Capitolo 22. Prega per me

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Filippo era chiuso in camera da giorni, un leone ferito che non trovava pace. La ferita al braccio si rimarginava lentamente, ma quella interiore continuava a sanguinare, profonda e invisibile. Ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva lei, Giulia, e il peso del nome Guerra gli cadeva addosso come una catena arrugginita che stringeva senza pietà.

Quando gli riferirono dei movimenti dei Fini, non si sorprese.
La faida non si sarebbe mai fermata. Eppure, quella sera decise di rischiare. Le mandò un messaggio. Doveva vederla.

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L’attese in un punto isolato, con il cuore che batteva più forte di quanto avrebbe ammesso. E quando la vide comparire, bella e spigolosa come un’ombra tagliente, gli mancò il fiato.

"Filippo, cosa sta succedendo?" disse lei, venendogli incontro, la voce tesa, fragile.
"Perché questa follia non si ferma mai? Prima l'agguato... e adesso i tuoi uomini che mi seguono come ombre."

Filippo distolse lo sguardo, incapace di sostenere quello di lei.
"Giulia, non sai quanto sia difficile per me... Ogni scelta che faccio sembra portarmi sempre più lontano, eppure non riesco a fermarmi."

"Allora fermati," rispose lei con veemenza. Le sue mani afferrarono con forza i bordi della sua giacca, tirandolo a sé. Il contatto lo scosse, un brivido che partì dalla schiena fino alla nuca.
"Scegli di essere diverso, non lasciare che il tuo odio e la tua lealtà ti distruggano."

Filippo sentì il cuore stringersi, il sangue pulsare nelle tempie.
La pressione del suo braccio ferito, il calore del corpo di lei così vicino, tutto lo destabilizzava.
"Non è così facile, c'è troppo in gioco. Mio padre... Rocco... Non mi lasceranno mai libero di scegliere."

Un silenzio denso calò tra di loro, interrotto solo dal rumore delle auto in lontananza. Filippo sentì il bivio: lei lì, disposta a rischiare tutto, e lui inchiodato ai suoi legami di sangue e violenza.

La ragazza si staccò da lui, il respiro corto.
"So che è difficile, ma se davvero tieni a noi, dovrai scegliere. Prima o poi... dovrai farlo."

Lui rise, un suono basso e strozzato, amaro e carico di tensione.
"Non essere ingenua, non c'è via di uscita per uno come me."

Gli occhi di Giulia si velarono di frustrazione.
"Fanculo, Filippo!"

Si voltò per andarsene, ma lui la trattenne per un braccio, la presa ferma, il corpo teso, il desiderio che ribolliva sotto la pelle.

"Aspetta..."

La tirò a sé e la baciò.
Non un bacio d’amore, ma un assalto disperato, febbrile, un graffio sulle labbra che sapeva di rabbia e sangue. Lei rispose, divisa tra il rifiuto e il bisogno, come se per un attimo entrambi potessero affogare nell’altro.

Un applauso lento, basso, scosse l'aria. Dall'ombra emerse Rocco Marini.
Avanzava verso di loro, con un sorriso beffardo, tagliente.
"Romantico, ma del tutto fuori luogo, Guerra," disse, battendo lentamente le mani con un gesto teatrale.
"Ho bisogno di parlarti, e temo che la signorina debba andare via."

Filippo si voltò di scatto verso di lui.
Si parò instintivamente davanti a lei, il corpo teso.
"Rocco, stai giocando con il fuoco. Lasciala fuori da tutto questo."

Marini rise, lento, godendosi la scena. Poi i suoi occhi scivolarono su Giulia. Indugiarono senza pudore sul taglio della scollatura che la giacca lasciava intravedere. Si morse appena il labbro, provocatorio, senza distogliere lo sguardo.

"Ti capisco, sei nella tua fase da uomo innamorato... Una ragazza così ti fa dimenticare gli ordini. Ma ricorda qual il tuo posto. Tuo padre non tollererà altre insubordinazioni."
Fece un passo avanti, fissandola con aria predatoria.
"Signorina, temo che il suo cavaliere abbia altri affari stasera. Molto più urgenti di lei."

Giulia fece un passo indietro, le braccia strette al corpo come a difendersi dallo sguardo che la spogliava.
"Sei un verme, Marini," sibilò, la voce incrinata dall’odio.
"Non hai potere su di me. E non ne avrai mai."

"Al contrario, signorina… qui il potere è tutto. E io so come usarlo. Persone come te finiscono sempre per piegarsi. Basta solo trovare il punto giusto da spezzare."

Il ragazzo serrò la mascella, la rabbia che lo divorava dall’interno.
Si mosse di scatto, piantandosi tra Marini e Giulia, il volto duro come pietra.
"Sei malato, Rocco. Non ti azzardare mai più a guardarla così, o giuro che ti faccio saltare quei denti marci uno a uno."

Un silenzio elettrico calò tra loro.
Lo sguardo del biondo si accese, non offeso ma divertito, come se le sue minacce fossero benzina sul fuoco.
"Coraggio, Guerra," sussurrò, il tono mellifluo e velenoso.
"Parli bene… ma ricordati che ogni volta che alzi la testa, tuo padre paga il prezzo. E io sono lì, accanto a lui, a ricordarglielo."

Giulia guardò Filippo, sconvolta.
"Non lasciarti distruggere da lui," mormorò, la voce tremante ma decisa.

Filippo inspirò a fondo, il petto che gli bruciava. La guardò come se fosse l’ultima luce in una stanza buia.
"Prega per me, Giulia… sto affondando, e tu sei l’unica cosa pulita che mi resta."

Marini ruppe l’attimo, la voce dura, secca. Il ghigno ormai svanito dal sul volto.
"Ti aspetto domani, Guerra. Abbiamo dei conti in sospeso da chiudere. Non mancare… o vedrai come crolla tutto quello che ti resta."

Senza aspettare risposta, si voltò, lasciando dietro di sé un silenzio sporco, pesante, carico di minaccia. Filippo strinse i pugni, sentendo ogni muscolo teso, la città intorno come un carcere oscuro, e capì che non c’era via d’uscita: il peso delle scelte lo schiacciava, e Giulia era l’unica ragione per non crollare del tutto.


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