Filippo giaceva nel suo letto con il braccio immobilizzato, fasciato stretto dopo la ferita che aveva ricevuto durante l'assalto.
Il dolore pulsava costante, un promemoria fisico di ciò che era successo la notte precedente, ma più della ferita, era l'eco delle sue azioni a tormentarlo.
La luce soffusa della stanza accentuava il pallore del suo viso, stanco e tirato, come se ogni colpo esploso lo avesse svuotato di qualcosa di prezioso e irrecuperabile.
I suoi occhi blu erano melanconici e tristi.Un'ora prima, suo padre, Don Aldo Guerra, era entrato nella sua stanza.
Gli occhi dell'uomo si erano soffermati sulla benda insanguinata e per un attimo un velo d'orgoglio aveva attraversato il suo volto."Hai fatto quello che dovevi, figliolo," aveva detto, con un accenno di ammirazione che raramente gli riservava.
"La famiglia Fini adesso sa chi comanda, e tu sei stato la mia arma."
Quelle parole, invece di infondergli forza, lo avevano colpito come se ci fosse stato un pugnale al loro posto. Filippo aveva solo annuito in silenzio, combattendo il vuoto che si stava facendo largo dentro di lui.Non molto tempo dopo, una chiamata aveva interrotto la quiete nella sua stanza. Sullo schermo comparve il nome di Rocco Marini.
Il ragazzo esitò prima di rispondere.
La voce di Marini era entusiasta, quasi festosa: "Hai dimostrato quello che sapevo già, ragazzo. Questo colpo è un segnale per tutti... E abbiamo colpito esattamente dove quei bastardi sono più deboli."
Il tono di Marini era una celebrazione di quella violenza fredda, eppure, per quanto Filippo tentasse di farsi trascinare da quel senso di vittoria, l'immagine di Giulia continuava a perseguitarlo.Subito dopo la chiamata di Marini, il telefono squillò nuovamente.
Filippo controllò lo schermo e vide impresso il nome di Giulia.
Il cuore accelerò per un istante, e quella voce interiore, quella che di solito avrebbe represso, gli suggeriva di rispondere, di raccontarle tutto.
Ma la vergogna lo bloccava.
La sua mano rimase sospesa per qualche secondo, poi lasciò il telefono scivolare sulla coperta, ignorando la chiamata.---
Dall'altra parte della città, Giulia guardava lo schermo del suo telefono, la chiamata senza risposta di Filippo le trasmetteva un senso di vuoto e crescente preoccupazione.
"Perché non rispondi, Filippo?" mormorò a bassa voce.
Il suo sguardo era fisso, pieno di delusione mista a paura.
Sapeva che qualcosa non andava, un presentimento che continuava a martellarle in testa.Mentre la ragazza cercava di dominare la sua inquietudine, Adelfio si muoveva nervosamente nel suo ufficio, sbattendo i pugni contro il tavolo.
I suoi pensieri erano un turbine di rabbia e frustrazione.
La notizia dell'assalto al loro carico da parte dei Guerra non era solo un colpo agli affari di famiglia, ma un affronto personale che richiedeva vendetta."Questo gioco non può continuare," sibilò tra sé, i pugni serrati mentre pensava ai suoi nemici.
"Non resteremo in silenzio. Hanno osato colpirci, e qualcuno pagherà caro questo affronto."Quella notte, la città sembrava avvolta da un silenzio surreale, ma le tensioni nascoste stavano venendo fuori, pronte a esplodere da un momento all'altro.
Entrambe le famiglie erano come un vulcano sul punto di eruttare, e Filippo, consumato dal rimorso e dal conflitto interiore, si chiedeva se fosse ancora possibile salvare quello che più gli stava a cuore.
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Prega per me
General FictionNella Verona più oscura, dominata da segreti e rivalità famigliari, Giulia Fini, una giovane donna dalll spirito ribelle e dall'indole fiera, si trova improvvisamente trascinata in un gioco di potere. Una sera, per caso, si scontra con Filippo Guerr...