Capitolo 35. Gelosia

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Erano nel bel mezzo di una riunione d’affari, quando Filippo si alzò di scatto dalla sedia, facendo sobbalzare fogli e documenti sul lungo tavolo di legno. Gli occhi dei presenti si fissarono su di lui, compresi quelli di Rocco Marini, che fino a quel momento aveva mantenuto il suo sorrisetto beffardo. Per un istante, nessuno osò muoversi né parlare, come se l'aria stessa si fosse congelata intorno a loro.

"Ripeti cosa hai appena detto!" ringhiò, la voce carica di minaccia.
L'uomo non si scompose, divertito da quella reazione inaspettata.
Si passò una mano tra i capelli biondi rispondendo ironico:
"Ho detto semplicemente che ho altri interessi al momento... conquistare una ragazza, fragile, bellissima...
attualmente sola. Ti suona famigliare?"

Il respiro di Filippo si fece corto. Giulia.
Il pensiero di lei con quell’uomo lo incendiò, gli tolse il respiro.
Vide il suo sorriso, la sua fragilità… e subito dopo le mani di Marini su di lei. Un’immagine insopportabile.
Il mondo si ridusse a quel volto che lo provocava.

In un lampo, aggirò il tavolo e lo afferrò per il bavero della camicia, sferrandogli un pugno che risuonò forte e chiaro nella stanza.
Marini cadde all'indietro, rovesciando una sedia, mentre i suoi uomini cercavano di intervenire freneticamente.

"Non ti azzardare mai più a norminarla, né a pensare di avvicinarti a lei!" urlò, la voce spezzata dall'ira.
"Se lo fai... non ci sarà altro avvertimento."

Il biondo si alzò lentamente, un rivolo di sangue scendeva dall'angolo della sua bocca. Si pulí con il dorso della mano, poi si limitó a ridere piano, un suono inquietante che gli fece stringere i pugni.

"Ah Guerra... così è questo il tuo tallone d’Achille..." mormorò provocatorio.
"Ti stai giocando tutto per una donna. Mi stai deludendo, pensavo fossi più intelligente di così."

Filippo si scagliò di nuovo, ma due uomini lo bloccarono, stringendogli le braccia. I suoi stessi alleati reagirono con un gesto istintivo, le pistole puntate in direzione opposta.
Il click metallico rimbombò nella stanza.

"Lo facciamo fuori adesso?" chiese uno di loro, il dito sul grilletto.

Marini sollevò una mano, calmo, quasi divertito.
"No, lasciate stare. Abbiamo ancora molti affari da concludere. Non roviniamo tutto per uno scatto d'ira."
Poi si avvicinò al giovane, sibilando alla stregua di un serpente velenoso, pronto nuovamente a colpire.
"Ricordatelo, ragazzo: il potere non sta in quello che conquisti, ma in ciò che riesci a proteggere. E io… sto solo sondando il terreno."

Filippo riuscì a divincolarsi, il volto contratto in una maschera di rabbia e vergogna.
"Non finisce qui!" urlò minaccioso, per poi lasciare la stanza sbattendo la porta.

Nel corridoio, il respiro gli mancava. Si appoggiò al muro, lo stomaco in fiamme.

Giulia era la sua ossessione.
E Marini l’aveva capito.

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