Capitolo 63. Una verità che sfugge

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La villa di Attilio, immersa nella quiete della periferia, sembrava un luogo sospeso nel tempo.
Grandi finestre lasciavano entrare la luce del tardo pomeriggio, illuminando il salotto, arredato con uno stile sobrio ma elegante.
Giulia era seduta su una poltrona vicino al camino spento, con un libro in mano.

Leggeva, ma senza davvero assimilare le parole: la sua mente vagava altrove, invischiata nei ricordi e nei dubbi che l'avevano tormentata negli ultimi giorni.
Adelfio aveva insistito perché rimanesse lì per qualche giorno, lontana dai pericoli e dalle tensioni, ma il peso della solitudine e dei pensieri non la lasciava mai.

Mentre sfogliava distrattamente un'altra pagina, sentì i tacchi di sua zia Anna risuonare sul pavimento in parquet.
La donna apparve sulla soglia, impeccabile come sempre.
Anna era il ritratto dell'alta borghesia: indossava dei pantaloni dal taglio classico, una camicetta bianca inamidatissima, e una collana di perle al collo.
I capelli grigi erano pettinati con cura, mettendo in risalto gli occhi celesti, piccoli e segnati dal tempo.

"Giulia, cara," esordì con una voce morbida ma priva di calore, avvicinandosi lentamente.
La sua voce era cortese, ma il tono tradiva un interesse forzato.
"Fin quando starai qui da noi?"

Giulia chiuse il libro con un sospiro appena trattenuto.
"Fin quando a mio fratello passerà la sua mania di controllo," rispose, alzando lo sguardo verso di lei.

Anna, ignorando la risposta tagliente, si sedette di fronte a lei incrociando le gambe.
Il suo sguardo era carico di quella compassione forzata che Giulia aveva imparato a riconoscere fin da bambina.

"Adelfio mi ha informato di quello che è successo... oh ragazza mia, come ti è venuto in mente di infilarti in una situazione tanto pericolosa? E quel tipo, quel Guerra... mi auguro che tu abbia chiuso ogni tipo di rapporto con lui."

Giulia cercò di mantenere la calma, ma il suo sguardo si fece più duro.
"Non mi va di parlarne," replicò con freddezza.

Anna scosse la testa, un'espressione di disapprovazione le si dipinse sul volto.

"Eugenio ormai non c'è più, e sai benissimo che se fosse ancora in vita non vorrebbe che ti cacciassi nei guai. Quel povero ragazzo... se penso che mio figlio, proprio quella sera, doveva incontrarlo... avrebbe sicuramente rischiato anche lui di perire in quell'agguato..." si lasciò sfuggire, come se quel il discorso non fosse mai stato davvero chiuso.

La ragazza inarcò un sopracciglio, incredula.
Marcello le aveva sempre detto che era stato Filippo l'ultimo a incontrare Eugenio, ma la versione di sua zia sembrava essere diversa.
Quel piccolo dettaglio, seppur insignificante, fece nascere in lei un sospetto.
Qualcosa non tornava.

"Marcello doveva vedersi con lui?" chiese, cercando di mantenere un tono di voce neutro, ma la mente già correva in altre direzioni.

Anna minimizzò con un movimento della mano.
"Oh, niente di serio," disse, cercando di sdrammatizzare.
"Era solo un incontro di routine, nulla di cui preoccuparsi."

Ma la sua risposta, così evasiva, fece crescere ancora di più i sospetti della ragazza.
La donna infine, si alzò elegantemente dalla poltrona, facendo finta di non essersi accorta della tensione che aleggiava nell'aria.

"Ti lascio un po' di tranquillità, cara. Pensa a te stessa e alla tua sicurezza."
Le sue parole erano gentili, ma il tono era freddo e distaccato, come sempre.

Giulia restò sola nella stanza, ma il silenzio che la circondava non riusciva a placare la tempesta che si stava scatenando dentro di lei.
Le parole della zia rimbombavano nella sua testa, e l'inquietudine cresceva.

Se Marcello doveva incontrare Eugenio quella sera, perché lui glielo aveva tenuto nascosto? E perché cambiare la versione dei fatti?
Sentiva che stava scivolando in un abisso di verità nascoste, ma ogni passo verso la verità sembrava farla affondare sempre di più nell'incertezza.

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