava attonito la scena.
"Hai scelto il momento peggiore per venire qui," sentì controbattere Enrico, con il suo solito tono arrogante.
Adele si girò verso il marito, il corpo teso e pronto a esplodere.
"Avevi detto che saresti stato fuori per poco," continuò, "e invece è passato un mese che non ti fai vivo. Un mese!"
Filippo percepiva la frustrazione permeare l'aria.
Restò immobile, a osservare quella dinamica familiare distorta come fosse se un teatro dell'assurdo.
Adele non aveva mai nascosto la sua insofferenza per il comportamento di Enrico, dedito unicamente agli affari e al denaro. Non riusciva a sopportare la sua assenza, il suo distacco.
Ma quello che la faceva davvero infuriare era l'invito non richiesto da parte di Don Aldo.
Il vecchio stava lì, in piedi, in silenzio, partecipe di quella sceneggiata improvvisata.
Adele si girò verso il vecchio patriarca.
"Dica qualcosa!" esclamò, furiosa.
Lui sbuffò, con uno di quei suoni tipici che facevano rabbrividire chiunque fosse abbastanza vicino da sentirlo. Non era preoccupato, né scosso. Solo annoiato, come se quella scena fosse qualcosa di già visto.
"Quella bocca non la chiudi mai, eh?" commentò, in un blando tentativo di farla tacere.
La donna sbottò, incandescente.
"Voglio mio marito a casa, a Torino, con la nostra famiglia. Non con voi. Non in questa casa maledetta."
La sua figura, minuta e tozza, si mosse verso di lui, in cerca di comprensione, mentre Enrico la guardava come un nemico da cui non sapeva più come difendersi.
"Scordatelo," protestò stanco di quelle lamentele.
"Non torno da nessuna parte. Qui ci si gioca tutto. E tu, sei sempre stata brava solo a stare ai margini, a giudicare senza capire."
Adele si fece sempre più rossa in viso. Tremò di rabbia, ma non pianse. Afferrò i trolley e li trascinò verso il corridoio.
"Bene. Allora resto qui. Fino a quando non avrai cambiato idea. Ma non me ne vado da sola."
Il bambino la seguì, stringendo un peluche malconcio.
Don Aldo si voltò appena, fissando Enrico con disprezzo.
Poi si rivolse a Filippo.
"Le donne, ragazzo... che guaio quando non si riesce più a controllarle. E tu ne hai una per le mani che non cambierà mai. Solo che tu ci caschi sempre."
Il giovane lo guardò con freddezza.
"A volte il guaio siamo noi, padre."
Il vecchio rise.
Un suono secco, cavernoso, che fece eco nella stanza vuota.
Filippo chiuse gli occhi per un attimo, poi, senza dire nulla, salì di nuovo le scale.
Aveva bisogno di aria.
Ma soprattutto, aveva bisogno di risposte. E sapeva forse dove cercarle.
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Prega per me
General FictionNella Verona più oscura, dominata da segreti e rivalità famigliari, Giulia Fini, una giovane donna dalll spirito ribelle e dall'indole fiera, si trova improvvisamente trascinata in un gioco di potere. Una sera, per caso, si scontra con Filippo Guerr...
